21.3.18

Una frusta (Franco Fortini)


Per provare se un vecchio registratore funziona ancora, inserisco a caso una cassetta. Ne esce la mia voce di dieci anni fa, da una intervista che un amico ebbe a farmi, lunghissima e mai trascritta. L’intervistatore mi domanda, a un certo punto, se accetto la caricatura di me stesso come accigliato moralista che tutti rimprovera intorno a sé. Gli rispondo che, sì, l’accetto e che un altro comune amico non sapeva quanto piacere mi avesse fatto chiamandomi, non so dove, «mastigòforo» ossia menatore di frusta, come si era detto del critico alessandrino Aristarco. Perché quell’appellativo fa parte integrante del titolo dell'Aiace di Sofocle («Aiax Mastigòforos»): nella tragedia, lo sventurato concorrente di Odisseo scambia, tale è la sua demenza, gli eroi compagni per un branco di pecore e s’arma di frusta a correggerli. Mi lusingo di essere caduto spesso nell’errore opposto e simmetrico: di aver trattato da eroi quelli che erano poco più di un gregge.

Da L'ospite ingrato. Primo e secondo, Marietti, 1985

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