31.1.18

Mesoamerica: religione e civiltà. Documenti sugli Aztechi (Giulia Poggi)

La straordinaria esperienza che, una volta entrati in contatto con una cultura tanto diversa dalla loro, vissero cronisti, soldati e religiosi, a partire dall'arrivo in Messico di Hernàn Cortés, nel 1519, fino alla sua definitiva conquista e colonizzazione, ha lasciato una serie cospicua di testimonianze non ancora del tutto note al pubblico italiano. Si tratta di fonti a volte discordanti, e comunque non sempre attendibili, anche perché raccolte dai racconti orali resi dagli indigeni in una lingua, il nahuatl, poco comprensibile per gli spagnoli, oppure trascritte da codici pittografici, molti dei quali, purtroppo, andati perduti e distrutti. E tuttavia l'eterogeneità e problematicità di questi documenti non ha impedito a Luisa Pranzetti, esperta di letteratura ispanoamericana e all'antropologo Alessandro Lupo di tracciare, in un Meridiano sulla Civiltà e religione degli Aztechi (Mondadori 2015) una sintesi efficace di una delle civiltà più raffinate della Mesoamerica.
Diviso in tre sezioni, relative ai miti di fondazione degli aztechi la prima, ai riti propiziatori e di passaggio che regolavano la loro società la seconda, al loro drammatico incontro con la cultura spagnola la terza, il volume si articola in una serie di brani provenienti da opere finora mai o solo parzialmente tradotte in italiano. Brani in spagnolo (tradotti, oltre che dai due curatori, da Amanda Salvioni e Claudia Troilo) e in nahuatl (tradotti da Alessandro Lupo, cui si deve anche la compilazione di un prezioso glossario).
La prima impressione che si trae dalla lettura di questo vasto materiale sapientemente ordinato è quella di una civiltà abitata da contrasti e misteri. Una civiltà fondata su una cosmogonia di tipo duale, che vede agire in contemporanea l'elemento femminile e quello maschile, il cielo e la terra, il sole e la luna, nati, secondo l'Historia de los mexicanos por sus pinturas, dall'azione congiunta di Quetzalcoatl (letteralmente «serpente piumato») e Tlalocateuctli:«Quetzalcoatl prese suo figlio e lo gettò in un grande fuoco: da lì uscì, fatto sole, per illuminare la terra; poi, spento che fu il fuoco, venne Tlalocateuctli e gettò suo figlio nella cenere, e ne uscì fatto luna, che per questo appare cinerea e oscura». Tutto, insomma, si distrugge e si ricrea, tutto collabora al ciclico ritorno di stagioni che governa il calendario azteco; tutto contribuisce a spiegare (se mai l'orrore può essere spiegato) la necessità di quei sacrifici umani con tanta crudezza descritti, a più riprese, nella parte centrale del volume.
Sacrifici che indussero i primi evangelizzatori della Mesoamerica a parlare di diavolo, ma che non distolsero i suoi conquistatori dal compiere azioni altrettanto efferate come il massacro dei nobili aztechi perpetrato a tradimento durante la celebrazione di una delle loro tante feste, o la cattura del temuto Montezuma, ignominiosamente imprigionato e privato perfino dell'onore della sepoltura.
Non si dovette aspettare molto perché, distrutta la grandiosa città di Messico che tanto lo aveva impressionato, fatto impiccare l'ultimo, giovanissimo sovrano azteco, Cortés offrisse a Carlo V quel territorio che da allora in poi si sarebbe chiamato Nuova Spagna, e per la cui colonizzazione invocava l'arrivo di uomini che convertissero in chiese e immagini sacre i templi e gli idoli di una civiltà ormai scomparsa.

alias domenica - il manifesto, 12 luglio 2015

Nessun commento:

statistiche