3.12.17

Rino Genovese: "Più che Grasso Boldrini". Una doppia leadership

L'intervento che segue è stato pubblicato il 26 novembre scorso da Rino Genovese nel sito de “Il Ponte”. Dell'articolo condivido anche le virgole, anche se sembra superato dai fatti. La lista unitaria di sinistra in formazione ha già indicato ieri, come proprio leader, Pietro Grasso. Credo che però si faccia in tempo per una grande valorizzazione della figura di Laura Boldrini, anche come sfida alla ottusità maschilista e razzista della destra. Una sorta di doppia leadership insomma che renda protagonista anche il femminile e più forte e combattiva la proposta della sinistra. (S.L.L.)

Non si deprecherà mai abbastanza il metodo di occuparsi prima del leader e poi dei contenuti programmatici di una coalizione, né mai sufficientemente si condanneranno le “primarie”, che hanno permesso a un piccolo avventuriero d’impadronirsi con stile plebiscitario dell’unico partito italiano ancora esistente, trasformandolo in un comitato elettorale al suo servizio. E tuttavia neppure si può negare che, la personalizzazione della politica essendo un fatto (ahi tempi in cui mio padre, votando socialista mi diceva: “si votano le idee non le persone”!), una sua importanza la leadership di una coalizione ce l’abbia, se non altro come sineddoche di un’intenzione più generale. Allora non si comprende perché la lista unitaria di sinistra in formazione (che nei fatti è un cartello elettorale fra tre sigle) dovrebbe presentare come bandiera il presidente del Senato Pietro Grasso, ammesso che questi accetti l’investitura, e non piuttosto la presidente della Camera Laura Boldrini.
La candidatura di questa figura – che di recente si è staccata da Pisapia con un discorso in cui diceva chiaro e tondo che con il Pd nessuna alleanza è ormai possibile – sarebbe molto più caratterizzante, e più di rottura, di quella di Grasso. In primo luogo, ovviamente, perché si tratta di una donna – e non mi sembra che, da quando esiste la personalizzazione spasmodica della politica, si sia mai pensato a una donna come leader; in secondo luogo perché durante l’ultima legislatura lei è diventata – per le posizioni assunte e per la bellezza stessa della sua persona e della sua biografia – la vittima sacrificale preferita della ferocia sessista e fascistoide che si sprigiona dai nuovi media, cioè dalla torva ignoranza diffusa, come risentimento sociale di massa.
Sarebbe anche un monito al renziano ministro Minniti, la scelta di Boldrini: dove il primo non conosce che l’astuzia cerchiobottista – una lancia spezzata in favore dello ius soli, di cui siamo ancora in attesa, e il più concreto adoprarsi affinché i migranti restino intrappolati in Libia –, la seconda riassume in sé l’esperienza di una ex funzionaria dell’Onu impegnata proprio nella gestione del problema dei rifugiati. Insomma, se Grasso, da ragazzo siciliano, ci ricorda che c’è ancora una lotta alla mafia da portare a termine, Boldrini, da ragazza marchigiana, potrebbe sottolineare che chiudersi nella difesa ottusa delle grandi o piccole patrie, nei mediocri regionalismi, oggi non ha più alcun senso, seppure lo ebbe in passato, e che è piuttosto al mondo in trasformazione che bisogna guardare.

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