5.10.17

Archie Godwin e Nero Wolfe. La strana coppia (Giuseppe Scaraffia)

Sono le undici, l’ascensore sta scendendo lentamente. Tra un istante ne emergerà un uomo imponente, per non dire grasso, accuratamente vestito in marrone. Il suo culto del giallo lo porta ad alcune civetterie, facendogli inalberare di volta in volta un panciotto o una cravatta paglierini. Avanza con maestosa lentezza verso la cucina. Si ferma un attimo, soprappensiero, annusando l’aria per decifrarne gli aromi, poi prosegue nella sua marcia. È Nero Wolfe, uno dei più costosi investigatori privati di New York.
Ha appena lasciato, nella serra in alto, il fulcro della sua vita, una stupenda collezione di rarissime orchidee, che fiorisce sotto il suo attento sguardo. Ai fornelli troneggia Fritz, un cuoco esaltante. L’unico motivo di screzio tra lo chef e il suo padrone s’annida nella liquida materia della zuppa di pesce.
L’atmosfera sarebbe di una tranquillità persino eccessiva, se non ci fosse un terzo, indispensabile personaggio, Archie Goodwin.
Elegante, alto e prestante, Archie sa essere energico con gli uomini e galante con le donne. Non risparmia le sue battute ai poliziotti, che lo detestano per le brutte figure che ha loro inflitto. Anche lui ammira i fumanti capolavori di Fritz. Sfogliando i giornali, elimina coscienziosamente, ogni mattina, una copiosa colazione: frittelle al miele di timo selvatico, pancetta canadese croccante, un bicchiere di succo d’arancia e una o più tazze di caffè nero. Di rado usa la sontuosa Mercedes, sempre bisognosa di riparazioni, che troneggia nel garage. Preferisce muoversi in taxi, oppure a piedi, per tenere la linea.
Pur non lasciando cadere le fanciulle o le signore che le indagini gli gettano tra le braccia, Goodwin, come Superman e tanti altri miti americani, ha un’eterna fidanzata. Fornita di uno stupendo paio di gambe, Lily Rowan è una tipica newyorchese delle classi alte. Abita in un dispendioso appartamento gremito di autentici Impressionisti. Ironica e spiritosa, sa manovrare opportunamente i vasti occhi blu. Fulcro degli appuntamenti tra i due è un rinomato ristorante, in cui viene servita la prelibata « Trota Montbarry », introdotta a suo tempo da Nero Wolfe. L’immane detective, sempre chino sui manicaretti, i libri o le orchidee, non esce mai dalla signorile casa d’arenaria. Se Archie non gli rammentasse, di tanto in tanto, le oscillazioni del conto in banca, s’abbandonerebbe interamente ai suoi silenziosi piaceri.
Anche così cede lentamente, a malincuore, senza nascondere la sua irritazione. Eppure ogni volta riesce a trionfare, senza muoversi dalla sua ampia poltrona, col solo aiuto delle birre ghiacciate prodigategli dall'ottimo Fritz. Le indagini di Wolfe si svolgono secondo un metodo sempre uguale. Dopo molte insistenze Archie riesce a ottenere una serie di direttive. Allora comincia a interrogare un ampio ventaglio di persone, cercando d’intuire la strategia di Nero. Al ritorno lo informa scrupolosamente, stando ben attento a non omettere il minimo particolare, ma soprattutto a non turbare la sequenza rituale della giornata. Quando clienti e sospetti cominciano ad affluire, l’investigatore li riceve gelidamente, senza alzarsi, a causa della mole, dalla morbida poltrona. Eppure, attraverso la burbera timidezza, traluce la sua simpatia per le vittime e il disprezzo per i colpevoli.
Malgrado la sua sovrumana abilità, le indagini, come osserva l’affezionato cuoco, intaccano il suo appetito e minano la sua digestione. Mai come nella spiritosa saga di Rex Stout era stata evidenziata la scissione, frequente nei polizieschi, tra la mente e il braccio, Wolfe e Goodwin. L’allegra superficialità di Archie si tramuta in uno strumento superlativo nelle paffute mani di Nero Wolfe. Il corpo che non riflette fa da contrappeso a una mente talmente assorbita in se stessa, da muoversi a stento nel pesante involucro, che le è indifferente. A unire i disparati detective, come un cordone ombelicale incessantemente riallacciato, è il fluido saporito del culto del cibo.


Miti minori. Sellerio, 1995

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