7.9.17

“Sono un tipo tranquillo”. Intervista per i 70 anni di Stefania Sandrelli (Malcom Pagani)

Stefania Sandrelli nel film "Il conformista" (Bernardo Bertolucci, 1970)
Stefania Sandrelli è arrivata all’età di settant'anni: “Di un compleannone tondo, tondo”. È nata nello stesso giorno della proclamazione della Repubblica, ma per i tanti italiani rapiti da un’interpretazione donata a Bertolucci, Germi, Monicelli, Pietrangeli o Scola, si potrebbe sostenere anche il contrario.
Il divorzio prima del divorzio nella Sicilia del delitto d’onore, le terrazze in cui litigare con Gassman: “Lei è un imbecille”, “Lei una cretina”, le torride giornate in un metro scarso di ascensore con Alberto Sordi in tonaca: “Le dispiace se mi tolgo la maglietta?”, le promesse di futuro di Luciana Zanon da Tresaghis in C'eravamo tanto amati: “Avevamo dei progetti: sposarci, comprarci una Lambretta, fare dei bambini, non necessariamente in quest’ordine”.
Casta o nuda, ma sempre diva [...]

Per lei sono giorni di festa, ma nella sua vita non c'è stato spazio per la sola allegria.
Il dolore fa parte dell’esistenza di chiunque. Per carattere sono una che non si lamenta mai e cerca di tirare avanti, ma la morte di mio padre, ad esempio, fu una sofferenza vera e arrivò quando avevo solo otto anni dopo un tempo lietissimo fatto di giochi in strada, passeggiate in riva al mare d’inverno, biciclettate in pineta o alla Darsena ed estati ai bagni Aurora.

Il mondo, da Viareggio, l'ha esplorato anche lei.
È accaduto tutto per caso. Io adoro la musica e volevo danzare. Alla fine il cinema per me è stato questo: una danza collettiva. Un concerto in cui il regista dirige l’orchestra e gli orchestrali collaborano alla partitura tentando di realizzare la più soave delle melodie. Il bello del cinema è questa ossessione condivisa con un gruppo di persone che sono nella stessa barca e provano a remare nella stessa direzione. Tutti pensano a migliorare la scena e a dare il meglio in un’ottica comune. Fare l’attore è come vivere una vita al cubo.

Come si è orientata?
Con l’istinto. Non ho mai fatto calcoli né operazioni a tavolino. Mi sono buttata. “Questo è un bel copione - pensavo - lo trasformeremo in un film ancora migliore”.

Come iniziò la sua corsa?
Andavo di fretta ed ero sveltissima, ma io sono pigra e forse non ho corso mai. Sono andata di corsa, che è una cosa diversa.

Sembra una contraddizione.
Non dico mai cose scolpite sulla pietra tipo tavole di Mosè, ma senza contraddizioni la vita sarebbe un diagramma piattissimo. Cambiamo idea, passioni, amori, punti di vista.

Non ha mai corso, diceva.
Ho corso solo per andare al cinema. Con mio fratello Sergio che era più grande e che adoravo, eravamo sempre lì. Ancora mi ricordo i nomi delle sale: l’Eden, il Supercinema, l’Eolo, l’Odeon. Vedevamo di tutto, da Cassavettes a Olmi. Facevamo filmini amatoriali tra noi. Esperimenti. Un passo di Sergio, un uomo altissimo, valeva quattro dei miei. Quando mi voleva tenere a bada mi metteva dolcemente le mani sulle spalle. E io capivo.

Si ricorda il primo bacio al cinema?
In Gioventù di notte di Mario Sequi, con Sami Frey. Di certo non mi disturbò e se il regista chiedeva un ciak in più non ci disperavamo. Sami era molto carino. Mi piaceva e io piacevo a lui. Ce la siamo un po’ goduta, ma solo un po’. Non è che abbiamo fatto i porcelli, non è che abbiamo spinto sull’acceleratore.

Prima di Giovanni Soldati, con cui sta da tempo immemorabile, conosciuto sul set di Novecento, le storie d'amore non le sono mancate.
All’inizio avevo dei preconcetti: “Non mi metterò mai con un uomo più giovane di me”. Con Giovanni il pregiudizio è caduto e stiamo insieme da più di trent’anni. Gli uomini che ho amato, comunque, li ho amati veramente. Nel rischio e nell’incertezza. Senza recitare. Partendo, tornando, sbattendo la porta. Soffrendo e facendo soffrire. Capitava di innamorarsi. E anche lì, niente calcoli. La sola idea di mettermi con qualcuno, magari con un produttore importante per avere la strada spianata come a certe colleghe pure capitava, mi metteva i brividi.

Le sono sempre piaciuti i belli.
No, mi sono sempre piaciuti gli uomini che mi piacciono. E quelli che hanno saputo conquistarmi senza che io dovessi conquistare loro. Sono stata anche molto fortunata. Ho potuto scegliere sia le persone con cui accompagnarmi, sia i registi con cui lavorare.

Quanto era importante l'attrazione fisica per lei?
Non avrei mai potuto condividere l’intimità con qualcuno che non mi attraeva. Mi sarebbe automaticamente cresciuta una cintura di castità. Così, dalla sera alla mattina.

Che cosa la respingeva invece?
Il collezionista di attrici mi ripugnava. Ho sempre diffidato di certe tipologie di uomini, forse proprio perché sono attrice. Alla fine della fiera, non me so fidà.

Neanche Anna Magnani si fidava di Fellini chiudendogli in faccia la porta di casa sua nel film Roma. "Posso farti una domanda, Anna?", "No Federi, nun me fido".
Attrice grandissima e donna spiritosa. Una dote, l’autoironia, che ho sempre apprezzato. Nella nostra famiglia ridere al di là delle sofferenze che toccano chiunque è sempre stato fondamentale. Avevamo senso dell’umorismo noi Sandrelli e ci circondavamo di gente che sapeva cosa voleva dire essere ironici.

Niky Pende sosteneva che quando le piaceva un uomo lei iniziasse a sorridere con le gengive.
Non ho mai capito cosa volesse dire, così come non ho mai creduto a quella definizione che mi riguardava e che attribuirono a Moravia.

"Quando incede, Stefania sparge sesso".
Non l’ho mai letta né mai vista, quindi per me non esiste. Non è che mi offendesse la frase in sé, questo no. Però insomma non mi sono mai considerata né particolarmente brava né particolarmente bella. Non mi sono mai sentita una fica.

Non ci dica così.
L’altra sera ho incontrato Luigi Biamonte, una persona deliziosa, press agent ai tempi gloriosi di un certo cinema italiano. Mi ha portato una foto pazzesca. C’ero io ragazza, a Sciacca, con un berretto da pescatore sulla testa, sul set di Sedotta e abbandonata. Era il 1963. Non mi sono riconosciuta. Avevo gli zoccoli ai piedi e una che si sente una fica non si mette gli zoccoli. Una fica va scalza e io scalza praticamente non so stare.

Ha sempre amato le ciabatte, ci ha detto prima.
Sul set di Io ballo da sola, nella campagna toscana, in un clima di grande rilassatezza generale, tra figli dei fiori che avevano fatto il ’68 e al ’68 erano rimasti, andavano tutti a piedi scalzi per chilometri. Un giorno vado da Bertolucci: “Senti Bernardo, ti prego, dammi un paio di ciabatte, non sono come i matti che hai riunito qui”. Lui rise come un pazzo.

Con Bertolucci alla regia condivise la lunghissima esperienza di Novecento.
Venimmo sequestrati per un tempo che di mese in mese si dilatò fino a darci l’impressione che il film non dovesse finire mai. Io non avevo fatto teatro e star così tanti mesi lontano da casa mi turbò. Era tutto bello, c’era un cast magnifico, ma insomma, ero abbastanza stravolta e un po’ di magone ce l’avevo.

Ha mai fatto arrabbiare un regista? Gli ha mai mancato di rispetto?
Non credo proprio. Qualche volta, soprattutto con Germi, mi ha fatto arrabbiare il regista. Sul set di Divorzio all’italiana, il primo giorno, non ci prendemmo benissimo. Io ero distratta e ancora lontana da un’idea professionale del mestiere. Mi sputtanavo la diaria girando per negozietti e arrivavo sul set un po’ straniata, Germi, che è stato un grandissimo direttore della recitazione, un regista che amava gli attori più di se stesso, se ne accorse e la prese male. Lui voleva delle cose precise, le chiedeva bruscamente e io quelle cose non sapevo riprodurle: “Senta – gli dissi-sono appena arrivata da Viareggio e, se lei si infuria e mi tratta male, a prendere il treno per tornarci non ci metto niente”.

Nonostante gli inizi tumultuosi, Germi è uno dei registi che ha amato di più.
I litigi duravano cinque minuti. Mi chiudevo in roulotte e poi, dieci minuti dopo, avevamo già fatto pace. A Germi devo molto. Mi fece interpretare un film che girò il mondo. Osservarlo mi incantava. Lo spiavo mentre impostava la scena e faceva le prove. Pensava a ogni dettaglio. Piangeva, urlava, cantava. Ero ammirata.

A sua volta, Sergio Staino è ammirato da lei. L'ha anche citata in una vignetta sulle intenzioni di voto di Sabrina Ferilli a Roma. Uno dei personaggi dice a Bobo: "Sabrina Ferilli voterà Cinque Stelle". Bobo risponde: "L'immportante è che non li voti la nostra Stefania Sandrelli".
Con te, Bobo, verso l’infinito e oltre!

La politica piaceva molto a Ettore Scola.
Quanto abbiamo riso insieme. E che film straordinari girò. Tutti giustamente ricordano C'eravamo tanto amati e La terrazza, ma quello a cui sono più affezionata è La Famiglia. Era un gioiello e avrebbe meritato di vincere dieci Oscar. Ma l’Academy la conosciamo. Ignorò Mastroianni e per decenni anche quel genio di Pierino Tosi. Una dimenticanza che essendo Pierino cento volte più talentuoso di tanti altri suoi colleghi aveva del paranormale.

Cosa amava di Scola?
Gli si chiudevano gli occhi dal ridere, fino alle lacrime. Da ragazzo forse era brutta-rello, poi, all’improvviso, diventò un bell’uomo, una sorte comune a tanti ex bruttarelli che da adulti, pensi a Gaber, pensi a Jannacci, si trasformarono in belli.

Rimpianti?
Mi sarebbe piaciuto interpretare La ragazza di Bube nel ruolo che poi toccò a una superba Cardinale e lavorare con De Sica ne Il giardino dei Finzi Contini. Ma la Documento film, così si chiamava la società che produceva, pretendeva di riconoscermi molto meno di quanto fossi stata pagata al mio esordio. Erano passati quasi dieci anni. Era inaccettabile. Con dolore, lo dissi a De Sica sperando potesse aiutarmi: “Cosa devo fare per campare? I filmetti?”. Non se ne fece niente e mi dispiacque perché era stato lo stesso Giorgio Bassani a dirmi: “Sei perfetta per il ruolo”.

Al suo posto venne scelta Dominique Sanda.
Era molto brava e aveva tratti più nobili dei miei. Dominique si è dimostrata sempre una vera amica. Un giorno mi telefonò e mi disse: “Mi spiace di darti questa notizia, ma sarò io a fare il film. Me l’ha chiesto De Sica e non ho saputo né voluto dire di no. Sai come diciamo da noi? à la guerre comme à la guerre”.

Lei capì?
Apprezzai enormemente la sincerità. E non provare una sola stilla di rancore, ma addirittura una sorta di felicità per lei, rappresentò una verifica importante con me stessa.Con Dominique ci incontrammo nuovamente sul set. Mi preparava tisane rilassanti. Parlavamo per ore.

Altri film saltati per un soffio?
Mi proposero La noia, il film tratto dal romanzo di Moravia. Carlo Ponti mi convocò in
ufficio. Alberto era nei dintorni. Non lo vedevo, ma sentivo distintamente la sua voce. Gridava “È lei, è lei”. E la proiezione già mi indispose. Io sono io e non posso essere un’altra neanche quando recito. Poi arrivai davanti a Ponti. Tirò fuori un paccone di soldi: “Sono per te, ragazzina”. Il gesto mi disturbò tantissimo e mi vergognai per lui. I cinematografari, anche quando di gran passione e talento come Ponti, potevano essere cafonissimi. Mi alzai di scatto e quasi scappai dall’ufficio per correre a parlarne a Gino Paoli. A quell’epoca mi consultavo spesso con Gino.

Era un consigliere acuto?
Acuto e intelligente, Gino è sempre stato. Fosse stato per lui però, a iniziare da Io la conoscevo bene, non avrei dovuto recitare quasi mai. Aveva sempre un’eccezione, un distinguo, una critica.

È stato lui a scriverle la più bella lettera d'amore che lei abbia mai ricevuto?
È stato Jean-Louis Trinti-gnant, ai tempi del Conformista di Bertolucci. Mi scrisse che avrei potuto fare e scegliere qualsiasi cosa, che lui mi avrebbe amato in qualunque caso e che visto che il film era finito si sentiva finalmente autorizzato a dirmelo. “Sei come il mare che ti rinnovi, ti ritiri e poi rinasci sempre”. Così scrisse. Non me lo sono più dimenticato. Con Jean-Louis diventammo molto amici. Una volta mi invitò a Uzés. in campagna, dove si era ritirato con Nadine. Guidava da dio e mi volle stupire su qualche strada non trafficata con le sue evoluzioni al volante. Facemmo un paio di testa-coda. Mi spaventai moltissimo. Gliel'ho detto, sono un tipo tranquillo. Non sono poi così selvaggia.


“Il fatto quotidiano”, 5 giugno 2016

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