14.8.17

Settecento toscano. La giustizia futuribile del Granduca Pietro Leopoldo (Rossella Martina)

Nel 1986, in occasione del Bicentenario della “Riforma criminale” di Pietro Leopoldo, Granduca di Toscana, a Firenze, in Palazzo Vecchio, si tenne un convegno internazionale per ricordarne la portata storica, soprattutto per quanto riguarda l'abolizione della tortura e della pena di morte, che faceva del Granducato di Toscana uno degli Stati più pronti ad accogliere il messaggio umanitario della cultura illuministica. Quello che segue, tratto da “il manifesto”, è il resoconto di quell'incontro fiorentino. (S.L.L.)
Pietro Leopoldo di Lorena (1747-1792)
Sono 129 gli stati in cui la legislazione ordinaria contempla la pena di morte. 18 la prevedono in casi straordinari (l’Italia tra questi e la commina per reati militari e di guerra). Soltanto 28 nazioni l’hanno completamente abolita. Oltre il 50% degli stati dell’Onu pratica la tortura e più del 30% la usa come pratica ordinaria.
Questa l’agghiacciante situazione sul nostro pianeta, oggetto di continua denuncia da parte di Amnesty International cui va il merito di insistere su un tema fondamentale del diritto umano, al di là delle mode che investono la cultura occidentale. [...]
Si inserisce in questo quadro — e contro questo quadro — la tavola rotonda organizzata dalla sezione toscana di Amnesty International per ricordare i 200 anni dalla promulgazione della “Riforma criminale” di Pietro Leopoldo, Granduca di Toscana.
Il 30 novembre 1786 la sofferta riforma leopoldina diventa legge dello stato. Per la prima volta nel mondo si abolisce la pena di morte. Ma l’importanza della riforma è ben più grande..
Mario Montorzi, docente di storia all'Università di Pisa, ha aperto la serata nel semideserto Salone dei Duecento di Palazzo Vecchio, mettendo a fuoco la figura solitaria del Granduca la cui riforma non è tanto dettata da ragioni filantropiche quali quelle del Beccaria, quanto da ragioni di stato e di ragionevolezza che anche oggi dovrebbero stimolare l’infiacchita riflessione sociale.
La pena di morte è inutile, così come per il consenso sociale è inutile la tortura — sostiene Pietro Leopoldo. E seguita affermando che è giuridicamente inaccettabile che le pene siano afflittive, cioè procurino il male. La legge e quindi la pena devono rieducare il reo. Il Granduca non si fa illusioni sull’uomo: chi non è rieducabile va neutralizzato. Ma con il minimo di dolore. Non ha nessuna giustificazione la vendetta dello stato.
La riforma leopoldina addirittura prevede che non venga considerata reato l’evasione non violenta, perché ragione ci dice che nessuno deve essere obbligato a sottostare volontariamente alla pena inflittagli. Il giurista Tullio Padovani, nel secondo intervento — considera in questo senso «futuribile» la riforma del 1786. E addirittura «rivoluzionaria» considera l’abolizione del diritto di lesa maestà, in pratica del reato di opinione. «Anche se solo per 9 anni — dice Padovani — la Toscana è l’unico paese al mondo che non contempla il delitto politico. Questo non era mai accaduto prima, e non è mai più accaduto dopo».


“il manifesto”, ritaglio senza data, ma 1986

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