4.8.17

L’omino di niente. Una favola di Gianni Rodari

C’era una volta un omino di niente. Aveva il naso di niente, la bocca di niente, era vestito di niente e calzava scarpe di niente. Si mise in viaggio su una strada di niente che non andava in nessun posto. Incontrò un topo di niente e gli domandò: — Non hai paura del gatto?
— No davvero, - rispose il topo di niente, - in questo paese di niente ci sono soltanto gatti di niente, che hanno baffi di niente e artigli di niente. Inoltre, io rispetto il formaggio. Mangio solo i buchi. Non sanno di niente ma sono dolci.
— Mi gira la testa, - disse l’omino di niente.
— È una testa di niente: anche se la batti contro il muro non ti farà male.
L’omino di niente, volendo fare la prova, cercò un muro per batterci la testa, ma era un muro di niente, e siccome lui aveva preso troppo slancio cascò dall’altra parte. Anche di là non c’era niente di niente.
L’omino di niente era tanto stanco di tutto quel niente che si addormentò. E mentre dormiva sognò che era un omino di niente, e andava su una strada di niente, e incontrava un topo di niente e mangiava anche lui i buchi del formaggio, e il topo di niente aveva ragione: non sapevano proprio di niente.


Da Favole al telefono, Einaudi, 1975

Nessun commento:

statistiche