2.8.17

L'inquieto amore di Foucault (Pier Aldo Rovatti)

Prima ancora che per i loro contenuti, i due ultimi volumi di Michel Foucault da poco pubblicati in Francia (ne ha parlato su Repubblica Elena Guicciardi il 27 giugno scorso) e di cui il primo, L'uso dei piaceri, esce ora nella traduzione italiana di Laura Guarino presso l'editore Feltrinelli (pagg. 264, lire 18.500), colpiscono il lettore per lo stile sobrio e misurato. Foucault ci aveva infatti abituati a una prosa nervosa, appuntita, spesso ellittica; qui invece il lettore è piacevolmente accompagnato lungo i percorsi del ragionamento, attraverso i materiali di studio, e ad ogni passo l'autore ha cura di spianargli la via suggerendogli un' andatura non frettolosa, cauta, avvertita del cammino già percorso e di quello ancora da fare. Così il salto indietro nella storia che Foucault compie risalendo, contro i suoi stessi progetti iniziali, alla Grecia classica, per poi inoltrarsi nella Roma imperiale e nei secoli protocristiani, coincide con la novità di un linguaggio che sembra esso stesso ricavato da un "allontanamento".
La storia che Foucault si era proposto di raccontare è - come si sa - quella della sessualità. Con una esplosiva introduzione (La volontà di sapere, 1976), l'autore aveva cominciato col rovesciare il senso comune affermando che, in un' epoca come la nostra, invasa dal tema del sesso e giunta alla conquista, almeno culturale, della libertà sessuale, sorge il sospetto che questa sfera invadente sia in realtà una rete dalle maglie sempre più strette, in cui noi stessi ci rinchiudiamo. E se il sesso fosse una specie di oggetto inesistente? E se la sessualità fosse una raffinata e moderna tecnica di controllo e di autocontrollo che ci consegna a un incessante e mai esaurito frugare in noi stessi, per sorprendere e portare alla luce le fibre più intime del nostro io? E se il "soggetto" non fosse che una costruzione simile alla tela di un ragno, una specie di autoprigione, di cui la sessualità con tutte le sue verità è l' immagine fedele, il moderno tavolo di lavoro?
Foucault prometteva di smontare la sessualità e indicava il luogo storico che bisognava prendere come punto di partenza: la codificazione cristiana della sessualità con le sue regole e i suoi divieti. Ma poi, lavorando ai volumi progettati, ha modificato di non poco la rotta prevista. E non solo ha dovuto constatare che l'"introspezione" e l'"ascesi" cristiana avevano alle spalle una genealogia che non si poteva tralasciare; ma è andato a cercare nei documenti storici qualcosa di più che non la semplice conferma del suo progetto. Allo stile si aggiunge dunque, nell'Uso dei piaceri, una novità teorica che è tutt'altro che un allontanamento della materia: nella pacatezza del linguaggio, è un ritorno appassionato alle questioni del presente. Problemi di comportamento, etici: togliere la maschera alla liberazione sessuale, ma per andare dove?
Nei Greci, Foucault ritrova innanzi tutto una vita sessuale non guidata da norme fisse, esterne, codificate. La morale non appare qui legata all'obbedienza a un codice, ma a un'arte dell'esistenza che sta a ciascuno sviluppare secondo la propria disposizione. Le cose d'amore, gli "aphrodisia", ovvero i piaceri sessuali, non sono isolabili come ambito a sè: fanno parte di uno stile di vita complessivo che riguarda tanto il corpo (la "dietetica") quanto l'amministrazione della casa (l'"economica"), e in generale tutte le pratiche che si connettono alla "padronanza di sè". Niente a che fare, dunque, con un' "arte erotica" (qui Foucault fa un rapido riferimento all' antica Cina) che si concentra sulle pratiche sessuali per vagliarne tutte le potenzialità; ma poco a che fare anche con l'attenzione che a questa sfera sarà rivolta dalla cultura cristiana per separare il lecito dall'illecito.
Eppure una specie di ascesi è già in atto: infatti guardare alla Grecia antica come al luogo della libertà sessuale sarebbe del tutto fuorviante. Al sesso non vengono associate le idee (che poi diventeranno dominanti) di "male" e di "caduta", ma questo non significa che il sesso sia considerato di per sè un bene. I Greci - insiste Foucault - si ponevano un altro problema, il sesso non costituiva per loro un oggetto autonomo di investigazione. Il problema è di ordine morale: come ci si deve comportare per non venire meno a se stessi, per mantenere una "bellezza" insieme interiore ed esteriore? La risposta cui perviene Foucault consiste nella moderazione. Saggezza sarà la capacità di esercitare questa temperanza, di applicare a se stessi una forza che compensi e sopravanzi gli "indebolimenti" che il piacere sessuale comporta, senza però che mai una frontiera netta, una norma esterna, decida rigidamente il quanto e il dove.
Ecco una prima novità teorica: Foucault, per la prima volta, è tutto concentrato sul modo in cui un individuo, un soggetto, si viene costruendo. Certo, come a tanti altri prima di lui, la Grecia gli fornisce uno specchio, e di questa ennesima seduzione da parte del "classico" potranno lamentarsi gli specialisti, ricordando anche che il termine individuo si riferisce qui a pochi eletti, cioè ai cittadini maschi adulti, mentre le donne non godono di questo privilegio (il loro ruolo sessuale è la passività), e tanto meno gli schiavi e i bambini. Nel fondo di questo specchio Foucault, comunque, non va a ritrovare la "bella libertà" dei Greci ma, semmai la loro inquietudine.
Il tema dell'inquietudine è la seconda novità teorica: esso è un leit-motif non poi tanto nascosto di questo libro, la cui superficie linguistica non pare invece increspata da ombre. Esso già si annuncia nei primi capitoli e poi si dilata quando viene affrontato - nella parte più bella e più significativa di tutto il volume - il rapporto pederastico. Si tratta, per i Greci, di una pratica lecita, non sottoposta a tabù, perfino incoraggiata; ma, mentre il rapporto tra uomo e donna risulta lineare e non dà luogo a problemi (in quanto i ruoli sono già fissati e a loro volta inseriti in una determinata estetica dell'esistenza quotidiana), il rapporto pederastico chiede una "stilizzazione" che risponda alla complessità degli elementi che vi entrano in gioco. L'inquietudine deriva dalla precarietà, dalla mobilità, dalla rapida trasformazione cui i ruoli sono sottoposti in questo caso: il piacere deve tendenzialmente essere da una sola parte, perché il giovane, futuro adulto, non può squalificarsi situandosi completamente in una posizione "femminile"; ma anche l'adulto rischia ad ogni istante di squalificarsi cedendo al proprio piacere e perdendo il dominio di sé.
Se la "philìa", cioè l'amicizia, viene vista come l'esito moralmente alto di questo rapporto (e l'amore per la verità, in senso platonico, la sua sublimazione), esso è comunque esposto a un delicato gioco di atteggiamenti che ne moltiplicano i rischi rispetto alle altre pratiche sessuali. Gli "aphrodisia" portano sempre con sè qualcosa di rischioso nella loro possibilità di "eccedere", e quindi sono sempre accompagnati da un elemento di inquietudine. Ma qui la "saggezza" è messa a dura prova: perché - dice Foucault - non è solo la prova di padronanza di un soggetto di fronte a se stesso, ma è anche il problema di come si può restare saggi, e dunque padroni di sè, riconoscendo e anzi rispettando la soggettività e la padronanza dell'altro. Non è un caso - sottolinea ancora Foucault - che nei testi greci sull'argomento ci si preoccupi soprattutto del punto di vista del giovane: infatti il suo "cedere" non potrà essere un vero e proprio farsi dominare. L'inquietudine e la preoccupazione morale irrompono allora sulla scena non già quando il singolo soggetto si sdoppia al proprio interno in una parte che osserva e una che è osservata (come avverrà nella cultura successiva), ma quando due soggetti con pari titolo, seppure in diversa posizione d'età, si affrontano in un rapporto che sembra contenere un elemento irrisolvibile di disuguaglianza.

“la Repubblica”, 20 settembre 1984  

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