31.7.17

Quando i sogni si confondevano con la realtà. Intervista a Paola Pitagora (Alessandro Ferrucci e Fabrizio Corallo)

"I pugni in tasca" (Marco Bellocchio) - Paola Pitagora e Lou Castel 
Sembra un racconto alla John Fante, o in stile Moehringer, ma siamo a Roma, sono i primi anni Sessanta, quando i sogni si confondevano con la realtà e Paola Pitagora stava per entrare nel mondo fatato di Fellini: "Tutto è nato da un distributore di benzina, Renato (Mambor) lavorava lì, la sua arte non bastava per vivere, quindi bene arrangiarsi. Un giorno si ferma un'auto, un'auto importante, dentro c' erano Federico Fellini e il suo aiuto-regista, Guidarino Guidi. Guardano Renato e restano folgorati: era alto quasi due metri, bellissimo, grande personalità, spiccava nella sua tuta azzurra. Viene ingaggiato per la Dolce vita, e mi porta con sé. Ci amavamo e condividevamo".
Paola Pitagora racconta quegli anni improvvisi, "vissuti quasi con incoscienza", in un libro bello, vero, di atmosfera (Fiato d' artista. Dieci anni a Piazza del Popolo, ripubblicato di recente da Sellerio), costruito tra i vicoli della Capitale, la solidarietà, le discussioni, il maschilismo, la politica e le aspettative di un gruppo di artisti (da Kounellis a Pino Pascali, fino a Schifano oltre allo stesso Mambor) ancora lontano dall'incidere il proprio nome e cognome negli annali dell'arte.

Era il tempo delle mezze porzioni al ristorante
Sì, ma le chiedevamo abbondanti. Oppure puntavamo sulle minestre, magari intere, costavano meno e davano sollievo allo stomaco.
Non c' era una lira
Zero. E vivevamo al centro di Roma, tutti gli studi degli artisti erano intorno a piazza del Popolo, giravamo sempre per quel triangolo, la nostra vita racchiusa in un fazzoletto. Una meraviglia non ce ne rendevamo conto.
Di cosa, in particolare?
Di quanto fosse bella quella Roma. Unica. Stimolante.
Era anche l' epoca di via Veneto.
Lontanissima da noi: eravamo dei poveracci, non ci andavamo, era per cinematografari, vip, turisti statunitensi, altri prezzi, altre liturgie, altra generazione.
Vietata a voi
Il punto è un altro: non ci veniva proprio in mente. Con Renato abbiamo sfiorato quell'atmosfera solo con la comparsata nella Dolce vita. Ah, Anita Ekberg era strepitosa.
Bella come poche.
Circondata da una serie infinita di innamorati, da Walter Chiari a scendere, tutti appresso a lei, a contendersela, mentre aveva già scelto il preferito: Gianni Agnelli. O almeno così si diceva
Insomma, tutto nasce per un rifornimento di benzina
Professionalmente devo molto a quel caso. L'unica domanda che l'assistente di Federico fece a Renato, fu: 'Sai ballare?'. Sì. 'Bene'. Poi prese il suo telefono e se ne andò.
E dopo?
Renato ottiene un appuntamento e si porta dietro la ragazza, cioè io. L' ingaggio era di ben 15 mila lire, una cifra pazzesca, noi inebriati di ricchezza, e per lavorare appena una settimana e di sera.
I suoi genitori erano d'accordo con le aspettative d'attrice?
Mia madre no, era l'epoca del 'cosa ti laurei a fare, tanto ti devi sposare'. Volevano mi iscrivessi a un corso da segretaria d'azienda e a 19, 20 anni avrei avuto un impiego fisso.
Lei non ci pensava minimamente.
Ci ho provato, poi la malinconia mi ha assalito, mi sono iscritta a una scuola di recitazione part-time, dove ho incontrato Mambor. Però non intendevo intraprendere questo mestiere, volevo solo uscire da un bozzolo.
Poi ha frequentato la celebre scuola di Alessandro Fersen
La svolta. Venni selezionata insieme ad altre nove persone, cinque femmine, altrettanti maschi, un contratto di sette anni con 50 mila lire al mese garantito dal produttore Franco Cristaldi, in cerca di talenti da crescere. Poter lavorare senza l'assillo della fame. E poi allora c'erano set ovunque, Fersen ci diceva: 'Dovete difendervi dal lavoro, dovete fare scelte giuste'. Capisce? 'Difenderci dal lavoro', una frase che oggi fa sorridere.
Com'era da studentessa-attrice?
Impacciata. Una volta il maestro mi prese a schiaffi: 'Datti una mossa, svegliati!'. Inoltre arrossivo sempre e per le situazioni più imprevedibili, specialmente per gli sguardi maschili.
Nel libro racconta i provini di allora
Maschilismo puro, le attrici erano catalogate per le doti fisiche, la prima frase era 'signorina faccia vedere le gambe', e non parliamo solo del regista, le richieste arrivavano pure dalle maestranze o dagli aiuti. Anzi, il test partiva da loro.
E lei?
Mi presentavo con una fotografia in costume da bagno, ma non bastava, spesso scappavo.
Insomma, allora funzionava così
Perché, oggi no?
Ce lo dica lei
(La risposta è chiusa in un suo sorriso)
Comunque, questo atteggiamento era costante
Non sempre, come nel caso della Rai, un altro livello. Una volta mi sono trovata in un provino con Pintus, Barbato e Zavoli, carinissimi a scrivermi i testi che poi imparavo a memoria. E poi il teatro: un' altra storia, migliore.
Mambor come si rapportava ai suoi primi successi?
Insomma, la donna di talento è sempre difficile da sopportare, e anche Renato accusava qualche colpo. Temeva di non sapermi gestire. Però finita la nostra storia, siamo rimasti amici, fino alla fine.
Era infastidito dagli uomini che le giravano attorno?
Di solito no, solo quando gli rivelavo che mi piaceva qualcuno, allora scattava il problema.
Vi tradivate?
Qualcosa, ma negli ultimi tempi del rapporto. Avevamo l'obbligo della sincerità, ci raccontavamo
ogni cosa, le mie e le sue, in qualche modo ci scaricavamo la coscienza.
Lei era gelosa?
In un' occasione gli ho buttato il materasso giù dalle scale.
Gli altri artisti del gruppo cosa dicevano di lei?
Da tutti ero considerata solo la fidanzata di Renato, un' attricetta, Pino Pascali era l'unico che mi parlava da pari a pari, l'unico che mi guardava negli occhi.
(…)
Dopo piccoli ruoli, quello da protagonista è arrivato con I pugni in tasca di Bellocchio
Leggo il copione e mi prende un colpo: a un certo punto il protagonista, Lou Castel, uccideva la mamma spingendola in un burrone. Guardo Renato e gli dico: 'Non ce la faccio, sembra un film dell'orrore!'. E lui: 'Vai, è da protagonista'.
E invece?
Sul set capisco la forza di Bellocchio, nascosta dietro la sua timidezza. Una scena non veniva mai girata più di tre volte, nonostante la giovane età sapeva quello che voleva.
Ci furono problemi successivi
Soprattutto per la distribuzione. Dino De Laurentiis non lo voleva, al grido: 'La mamma non si uccide!'.
La vera fama arrivò con il ruolo di Lucia ne I Promessi sposi
Neanche intendevo presentarmi al provino, mi sembrava troppo lontana da me. Io che faccio il voto di verginità? Ma vogliamo scherzare!
(…)
Lei era considerata un' intellettuale
No, sbagliato: la definizione giusta era 'un' intellettuale del cazzo', etichetta affibbiata dopo il film di Bellocchio.
Nel libro scrive: 'Gli attori si sa, non hanno etica'.
Frase un po' ironica, ma quando uno vede in uno spot Antonio Banderas che parla con una gallina, non pensa che lo fa per amore dell'arte. Poi sulle attici c'è una pendenza in più.
Quale?
Le domande 'a chi l' hai data?' e 'quante volte l' hai data?'.
Le è stata rivolta in molte situazioni?
Una persona se la vede tra sé e sé, e non si deve mai dire 'io non l' ho data a nessuno' o 'io l' ho data a'.
Quanto fa parte del suo ambiente questa storia di 'darla'?
Si narra che il primo cinema hollywoodiano fosse interpretato da sole fidanzate di produttori.
L'imprinting
Poi è proseguito: durante i miei anni, le star si chiamavano Cardinale e Loren, donne di talento ma con un signore importante dietro a seguirle.
La Cardinale a un certo punto si è ribellata
Solo quando era già una star internazionale.
Questo atteggiamento maschilista si è mitigato con gli anni Settanta?
Solo in peggio. Tra una canna e un bicchiere di vino ti dicevano: 'Che nun ce vieni con me?' No. 'Allora sei una borghese'. Tutto era borghese, tutto quello che non funzionava per loro, sparavano una serie infinita di stupidaggini.
Lei era attaccata per la storia con Morandi
Un massacro. Venivo dipinta come la ruba mariti o la sciupafamiglie, io ero 'l' altra', la perfida, e questa storia è durata anni e anni, una sorta di stalking, fino a quando un mio amico avvocato mi ha spinto alla querela, e ho vinto.
Non era vero
No, sono arrivata quando Morandi e la moglie si erano già lasciati, e non a causa mia. Però l'obiettivo era far esaltare la purezza del cantante rispetto a me.
La sua carriera danneggiata?
Sì, e non poco. Non solo: la storia coincise con un altro problema, questa volta politico.
Cosa era successo?
Siamo nel settembre del 1973, uccidono Allende, al palazzo dello Sport di Roma organizzano una grande manifestazione in difesa del Cile. Sono coinvolta. Presa della foga mi affaccio sul palco e alzo il pugno chiuso. Pochi giorni dopo esce un articolo su Panorama con il titolo 'Paola la rossa'.
E quindi?
Ero sotto contratto con la Rca, filo-Vaticano, mi dimezzarono subito il cachet.
(…)
Sarà stata controllata dai servizi segreti
Non lo so, ma alcune situazioni strane riguardano quel periodo. Una volta, in un albergo, ho incontrato una persona che sapeva tutto di me, cose non pubbliche.
L'attore più coinvolto politicamente era Volonté
Una volta, a una manifestazione sindacale, arrivò con un cartello sul quale era scritto 'Abbasso lo zoom'.
Cosa voleva dire?
Mai saputo.
Mai
E me lo sono domandato tante volte. Ma lui era così, quando parlava pendevamo dalle sue labbra, un carisma imparagonabile, lo chiamavamo 'Lotto continuo', protestava pure perché lo pagavano troppo. Un attore strepitoso, un mostro, a livello interiore tirava fuori cose incredibili.
A casa sua si parlava di politica?
Certo. Delle risse violente, uscivo con le orecchie rosse per le urla. Ma in quegli anni tutta l' Italia discuteva di Pci, Dc, compromesso storico, divorzio.
Anni recenti: lei ha ottenuto una nuova popolarità con Incantesimo
E soprattutto sono riuscita a pagare il mutuo, per noi attori non capita spesso di avere una continuità lavorativa così lunga: ben nove anni di fiction.
Ha l'ansia da palco?
Sempre, una strizza vera, vissuta con i miei piccoli riti, come raccogliere i chiodi in quinta. Meglio se arrugginiti.
Lei è stata in tournée con Gassman
Eravamo in tre, con noi anche Fred Bongusto. Che fatica!
Per Bongusto
No, mi riferisco a Vittorio. In quel periodo voleva rompere, puntava sul teatro d'avanguardia: a Caracas, in occasione della prima, si presentò in platea con un'enorme insalatiera di pasta da offrire.
Reazione?
Le critiche ci hanno ammazzato, lo spettacolo era il caos, un ibrido pazzesco.
Osava dirlo a Gassman?
Sì, infatti siamo finiti a birrate addosso. Solo dopo anni ci siamo riconciliati.
Il suo domani?
Difficile dirlo, non ci sono parti per le attrici della mia età. Non c' è nulla. È veramente un altro mondo.



“il Fatto Quotidiano”, 18 giugno 2017

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