25.4.17

La Cina coltiva in campagna 800 milioni di consumatori (Cecilia Attanasio Ghezzi)

«Aprire un negozio su Taobao, è meglio che andare lontano a lavorare per altri». Dipinti a caratteri cubitali sui muri appena imbiancati delle piccole città di provincia dell’entroterra cinese, le pubblicità che invitano a usare i negozi online sono sempre più diffuse. Secondo il Centro di informazioni sulla rete internet cinese, infatti, alla fine del 2015 in Cina c’erano 688 milioni di utenti attivi e di questi quasi il 30 per cento (198 milioni) si collegavano dalle campagne. Principalmente per comprare: fertilizzanti, mezzi agricoli o anche, perché no, un televisore ultimo modello.
Alibaba, il gigante dell’e-commerce cinese, se n’era accorto già nel 2014. È stato il primo. Il suo gruppo di ricerca Alizila aveva evidenziato come, seppure il numero di internauti nelle campagne era ancora basso, quasi due terzi di loro comprava online. Una percentuale del tutto simile a quella delle grandi metropoli e delle ricche città costiere. Ma con un potenziale di crescita incomparabile legato alla penetrazione ancora solo superficiale di internet. L’anno scorso le transazioni hanno raggiunto la cifra record di 520 miliardi di euro, un incremento del 33 per cento rispetto all’anno precedente. Le dimenticate aree dell’entroterra hanno contribuito con oltre 26 milioni di euro e un aumento del 22,5 per cento dei compratori online. E sta emergendo una novità. Ormai dalle campagne non si compra semplicemente, ma si vendono i prodotti locali. Così Jack Ma, il fondatore di Alibaba, è riuscito a firmare un accordo con la Lega dei giovani comunisti: formerà un milione di teenager che porteranno l’e-commerce nelle campagne.
Le campagne cinesi si stanno spopolando e quello che non è monocultura intensiva soffre per insufficienti canali di distribuzione e mancanza di forza lavoro e di investimenti. Si tratta di uno squilibrio economico pesante per un Paese che punta a divenire la prima economia mondiale. Nel 2014 il reddito medio nelle campagne è stato di meno di 1.500 euro all’anno, nemmeno la metà di quello delle aree urbane. Il premier Li Keqiang ha annunciato che per il 2020 vuole sollevare dalla povertà i 70 milioni di cinesi che ancora vivono nelle aree più sperdute del Paese con meno di 350 euro l’anno. E il nuovo piano quinquennale prevede che per quella data 50 mila villaggi in più saranno connessi alla banda larga con il conseguente miglioramento dei servizi per 30 milioni di famiglie contadine. Allora il 98 per cento del territorio sarà connesso alla rete. Un investimento da 19 miliardi di euro che scommette sull’e-commerce per riscattare l’economia impoverita delle campagne e, soprattutto, la sua popolazione. «E poiché in Cina le politiche vincenti sono sempre scelte dall’alto, ora i privati fanno a gara per conquistare l’entroterra», spiega Kaiser Kuo, direttore del dipartimento di comunicazione internazionale di Baidu, un’azienda in tutto e per tutto paragonabile a Google. Un’altra pubblicità frequentemente dipinta sui muri dei villaggi è «Costruire strade per arricchirsi, consultare Baidu prima di fare acquisti».
Secondo Ying Lowrey, docente di economia presso la prestigiosa università Tsinghua di Pechino e autrice de The Alibaba Way: Unleashing Grass-Roots Entrepreneurship to Build the World’s Most Innovative Internet Company (McGraw-Hill, 2016) l’assunto del gigante di e-commerce «semplificare ovunque il modo di diventare imprenditori» ha convinto molti anche nelle aree più remote del Paese. L’immagine che l’ha colpita maggiormente durante la sua ricerca nelle campagne è stata la frequenza con cui Jack Ma veniva inserito nell’altarino dei numi tutelari assieme agli antenati delle famiglie che avevano scelto di aprire un negozio online. «Il commercio online sta salvando anche molti mestieri tradizionali», spiega la Ying. «Se fino a qualche anno fa cestini di vimini intrecciati, abiti tradizionali e stoviglie di legno si trovavano di fronte un mercato sempre più ristretto, oggi gli è data la possibilità di raggiungere qualsiasi angolo del Paese e, volendo, del mondo. È anche interessante l’incontro con i cosiddetti migranti di ritorno che conoscono il valore che gli abitanti delle città attribuiscono al cibo biologico e all’artigianato e che spingono i loro compaesani ad affacciarsi al più appetibile bacino di acquirenti delle città tramite internet».
Con la pubblicazione del report del 2014, Alibaba aveva annunciato un investimento di 1,3 miliardi di euro nelle aree rurali da destinare a infrastrutture e a formazione. L’idea era talmente buona che dopo appena due mesi Jingdong, il suo principale competitor, aveva annunciato un programma di microcredito per chi era intenzionato ad aprire un negozio online rimanendo in campagna. A un anno di distanza anche il governo si è convinto. Le micro aziende che possono essere aperte in campagna rientrano alla perfezione nei piani del governo. Per scongiurare l’hard landing, Zhongnanhai, il Cremlino cinese, punta su un’economia basata su servizi e consumi che conquisti anche le sconfinate campagne cinesi. Per questo, stando ai proclami governativi riportati dalle agenzie di stampa, Pechino «aiuterà i lavoratori migranti, i laureati e i veterani dell’esercito che vorranno tornare nei loro villaggi natali per avviare un’attività economica». E ulteriori fondi sono offerti all’interno del progetto Internet Plus che individua nelle aziende tecnologiche un nodo fondamentale per lo sviluppo del terzo settore.
Secondo lo studio di Alizila, infatti, meno una regione è sviluppata economicamente più è veloce la crescita dello shopping online. Ad esempio tra le cento cittadine che hanno visto lo sviluppo maggiore nell’ultimo anno, 75 erano nell’impoverito nordovest del Paese. E un campione di 300 cittadine che avevano aperto i propri negozi online hanno generato oltre 13 milioni di euro in un anno. Per aiutare a sviluppare questi nuovi canali, Alibaba ha già aperto nuove postazioni internet in 1.800 villaggi e prevede di arrivare a centomila entro il 2019. Li chiama «Taobao per le campagne». Chiunque può accedervi. Qui, personale qualificato aiuta i locali a accedere alla rete, vendere e comprare online. Stando a quanto affermato da Jin Jianhang, presidente del gruppo Alibaba, «la Cina ha circa 570 mila villaggi che vogliamo aiutare a raggiungere la stessa fiducia nell’e-commerce che hanno le grandi città». Lo fa attraverso quelli che chiama «soci rurali», persone formate da Alibaba che aiutano i compaesani a comprare e a vendere online. A dicembre dello scorso anno poteva già contare su 5.870 figure di questo genere che, guadagnando a percentuale, riuscivano a fare tra i 250 e 2.200 euro al mese. L’idea è quella di raggiungere attraverso i propri servizi la gran parte dei cinesi che vivono in campagna. Un numero che è stimato tra i 600 e gli 800 milioni. E il governo sta facendo lo stesso. L’anno scorso ha stilato una lista di 200 contee dove, con un investimento di 270 milioni di euro, favorirà la sperimentazione di quello che ormai va sotto l’etichetta di e-commerce rurale e svilupperà le infrastrutture in modo da rendere più semplice il trasporto delle merci. Secondo il ministro del Commercio Gao Hucheng, questo aiuterà anche ad abbassare i costi logistici riducendo del 15 per cento il prezzo delle merci al consumatore. «In passato», spiega ancora la Ying, «se vivevi nelle campagne non avevi altra scelta che fare il contadino. Oggi ti basta una connessione a internet e qualcuno che ti insegni come funzionano i negozi online per diventare imprenditore».


Pagina 99, 9 aprile 2016

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