3.4.17

I virili desideri di san Escrivà, fondatore dell’Opus Dei (Juan Goytisolo)

Il 6 ottobre in Vaticano il Papa Giovanni Paolo II canonizza fondatore dell’Opus Dei, ossessionata dalla conquista del potere. Questa canonizzazione-espresso,, la più rapida nella storia della Chiesa, eccita forti emozioni nei numerosi cattolici che conoscono il sostegno apportato dall’Opus Dei ai regimi più reazionari, in particolare in America Latina, e i legami storici che uniscono José Maria Escrivá de Balaguer e il generale Franco, dittatore fascista della Spagna.
In Spagna, nel corso degli ultimi anni, dopo la vittoria del partito popolare di José Maria Aznar, l’Opus Dei, una specie di massoneria cattolica fondata nel 1928 José Maria Escrivá de Balaguer,da a poco a poco ha ripreso il potere. Molti militanti dell’Opus Dei hanno rioccupato posti importanti nelle imprese e nel governo. Il che spiega il rinnovato interesse suscitato dalla divulgazione del Rapporto confidenziale sull’Organizzazione segreta dell’Opus Dei, redatto nel 1943 dalla Falange (il partito fascista spagnolo), impegnato a quel tempo contro mons. Escrivá de Balaguer in una aspra lotta per il potere nel seno della dittatura franchista. In questo rapporto Escrivá è descritto come una "mala lingua" dalla vita poco esemplare, con "parole ed atti pieni di secondi fini" e con una "devozione ostentata e lacrimosa, per nulla naturale, con atteggiamenti finti e forzati". Queste accuse non hanno per nulla disturbato la folgorante ascesa di mons. Escrivá, dapprima mondana (il fondatore dell’Opus Dei, "modesto" accumulatore di decorazioni e di onori, aveva ottenuto dal suo amico il generale Franco un titolo nobiliare: marchese di Peralta) e in seguito celeste, beatificazione nel 1982 e, consacrazione suprema, la santità, conseguita il 6 ottobre 2002.
Il lettore curioso della vita del nuovo santo Escrivá troverà in qualche opera e nelle agiografie pubblicate dall’Opus abbondanti testimonianze sui fatti e le gesta. Noi disponiamo di tracce non meno rivelatrici del personaggio come le sequenze filmate di qualche sua apparizione in Cadillac nera, in atteggiamenti pieni di grazia.
Ma la mia interpretazione personale, in Foutricomédie, delle massime tratte dalla sua opera capitale, Cammino - tradotta in più di quaranta lingue -, accende una luce nuova sui fantasmi sessuali di Escrivá. Il fondatore dell’Opus Dei era, non se ne può dubitare, come avrebbe detto Rabelais, fatto "del legno di cui sono fatti i santi".
L’opera principale del fondatore dell’Opus Dei, Cammino, fu scritta durante la guerra civile spagnola (1936-1939) e costituisce un elogio dello spirito fascista e del dittatore Franco. In uno dei rari incisi autobiografici del libro l’autore rievoca i momenti di "nobile e gioioso cameratismo" con gli ufficiali franchisti, durante i quali aveva ascoltato la canzone di un «giovane tenente dai baffi bruni» che recitava questa preghiera: «Di cuori condivisi / io non ne voglio; / e se do il mio / lo do tutto intero» (massima 145).
Il libro riflette il fervore franchista dell’epoca (“La guerra è il più grande ostacolo che si innalza sulla via facile. E tuttavia dovremo amarla [sono io che sottolineo] come il religioso ama i suoi discepoli” (311) e, naturalmente, la fervente esaltazione del “Caudillo” Franco (“Lasciarti andare? Tu?... faresti dunque parte del gregge? Tu sei nato per essere caudillo!” (16). “Caudillos!...Virilizza la tua volontà perché Dio faccia di te un caudillo” (833). Grazie al “fervore patriottico” (905) nella lotta contro lo “spirito voltairiano in parrucca incipriata o i liberalismi sorpassati del XIX secolo” (849) “la Spagna ritornerà all’antica grandezza dei suoi santi, dei suoi saggi e dei suoi eroi” (introduzione datata 19 marzo 1939).
Ma se questi aspetti di Cammino e molti altri, come la sua alta stima della funzione della donna nella società cristiana (“Le donne non hanno bisogno di essere istruite, basta che siano modeste, riservate (946)”) sono stati oggetto di esegesi da parte degli specialisti di Escrivá, mi rammarico per l’assenza di ciò che si potrebbe chiamare una lettura della “libido testuale” di Cammino, di quella santa sessualità esposta nella massima 28: “Mentre mangiare è un’esigenza dell’individuo, procreare non è che un’esigenza della specie, alla quale i singoli individui possono sottrarsi”. Come vedremo, i “singoli” che “si sottraggono” alla procreazione, come persone assennate possono trovare in Cammino massime molto sapide e sentirsi confortati nei loro desideri e sante ispirazioni sessuali.
Il fondatore dell’Opus Dei ha molta considerazione per il vigore della virilità e non nasconde il suo disdegno per coloro che ne sono sprovvisti, che egli qualifica “dolci e teneri come meringhe”. Eccone qualche esempio: “Abbandona quei gesti e quei modi puerili. Sii virile ”(3); “Sii forte. Sii. virile. Sii uomo ”(22), “Non essere puerile” (49); “Non essere molle, indolente ”(193); “Non hai vergogna di essere così poco virile perfino nei tuoi difetti? ”(50).
Il vigore preconizzato da Escrivá congloba tutti i campi della vita spirituale e affettiva. “Chi ti ha detto che non era virile dire delle novene? ”(574). La preghiera, sottolinea in diverse riprese, deve essere “vigorosa e virile” (691) e le lacrime di quelli chiamati alla milizia saranno ugualmente “brucianti e virili (216)”. Per questo conviene adottare un modello di condotta che non presti il fianco alla critica: “Se non sei virile e … normale, tu sarai non un apostolo, ma la sua risibile caricatura”(877). E sottolinea conseguentemente: “Essere puro come un bambino non significa essere effeminato ”(888).
A dispetto di queste esortazioni alla saggezza ci troviamo su una china pericolosa. Non è necessario essere uno specialista di Freud per apprezzare le metafore che si ripetono lungo tutto il Cammino: “Virilizza la tua volontà sì ch’essa sia, con la grazia di Dio, come uno sperone d’acciaio ”(615), “Braccio di ferro, potente, avvolto in una guaine di velluto ”(397), “Quel filo saldamente intrecciato che può sollevare pesi enormi ”(480) oppure “Non dimenticare che tutto ciò che è grande, sulla terra, è cominciato essendo piccolo”(821), ecc.
Il Padre redarguisce teneramente il discepolo: “Che povero strumento sei!”(477) e lo esorta ad agire con scienza e padronanza. “Grande o piccolo, delicato o grezzo…, sii uno strumento. (…) Il tuo dovere è di essere uno strumento”(484). E lo mette in guardia con fermezza: “Non si può lasciar arrugginire gli strumenti (486)”. Ma non è tutto petali di rose sulle strade che portano alla santità. “Una puntura. Un’altra e un’altra ancora. Sopportale! Tu sei così piccolo, non lo dimenticare, che nella tua vita – sul tuo piccolo cammino – tu non puoi offrire altro se non queste piccole croci ”(885). La fatica primordiale di lasciare un “deposito”, già prescritta fin dalla prima massima del libro, permetterà di “far sgorgare” l’antifona del catecumeno, tal quale un “fiume tranquillo e largo ”(145). “Ecco una devozione forte e feconda! (556)”, esclama. E la semenza, oh divina bontà, “germinerà e darà frutti saporiti, debitamente innaffiati”(119).
Nel momento in cui tanti preti cattolici sono accusati di pedofilia e di altre “virili” dissolutezze, la santificazione di Mons. Escrivá può incitare molte di queste anime tormentate a pregare “con la bramosia del bambino per i dolciumi, quando ha bevuto una medicina amara”(889). Verosimilmente le massime di Mons. Escrivá hanno loro apportato una specie di lubrificante e di guida efficace sul loro cammino cosparso di spine e di rose. Per questa ragione – secondo la proposta delle Suore del Perpetuo Soccorso glorificate nella mia Foutricomédie – il 6 ottobre 2002 essi festeggeranno con gioia l' ascesa di mons. Escrivá de Balague alle più alte sfere celesti.


Da “le monde diplomatique”, ottobre 2002, in “il manifesto” 3 ottobre 2002

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