11.4.17

Casa di mia gente. Una poesia di Giuseppe Villaroel (Catania 1889 - Roma 1965)

Sempre ritorno fra le tue pareti,
come a un rifugio, o casa di mia gente!
Nessuno albergo mai, nessun ostello,
per varie plaghe, fu più seducente
del tuo silenzio, ove, dal lungo esilio,
vengo a sanarmi d'ogni mia ferita,
in colloquio coi morti che mi amarono
perché nacque da loro la mia vita.

Tu sola ridi, o casa di mia gente;
tu sola resti, in mezzo alla rovina
di tutti i sogni miei tristi e mendaci,
nell'ora di mia vita che declina!
Tu sola vieni, o casa dell'infanzia,
al mio ricordo ed alla mia speranza,
e, nel mio folle errore senza quiete,
questa sola dolcezza oggi mi avanza.

Tornerò bimbo sulle tue terrazze,
guarderò, nelle notti, le tue stelle
brillare sulle torri delle chiese;
ci sarà il canto delle mie sorelle,
ci sarà l'ombra di mia madre e il grido
del vecchio gallo, all'alba, nei cortili
e, dalle tue finestre, nell'azzurro,
vedrò spuntare i rinascenti aprili.

E sarà la mia gioia e la mia pace:
l'unica gioia che può dare il mondo
l'unica pace che può dar la vita:
vivere sotto il bel sole giocondo
di nostra terra, quello che ci fulse
negli occhi quando noi fummo creati
e morire così, serenamente,
accanto ai nostri morti e ai nostri nati.

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