8.4.17

Affari. Morte a rate e funerali deluxe (Pietro Pruneddu)

La crisi ha allargato la forbice tra le esequie low cost e quelle fastose. E innovative.
Con cerimonia verde, lapidi interattive e bare hi-fi. 
Ultime dal settore che non muore mai.
Morire è un’usanza che ha la gente, sentenziò ironicamente Borges. Lo scorso anno in Italia sono decedute circa 650 mila persone, un picco di morti che non si vedeva da quando è finita la seconda guerra mondiale, 70 anni fa.
Il lavoro non manca, dunque, per le oltre 6 mila imprese funebri attive nel nostro Paese, tra agenzie e fornitori di servizi connessi. Sono almeno 20 mila le persone occupate nel settore, che alimenta un giro d’affari stimabile, secondo il Codacons, in 3,5 miliardi di euro annui. Un funerale completo in Italia costa in media 6 mila euro, rivela un’indagine Adoc. Ma nelle grandi città si può arrivare a spenderne 10 mila e non deve sorprendere, quindi, che il 40% delle cerimonie oggi venga pagato a rate. La rateizzazione, alcuni anni fa, è stata una delle prime trovate del marketing applicato al business dei funerali. Un settore in cui la crisi economica ha aperto una forbice sociale. Perché al contrario di quello che disse Totò («la morte è una livella»), se da un lato c’è chi può permettersi un ultimo saluto da nababbo, dall’altra proliferano le esequie low cost.
In Lombardia da qualche tempo spopola “L’Outlet del funerale”, azienda che sta avendo grande successo coi suoi servizi funebri a partire da 1.500 euro, pubblicizzate a tappeto sui mezzi pubblici. L’alternativa ancora più economica è la cremazione. Dalla legge del 2001, che le ha dato un quadro normativo, è stato un boom di richieste: a Roma sono aumentate da 3.700 a 13 mila all’anno in poco più di un decennio. A Milano, già nel 2012, c’è stato il sorpasso delle persone cremate rispetto a quelle sepolte.
Anche chi non ha problemi di portafoglio sceglie sempre più spesso di cremare il proprio caro defunto. Ma per diamantificarne le ceneri. L’azienda svizzera Algordanza, che già da qualche anno opera anche in Italia, con un procedimento in laboratorio trasforma i resti del morto in un gioiello da portare al dito. I prezzi oscillano dai 3 ai 15 mila euro.
Una delle prime agenzie italiane a proporre il servizio ai propri clienti è stata l’aquilana Taffo che ha tappezzato diverse città con un cartellone pubblicitario che recitava: “Stavolta tuo marito non potrà dirti di no”. L’impresa abruzzese si è costruita un nome nel settore del funeral marketing grazie a una serie di campagne pubblicitarie basate su doppi sensi che ironizzano sulla morte. Per lanciare le rateizzazioni idearono lo slogan “Vi aiuteremo a farlo a pezzi. Il pagamento del funerale”. Altri manifesti furono usati per una campagna di sensibilizzazione per la sicurezza stradale: “Se hai sonno fermati subito! Meglio riposare in auto che da noi”. Oppure: “Non correre oltre i limiti. Noi non abbiamo fretta di vederti”.
Dietro molti di questi slogan c’è la mano dell’agenzia di comunicazione Peyote adv, la stessa che ha aiutato le Onoranze funebri San Marco di Roma a inventarsi il claim “Week-end con il morto. Per ogni funerale con noi, una vacanza omaggio per voi”. Dallo scorso giugno, l’agenzia romana offre un soggiorno di una notte in hotel per due persone (con colazione inclusa) a chiunque si rivolga a loro per organizzare la celebrazione funebre.
L’intero comparto oscilla per forza di cose tra il rispetto della tradizione e il bisogno di evolversi. Basta pensare a Six feet under, serie cult della Hbo incentrata sulla famiglia Fisher, proprietaria di un’agenzia di onoranze funebri. Nel geniale episodio pilota vennero inseriti 4 finti spot pubblicitari con toni allusivi e slogan macabri.
La realtà è che in questo campo la domanda spesso è più bizzarra dell’offerta. Infatti all’estero molti club di calcio hanno inaugurato cimiteri per i tifosi, talvolta all’interno degli stadi, come quello sotto la gradinata sud del Calderón riservato alle urne cinerarie degli aficionados dell’Atlético Madrid. In Giappone e Stati Uniti ci sono società apposite che spediscono le ceneri nello spazio. C’è chi invece chiede di mescolarle con la polvere pirica per farne fuochi d’artificio da sparare al funerale.
Novità e stranezze confluiscono puntualmente a Bologna, dove ogni due anni si tiene la più grande fiera al mondo del settore, Tanexpo (da Thánatos, personificazione della morte nell’antica Grecia). L’evento (quest’anno è stato nel weekend 1-3 aprile) attira circa 20 mila visitatori e oltre 200 aziende espositrici da tutto il mondo. Nei 23 mila metri quadrati si trova di tutto. La parte dedicata ai carri funebri somiglia al Motorshow, con la straniante accoppiata composta da lussuose auto per il trasporto delle bare e modelle ammiccanti. Ci sono ovviamente diverse agenzie che offrono l’esclusivo ultimo viaggio con carrozza e cavalli. Altre hanno differenziato l’offerta puntando su clienti di altre religioni. Ci sono poi novità tecnologiche, come le lapidi con codice QR incorporato, grazie alle quali basta avvicinare lo smartphone per visualizzare, su un’app dedicata, interi album fotografici del morto, video e testi. E ancora consulenti d’immagine che curano il look del defunto, sartoria d’alta qualità (per le salme e per gli addetti funebri), assistenti psicologici, gadget di ogni tipo, celle frigorifere e tavoli autoptici. La parola d’ordine, vista l’enorme concorrenza, è distinguersi. La fantasia impera soprattutto nel settore dei cofani.
Bare in stile americano che si aprono a metà, la bara con sistema hi-fi che riproduce per l’eternità la playlist musicale preferita del morto (si chiama CataCombo e costa 23 mila euro), quella made in Italy venduta a pezzi e da montare come fosse uno scaffale Ikea, quella ideata dall’azienda abruzzese Pacini e ribattezzata “Scrigno del cuore”: una bara da cui si possono staccare dei cuoricini di legno che vengono distribuiti ad amici e parenti come ultimo ricordo del defunto.
Tra le tendenze che si sono diffuse di più a livello nazionale ci sono le case funerarie e le esequie green. Le funeral home, molto popolari all’estero, sono strutture che evitano di tenere la veglia funebre in casa dello scomparso. Tutte le fasi della funzione si svolgono in questo spazio, dotato di tutti i comfort. Una delle più grandi in Italia si trova a Modena e si chiama Terracielo. Presentata in brochure come “il posto più bello dove dirsi addio”, comprende parcheggio interrato, ristorante da 90 posti, una zona per le esequie laiche e una per il rito musulmano, una chiesa interna da 700 posti con telecamere che trasmettono la cerimonia via web per chi non può essere presente di persona.
Angelo Bonomelli, invece, ne ha brevettata una mobile, ribattezzata “Casa del commiato”. Si tratta di un prefabbricato trasportato da un tir, da posizionare nei cortili o in aree pubbliche ed equipaggiato con salotto per i familiari, sala per il defunto, bagni, cucina, zona ricevimento.
I funerali verdi, chiamati anche Gaia funeral, sono l’altro grande trend che si sta diffondendo in Italia, sul modello anglosassone. Sempre più agenzie garantiscono carri funebri ecologici, trasformazione dell’energia prodotta dalla cremazione in elettricità, urne a inquinamento zero che si sciolgono in acqua, bare ecocompatibili in materiali bio-polimerici (le ha brevettate la marchigiana Valnico). Sul tema delle sepolture biodegradabili l’Italia sconta un notevole ritardo rispetto ad altri Paesi, dovuto alle normative vigenti. Sono ancora vietate le bare in cartone pressato, in vimini o in truciolato, usate da anni nel resto d’Europa. Sono proibite anche le sepolture naturali, come quella ideata da due designer italiani per il progetto Capsula Mundi. Si tratta di un contenitore a forma di uovo, completamente biodegradabile, dove il corpo viene messo in posizione fetale e interrato per trasformarsi in un albero. L’idea sta spopolando in mezzo mondo mentre da noi ancora bisognerà aspettare.
Con la burocrazia italiana, anche conquistarsi l’aldilà ha i suoi tempi.

Pagina 99, 16 aprile 2016

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