16.3.17

Latouche: “L'economia non esiste” (Stefano Feltri)

Serge Latouche si irrigidisce un po' quando gli si chiede della "decrescita", il concetto che lo ha reso famoso. "Non concetto, uno slogan, perché in quest'epoca funzionano solo le semplificazioni", precisa subito. Slogan che in politica si traduce nell'emanciparsi dall'ossessione per la crescita del Pil e preoccuparsi anche di ambiente e uguaglianza.
In questi giorni esce in Italia L'invenzione dell'economia (Rollati Boringhieri, 258 pp., 18 euro), un lavoro di storia del pensiero economico di Latouche che ha un obiettivo ambizioso: dimostrare che l'economia non esiste. Al "Fatto" Latouehe dice: "Non si riflette più sul funzionamento del mondo. Si considera l'economia come qualcosa di eterno, e l'unica riflessione è su come gestirla. La prova è nel fatto che le università di economia si stanno trasformando tutte in business school". Invece, secondo l'economista e filosofo parigino, l'unico modo per occuparsi seriamente di economia è fare storia del pensiero economico o riflettere sui grandi interrogativi che occupavano Adam Smith o David Ricardo, i padri dell'economia politica.
"Tutto il mio libro vuole far capire che la realtà economica non è una realtà naturale, ma una costruzione storica in cui non ci sono leggi assolute come quelle della fisica, ma tutto è relativo", sostiene Latouehe e si capisce perché Bollati ha deciso di tradurre oggi un libro che in Francia è uscito nel 2005. Quella di Latouehe è una critica radicale dell'atteggiamento teorico che più ha contribuito alla crisi, l'abuso di econometria e statistica (nelle università e nella finanza) dovuto all'ambizione (hybris, direbbero i filosofi) di arrivare a conclusioni oggettive, a verità incontrovertibili. Che si tratti di sostenere la necessità di privatizzare i servizi pubblici o di costruire un derivato sul petrolio. Un approccio quantitativo che trasforma tutto in modelli e formule e che secondo Latouehe trascura un'osservazione banale: "Soltanto la nostra società occidentale ha inventato l'economia così come la intendiamo".
Il rapporto tra "l'economia" intesa come fenomeno oggetto di studio e "l'economia" intesa come scienza economica è complesso: "Perché credere nell'homo oeconomicus perfettamente razionale, che compie le sue scelte di investimento e consumo esclusivamente su basi di convenienza, è un errore teorico che finisce però per trasformare la realtà. E la crisi, in questo senso, è un momento di verità che rende evidenti i limiti delle costruzioni teoriche". Il panico che spinge tutti gli investitori a vendere anche quando non sarebbe opportuno, le bolle speculative, la corsa agli sportelli che fa fallire le banche dimostrano che l'uomo in economia non è razionale. Molti economisti cercano di reagire a questa presa di coscienza integrando i modelli matematici con la
psicologia o la neurobiologia.
Latouche è più distruttivo. Secondo lui siamo "al crepuscolo dell'economia", perchè "le parole nascono, vivono e muoiono come gli uomini e le civiltà che le anno create". Quindi il pensatore francese sostiene che potrebbe arrivare una nuova "epoca dei profeti, "il volo della civetta di Minerva che annuncia un mondo della posteconomia e del doposviluppo". Per intanto, nell'attesa che si formi un nuovo sistema culturale per raccontare quella che oggi chiamiamo economia, Latouehe si augura "l'emancipazione dalla religione della crescita" e il perseguimento dell'uguaglianza. E dovrebbe essere soprattutto la sinistra a riflettere su questo, visto che è caduta "nella trappola della torta". Convinta che fosse sufficiente far crescere la torta, cioè il Pil, perché tutti avessero fette più grandi, "la sinistra non si è accorta che la torta era avvelenata". E che nei decenni del blairismo e del "liberismo di sinistra" non si stava preparando un nuovo egualitarismo ma la crisi della finanza. Almeno ha imparato la lezione? "Quasi per niente", risponde Latouche. Unico segnale incoraggiante: il partito francese "Europa ed ecologia", che ha preso più del 16 per cento alle europee diventando una fusione vincente tra i vecchi partiti "verdi" e una sinistra socialista che non riesce più a ottenere consensi. Alchimia vincente (nelle urne) di tensione all'uguaglianza e battaglia per la conservazione dell'ambiente.


“Il fatto quotidiano”, Martedì 2 febbraio 2010

Nessun commento:

statistiche