7.3.17

Il bisogno umano di poesia (Primo Levi)

Il testo che segue, semplice e profondo, è la prefazione della silloge Ad ora incerta (Einaudi, 1984) che raccoglie le liriche già pubblicate nel volumetto L'osteria di Brema (Vanni Scheiwiller, 1975) ed altre comparse, in massima parte, su “la Stampa” di Torino, con l'aggiunta di alcune traduzioni, soprattutto da Heine. A me sembra una pagina degna di figurare in una ideale antologia universale sull'arte della prefazione. (S.L.L.)

In tutte le civiltà, anche in quelle ancora senza scrittura, molti, illustri e oscuri, provano il bisogno di esprimersi in versi, e vi soggiacciono: secernono quindi materia poetica, indirizzata a se stessi, al loro prossimo o all'universo, robusta o esangue, eterna o effimera. La poesia è nata certamente prima della prosa. Chi non ha mai scritto versi?

Uomo sono. Anch'io, ad intervalli irregolari, «ad ora incerta», ho ceduto alla spinta: a quanto pare, è inscritta nel nostro patrimonio genetico. In alcuni momenti, la poesia mi è sembrata più idonea della prosa per trasmettere un'idea o un'immagine. Non so dire perché, e non me ne sono mai preoccupato: conosco male le teorie della poetica, leggo poca poesia altrui, non credo alla sacertà dell'arte, e neppure credo che questi miei versi siano eccellenti. Posso solo assicurare l'eventuale lettore che in rari istanti (in media, non più di una volta all'anno) singoli stimoli hanno assunto naturaliter una certa forma, che la mia metà razionale continua a considerare innaturale.

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