4.12.16

A futura memoria (stato fb 30 novembre 2016)

Temo che il referendum sia andato. La demagogia del risparmio di spesa, della rottamazione, della velocità funziona.
Negli ultimi "endorsement", ai livelli più alti e più bassi, si può leggere il desiderio di non essere tagliati fuori dall'"Italia nuova" di Renzi, la speranza di contare qualcosa, di poter dare un contributo, oppure il segno di quella porzione di gioventù che aspira a farsi classe dirigente, "rottamando" una certa quantità di vecchi politicanti arraffoni e incapaci, quelli che ci hanno portato a questo punto. E' successo altre volte nella storia dell'Italia unita e non si può ridurre il fenomeno a "trasformismo opportunistico". Nei momenti di svolta (così accadde all'avvento del fascismo o quando s'impose il regime democristiano), il salire sul carro del vincitore, sia pure sullo strapuntino, non esprime soltanto un interesse personale o "di famiglia" ma corrisponde alla logica della mosca cocchiera, che nel suo piccolo si illude di poter imprimere una qualche svolta alla direzione del carro.
Avremo dunque una nuova costituzione che in maniera pasticciata completa il ciclo delle riforme berlusconiane e di fatto abroga quella del 1948: di questo si tratta, perché - con le profonde mutazioni dell'assetto istituzionale - le proclamazioni della prima parte diventano orpello, se non inganno. La nuova costituzione non è più - come l'antica - il frutto di un patto stretto tra la grande maggioranza del popolo italiano, è certamente imposta da una minoranza. E tuttavia l'abbandono - di fatto - del regime parlamentare rappresentativo e la trasformazione di un parlamento in prevalenza nominato (e per di più screditato, indicato come espressione di parassitismo e di inefficienza) in una appendice del governo reso inattaccabile dal mandato popolare, corrisponde all'ideologia dominante non da oggi, all'idea diffusa che bisogna affidarsi a un capo, a una "squadra" e poi lasciarla fare. L'addomesticamento di tutti gli organi di garanzia che la nuova Costituzione prevede corrisponde alla insofferenza verso i cosiddetti "lacci e lacciuoli", parte integrante di quel neoliberismo che in Italia continua a dominare e ad offuscare sensi e ragione, nonostante siano sotto gli occhi di tutti i disastri prodotti. L'opposizione grillista o berlusconica alla riforma è puramente "tattica" o al massimo "tecnica": anche in questi gruppi politici è dominante il principio che "chi vince le elezioni deve comandare". L'idea che era nella Costituzione del 1948, di corpi intermedi forti, di masse organizzate partecipi del processo decisionale, di cittadini attivi sempre e non solo nel momento elettorale, è fuori dal campo della "politica che conta", sia di maggioranza che di opposizione. Tutti costoro sono convinti che i governi debbano poter prendere "decisioni impopolari", considerate utili per il futuro, senza ostacoli, sia che si tratti di colpire redditi (pensioni per esempio), diritti (sanità, istruzione per esempio) o poteri diffusi (enti locali, sindacati ecc.), sia che si tratti di entrare in una guerra giustificata da alleanze internazionali o da fini umanitari (il più delle volte chi fa la guerra dichiara di farla contro la barbarie, per la civiltà e l'umanità).
Grillisti, berlusconiani, destre populiste si adegueranno facilmente alla nuova Costituzione e soprattutto i primi tenteranno di essere loro i governanti con le mani libere, accusando i renzisti di essere, nonostante tutto, una propaggine del vecchio regime. A chi (singolarmente o in gruppi organizzati) con coerenza si è opposto a queste trasformazioni resterà un ruolo di testimonianza e di coscienza critica, di esemplare resistenza civile. La tenuta di questi giorni varrà, se non altro, "a futura memoria (ammesso che la memoria abbia un futuro, come diceva uno dei nostri maestri più cari). La sinistra che fondava la sua forza sulla questione sociale, sulla rappresentanza delle classi subalterne è ormai ridotta a poca cosa, anche se una guida intelligente (come per esempio quella attuale della FIOM) può mantenere vive zone di autonomia. L'area del "volontariato critico" dovrà scegliere tra un ruolo di opposizione (con il rischio di emarginazione) e l'accettazione delle compatibilità del nuovo regime.
L'unica speranza, in tempi tuttavia non troppo brevi, è la ripresa dal basso - e in forme inevitabilmente nuove, connesse ad una organizzazione socio-economica ancora da studiare e capire - della lotta autonoma delle classi subalterne e della solidarietà fondata sull'uguaglianza e sulla cooperazione. Saranno necessari nuovi apostoli, nuove tempre di riformatori e di rivoluzionari. Ma - come diceva quello - "dove c'è oppressione c'è lotta" e prima o poi si troverà chi sarà capace di incanalare la lotta a fini positivi, di progresso democratico e di giustizia sociale.

P.S.
Amici e compagni obietteranno che queste sono considerazioni da fare solo ad urne chiuse. Replico che sono considerazioni fatte per il giro, non troppo ampio, dei miei amici telematici, senza alcuna influenza reale sul voto. Se volete, date ad esse un valore scaramantico: visto che quando mi sono avventurato in previsioni pubbliche ho spesso sbagliato, può darsi che accada anche questa volta.
Resta che, in caso di vittoria del No, la situazione resterebbe comunque quella che è, tranne forse per le opportunità disponibili a chi vuole reagire, un poco più ampie. La rappresentanza politica è già ora poco rappresentativa, la possibilità per i cittadini di intervenire sulle decisioni politiche molto scarsa, la spoliazione di diritti e poteri delle classi subalterne è già in gran parte avvenuta, la sinistra classista è debole e - nella sua componente politica e sindacale (un po' meglio l'intellettualità o il volontariato) - molto screditata (forse a ragione).

Con il no ci sarà qualche strumento in più, sarà più garantita una autonomia dei poteri terzi (la magistratura, la scienza o il giornalismo, per esempio), ma la strada da percorrere per recuperare il terreno perduto sul terreno della giustizia sociale e della democrazia partecipata resta lunga.

Nessun commento:

statistiche