24.11.16

"A lu paisi" e "a di fora" (S.L.L.)

Il paese, dalle mie parti, è il luogo del molteplice. Un paisi di … significa “una grande quantità di ...”. Il contadino che, tornando dalla campagna, portava a casa un paisi di cirasi (ciliegie) faceva la gioia della moglie, della figliolanza generalmente numerosa e talora anche della vicina incinta; mentre un marito che, pensando di profittare del prezzo stracciato, aveva portato a casa un paisi di pisci doveva subire le rampogne della moglie bisbetica, che non si limitava a chiedere chi li avrebbe mangiati, ma si rifiutava di pulirli.
Eppure, nello stesso tempo, anche nel mio borgo natio che non ha mai avuto mura o recinzioni, il paese era visto come una unità definita, racchiusa in una cerchia ideale che coincideva con il perimetro dell'abitato. Le terre che lo circondavano erano genericamente chiamate a di fora (“al di fuori”), anche quelle immediatamente contigue. Sicché quelli che, abitando verso i margini e mancando di servizi igienici domestici, facevano i loro bisogni a due o trecento metri dall'abitato, accostati a una siepe non lontana dalla trazzera, andavano a cacari a di fora; e a di fora si dirigevano quei contadini che, partiti all'alba con l'asino o anche a piedi per appezzamenti di terreno lontani tre, sette o dieci chilometri, sul far della sera (a la scurata) s'arricampavanu a lu paisi.   
Arricampari significava “raccogliere”, “portare a casa dalla campagna” con un riferimento specifico ai prodotti dell'agricoltura (arricampari tri sarmi di furmientu, “raccogliere tre salme di frumento”); il contadino all'Ave Maria vespertina arricampava se stesso, trovava per se stesso accoglienza e ricetto prima nel paese e poi dentro le mura della propria casa.

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