23.5.16

L'anatema. Lettera aperta al senatore Giorgio Napolitano

Egregio senatore Napolitano,
a quanto sento, in una trasmissione di grande ascolto, ella ha stigmatizzato quanti motivano il proprio No all'imminente referendum come "difesa della Costituzione".
Immagino le sue motivazioni: modificare la Costituzione, anche in punti significativi, seguendo le procedure previste dalla stessa Costituzione, incluso il finale referendum confermativo, non vuol dire affatto attaccarla.
Ma la prego di riflettere su due punti.
La riforma viene approvata da un Parlamento in cui la Corte Costituzione individua un vizio di origine: una legge elettorale che concede un premio molto alto e non consente al cittadino elettore di intervenire nella scelta dei parlamentari. Sappiamo bene che la stessa corte riconosce come valide le deliberazioni assunte da tutti i Parlamenti eletti con la legge contestata, il cosiddetto "Porcellum", motivando con la necessità di non creare vuoti; ma sarebbe stato opportuno che un parlamento siffatto, dopo la sentenza della Corte, si astenesse da interventi sulla Costituzione, specie così drastici e ampi. Peraltro la riforma costituzionale nasce, violando una prassi consolidata, non da una iniziativa parlamentare, ma da un testo del governo, quel governo che - fin dal tempo della Costituente - era stato saggiamente tenuto fuori dal dibattito costituzionale. E il governo non sì è limitato a presentare un testo, ma ha ripetutamente favorito l'iter positivo con gravi forzature regolamentari. Già questo potrebbe giustificare l'idea, opinabile certo, di un attacco alla Costituzione: ma in una campagna referendaria anche le opinioni hanno libero corso senza veti (tipo il suo "Nessuno dica...").
Ma c'è un'altra ragione che motiva quel NO: il combinato disposto di questa riforma con la nuova legge elettorale prefigura un mostro giuridico, un iperpresidenzialismo surrettizio che riduce fortemente il potere degli organi di garanzia e che stravolge gli equilibri previsti dalla Costituzione del 1948, approvata - come lei sa - con largo margine, proprio mentre cominciava la guerra fredda e lo scontro politico diventava durissimo.
Il sistema che risulta da questa doppia riforma assomiglia alla democrazia autoritaria di alcuni paesi del Sud America e dell'Europa Orientale, interni o esterni all'Unione Europea, come la Russia. E' particolarmente preoccupante l'idea che dalle elezioni debba uscire comunque un governo e che esso governo debba avere una inattaccabile maggioranza parlamentare, a prescindere dalla quantità di voti ricevuti. Questo pone l'Italia fuori dai modelli occidentali, ove, quando necessario, si ricorre a governi di coalizione o - nel caso dei regimi presidenziali - gli esecutivi possono non avere con se preventivamente la maggioranza parlamentare.
Egregio senatore, in questo caso, votare NO mi sembra proprio difendere la Costituzione, nei suoi fondamenti. Vorrei aggiungere che mi meraviglio fortemente del suo appoggio ad una riforma così radicale e così poco condivisa. Io la ricordo a citare Togliatti che considerava la Costituzione "un patto stretto tra la grande maggioranza del popolo italiano e destinato a durare per una lunga fase della sua vita". Adesso, ammesso che la riforma superi il vaglio referendario, essa sarebbe una riforma imposta da una piccola maggioranza a una parte molto consistente del popolo. Lei ha il diritto di cambiare radicalmente idea e di ritenere indispensabili (a chi?) le forzature maggioritarie: io continuo a pensare che in una democrazia costituzionale avere un'ampia opposizione "anticostituzionale" non è la migliore delle condizioni, quella che consente la serenità del dibattito civile, la scelta di legislatori e governanti efficaci ed efficienti, in primo luogo perché autorevoli e sostenuti dal consenso.
E' difficile che le giunga questo messaggio ed è ancora più difficile che, una volta giunto, possa convincerla a modificare le sue opinioni. A me basterebbe stimolarla a smetterla con codesti assurdi anatemi.
Salvatore Lo Leggio


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