18.3.16

Il platano dei cento bersaglieri (Tiziano Fratus)

Caprino Veronese, Il Platano dei cento bersaglieri
Se c’è un albero che può essere considerato il re delle città italiane è il platano. Decora alberate, viali, giardini, piazze, spunta nei parchi più antichi quanto nelle residenze storiche, trionfa negli orti botanici, lungo la sponda dei laghi come nei sagrati dei paesi dell’Appennino.
Ne esistono tre specie. C’è il Platanus orientalis, quello più antico, importato dai greci e dai romani, di cui parlavano già Teofrasto e ancor più Plinio il Vecchio nel dodicesimo libro del suo Naturalis historia, segnalando che i primi vennero piantati sulla tomba di Diomede, sulle isole oggi chiamiate Tremiti: qualsiasi platano più vecchio di 300 anni è di questa specie. Più raro è il Platanus occidentalis, o Sicomoro americano, arrivato Nordamerica, mentre la specie più diffusa è il Platanus acerifolia o Platanus hybrida, detto Platanus hispanica, in quanto le due specie erano e messe a fianco per la prima volta nel corso del XVII secolo in Spagna.
I due platani più grandi d’Italia si trovano nel profondo Sud, a Curinga, in Calabria, e nel profondo Nord, a Caprino Veronese, e sono ovviamente della specie orientalis. Il tronco del primo ha alla base una circonferenza di 20 metri di circonferenza e 18 a petto d’uomo: c’è chi dice abbia mille anni e sia stato messo a dimora da un monaco dell’Eremo di Sant’Elia nel corso dell’XI secolo.
Il secondo, 15 metri di circonferenza di tronco, è stato invece messo a dimora nel XVI secolo e si trova nel Veronese. Si esce a Peschiera del Garda, si costeggia il lago e si sale verso Lazise e Bardolino, ci si inoltra nelle gentili colline che conducono a Caprino, lo si supera e si raggiunge frazione Platano, lungo la costa di un rivo spesso in secca. È un possente gigante panciuto, rilassato sul tronco, segnalato da un cartello che sottolinea la monumentalità dell’albero. È chiamato Platano dei cento bersaglieri poiché nel 1937, durante le manovre dell’esercito italiano, altrettanti bersaglieri hanno trovato riparo sotto le sue fronde.
Dal tronco si aprono due colossali branche che crescono a V, espandendosi in una chioma che supera i 20 metri di altezza. Ho fatto una bella fatica a girarci intorno per misurare la reale circonferenza, il metro e 30 di altezza qui è praticamente impossibile da individuare. Ce l’ho fatta, scivolando quelle cinque o sei volte. Mi sono seduto sulla sua base, ho aspettato che il sole si inclinasse oltre il profilo delle colline facendomi brillare addosso quella luce dorata che soltanto in certe giornate la natura ci regala. Anche i grandi alberi sospirano davanti a certi spettacoli.

“La Stampa”, 10 agosto 2012

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