16.12.15

La bellezza di Lucio Magri (Gianni Quilici)

Nella rubrica di lettere del “manifesto” un lettore di Lucca, Gianni Quilici, rievocava con parole lucide e appassionate la bellezza (politica, intellettuale, umana) di Lucio Magri, parole in cui mi riconosco e che volentieri “posto” in questo blog a futura memoria. (S.L.L.)

Giustamente si è ricordato, rappresentato, discusso Pasolini, a 40 anni dalla sua morte, perché ancora ci «parla», ci «tocca», ci è «utile». Pochissimo si scriverà invece di Lucio Magri, a quattro anni (soltanto) dalla sua morte (per scelta). Forse neppure “il manifesto, che pure gli deve molto.
E Magri possiamo certo leggerlo (e non è poco), ma, a differenza di Pasolini, non possiamo vederlo, né sentirlo nel flusso della sua esistenza. Quanti saranno stati i comizi, gli interventi, le interviste televisive fatte da Magri! Di tutto questo in rete si trova soltanto la presentazione de Il sarto di Ulm a Bologna, che certamente non rende l’idea del Magri degli anni ’70, ’80, ’90, gli anni in cui abbiamo potuto vederlo e ascoltarlo pubblicamente. Perché è sia nei suoi libri, articoli, saggi, sia nei suoi interventi orali che trovo due aspetti, che mi hanno sempre colpito e affascinato di Lucio Magri: la complessità e insieme un’idea estetica, portata al perfezionismo, come osservava Valentino Parlato, sia nello scrivere e nel parlare che nel presentarsi e nell’esistere.
La complessità in Magri viveva nella ricerca ossessiva della causa ultima delle cose, che era spesso la molteplicità delle cause, con tutte le conseguenze che ne derivavano. Un ragionamento che scavava per successivi approfondimenti, che ti prendeva per mano e ti faceva toccare con limpidezza lo «stato delle cose». Il senso dell’estetica, invece, era nella chiarezza e nella limpidezza, nel ritmo dei periodi fluenti e nella ricerca del vocabolario giusto che cogliendo la profondità coglieva anche ciò che ci tocca della profondità: il «cuore delle cose». Un suo comizio o la conclusione di un convegno erano quasi sempre "illuminanti", ma anche "commoventi", facevano fermentare energie dinamicizzandoti. "Illuminanti" perché vedevi grandi spazi, il tempo della storia, i conflitti delle classi, possibili idee forza da trasmettere. "Commoventi" perché toccavano le viscere dell’umano: la profondità del dolore, l’utopia possibile.
L’estetica era anche nell’arte del discorso, nella voce sottile e musicale, che sapeva essere sferzante e appassionata, distaccata e divertita. L’estetica era inoltre anche nel volto da "attore americano", ma di quell’attore che trascende la bellezza dei lineamenti e diventa "artista", creatore di un’immagine forte di sé, una commistione, cioè, di energia intellettuale, di eleganza e di mistero.
Per questo il migliore modo di "commemorare" Lucio Magri è "scoprirlo", o “ripensarlo” cioè leggerlo e utilizzarlo, per ciò che ci ha lasciato per il nostro futuro, perché sono d’accordo con Alberto Burgio che sul manifesto scrisse: «Questo gli ha permesso di portare a termine, nonostante un dolore inemendabile, uno dei libri più belli e importanti su di noi - sui comunisti italiani e sul comunismo novecentesco - che siano mai stati scritti». E con Perry Anderson che osserva: «Lucio Magri era una figura unica nella sinistra europea».


“il manifesto”, 1 dicembre 2015

1 commento:

marcantonio ha detto...

Ti ringrazio Salvatore Lo Leggio per avere postato il mio intervento sul tuo blog con le parole che lo accompagnano. Naturalmente su Magri ci sarebbe molto altro da dire. Ma ho voluto ricordarlo per come mi è apparso come profilo umano-politico-intellettuale lasciando da parte il grande patrimonio di analisi e di proposte che ci ha lasciato come eredità.
Gianni Quilici

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