30.8.15

Bebycasting. Bellissimi e bravissimi: piccoli divi offronsi (Stefano Ciavatta)

Da un settimanale di qualità precocemente scomparso un reportage che ho trovato interessante. (S.L.L.)

«Cercasi piccoli attori: ragazza fra i 13 e 15 anni bella, viso espressivo e dolente, ragazza dai 9 ai 13 anni, occhi chiarissimi, raffinata, delicata, poetica, meglio se suona il pianoforte ; ragazza dai 14 ai 15 anni supertecnologica, moderna con aria superficiale; ragazzo fra gli 8 e 12 anni strano, particolare; ragazzo cinese dai 13 ai 16 anni, grassottello, che parli cinese e italiano (con forti inflessioni dialettali)». E ancora cercasi: «BAMBINI E BAMBINE, 3/16 anni, magri, volti scavati, NON ABBRONZATI, anche pelati e/o con capelli corti e chiarissimi e/o disposti a radersi completamente (varie etnie, italiani, africani, asiatici ma residenti in Puglia)».
Braccialetti rossi, composta da soli ragazzi, un successo inaspettato preso da un format spagnolo, una fiction giunta alla seconda stagione, prevista per la Rai nei primi mesi del 2015. Ma ci sono anche altri annunci per altre audizioni in cui si cerca «bambino 120-125 cm» e «bambine 123-126 cm», «altezza compresa tra 116 e 133 cm. BELLISSIMI/E MAGRI/E o NORMOPESO (no sovrappeso, no panciottini o paffutelli) preferibilmente per le bambine capelli lunghi maschietti, NO creste, NO rasati».
È l’Italia dei casting per minori, neonati, ragazzi, adolescenti, tutti arruolabili in una fila che non conosce crisi perché Bellissima di Luchino Visconti non ha bisogno di anniversari, è un sogno a occhi aperti sempre in voga. Hai voglia a scoraggiare.
Zavattini e Suso Cecchi d’Amico avevano piazzato davanti alla Magnani il monito di un’ex attrice per caso (Liliana Mancini) finita a fare la montatrice perché nessuno l’aveva più chiamata a lavorare in scena. Ma la Magnani ostinata pensava che ognuno avesse la propria opportunità. Infatti i casting per minori continuano a essere come i premi letterari, ne spunta uno ogni giorno, anche finti e illegali.
L’Istat intanto dice che per il quinto anno consecutivo le nascite sono diminuite, ma 514 mila neonati (2013) sono sempre un grande bacino per le audizioni e per le speranze dei genitori. In tempo di crisi economica l’offerta cresce, ma anche la domanda non scherza perché quando sono chiamati in tv o al cinema i bambini esistono da protagonisti, in funzione di ciò che fanno e di ciò che evocano e soltanto in minima parte raccontati e discussi, anche perché devono sottostare a regole ferree che ne disciplinano le apparizioni.
Anche per i minori c’è un ballo dei debuttanti. Spesso il primo, vero gancio è la moda, con le sfilate di Pitti Bimbo. «A Firenze sfilano 50/70 bambini per agenzia, tra sfilate ed eventi ci saranno almeno cinquecento bambini. È il Sanremo della mia attività, ma con guadagni pari a zero, i bambini sono autofinanziati, è una vetrina pazzesca, nessuno rinuncia», racconta Elena Meazza, che dirige la start-up Piccolissimo Me a Milano con clienti come Armani, Cavalli, D&G, Hogan, Fendi, Publitalia e Giochi Preziosi. «C’è sempre molto lavoro, anche se tutto dipende sempre dai budget delle aziende. Quelle di moda e le case di produzione hanno attività cicliche ma poi comunque c’è la cartellonistica, la pubblicità, le campagne stampa. Gli spot sono continuamente rinnovati, non è un periodo di crisi per il settore almeno per i clienti. L’unico abbassamento è sui compensi che una volta erano il doppio o il triplo rispetto a oggi. Uno spot tv è pagato intorno ai 300 euro lordi al giorno, i cataloghi invece 300/400 euro a giornata ma ci sono redazionali che arrivano a molto meno. Noi come agenzia prendiamo il 20% sul compenso del bambino».
L’occasione di un casting, anche a distanza e quindi con un investimento maggiore (viaggi e giorni di ferie e scuole saltate), tira molto in tempo di crisi. Il miraggio è quello di far quadrare i conti di casa. «C’è più gente, probabilmente per la crisi», spiega Meazza, «ci sono famiglie che esagerano, non le scoraggia nessuno, diventa un secondo lavoro, fanno casting ogni giorno e si sobbarcano anche viaggi di 800 chilometri. A Milano ci sono 2-3 casting al giorno, in diversi settori. Io ricevo 150 mail al giorno ma ne scelgo soltanto due, devo essere selettiva».
Anche i casting hanno subito un’evoluzione. Nel passato erano massicci, senza preselezione, adesso è tutto più regolamentato e viene richiesta selezione e maggiore professionalità: «Molte agenzie hanno chiuso per cattiva gestione anche dei pagamenti e i genitori se ne sono andati».
Gestire i bambini nei provini e sul set non è facile. «Bisogna stare molto attenti», sottolineala manager, «c’è l’ispettorato del lavoro, ci sono precise condizioni legislative. Abbiamo la solita trafila italiana dai tempi biblici per tutti i permessi, però è anche vero che ho visto fare molti controlli». Elena ha un figlio che ogni tanto fa qualche posa ma alle regole della mamma, mai in orario scolastico. «Può essere un’esperienza creativa e carina. Le bambine si divertono di più per abitudine e civetteria, i maschi si annoiano prima. Ma può essere molto stancante per tutti anche perché se troppo giovani non imparano nulla. Noi oltre i 13 anni non andiamo, a meno di trovarci di fronte a dei fenomeni di recitazione o alta moda. Chi è molto fissato ha la prospettiva di velina, di modella e attore».
L’icona è Belen: «Attira tantissimo le ragazzine, è molto attiva sui social, quelle tra gli 11 e i 13 guardano a lei, mentre Violetta la guardano bambine più piccole (dai 7 ai 9 anni) della reginetta Disney».
Fin qui la moda, poi che si fa con un pupo in braccio? Il cinema per esempio, là dove il mito di Bellissima resiste più strenuamente «perché la richiesta continua a esserci», racconta un addetto ai lavori a “pagina99”, «e oggi è più facile convincere un bambino, anche se poi sottoporsi a trucco, parrucco e mille attenzioni comporta uno stress ed è diffìcile che il bambino accetti tutto questo. Poi comunque per andare avanti oltre la semplice partecipazione devi azzeccare l’agenzia, l’agente che ti spinge e il film che ti lancia, e poi magari entrare nel giro delle fiction». Anche qui la media di compensi è bassa, sui 180 euro lordi a giornata, contro i 90/100 euro per i figuranti adulti. I controlli restano severi e spuntano fuori anche i tutor per rimediare alla scuola persa.
Lavinia De Cocci, dieci anni, bilingue, a otto anni ha passato un provino nazionale per Cattleya e quest’anno ha esordito al cinema nella commedia Un boss in salotto di Luca Minero, accanto a Paola Cortellesi, Rocco Papaleo e Luca Argentero. Il padre Danilo racconta che la sua bambina «ha cominciato a fare la prima sfilata a 5/6 anni, poi siamo andati a Pitti Bimbo a Firenze, poi abbiamo fatto dei book fotografici e dei servizi per riviste di moda per bambino. Poi ha lavorato come generica per servizi tv sulla moda e cataloghi. Per lei è stato ogni volta un divertimento nonostante gli isterismi dovuti ai tempi stretti delle sfilate. Per noi è stato un sacrificio, con qualche rimborso, ma perdi delle giornate intere. Inizialmente era come andare in gita a Gardaland o al concerto di Violetta a Milano. Le prime sfilate sono state un momento di eccitazione mostruosa, poi non è più la recita di Natale, diventa un impegno». Se si riesce a passare il turno dei provini i sacrifici cominciano a pagare: «La casa di produzione ha messo a disposizione un tutor per la scuola durante le quattro settimane di riprese in Trentino, e con mia moglie ci siamo dati il cambio».
Non esistono cachet precisi nell’audiovisivo, oscillano a seconda dei casi, vanno dal forfettario ai piccoli divi che arrivano anche a 1.000 euro. Però una cosa è certa: qualsiasi produzione di rilievo, anche se paga poco, «fa curriculum, aumenta la riconoscibilità del junior e facilita il posizionamento tramite agenzia».
Nella terra promessa del talento c’è anche - soprattutto - la televisione. Finito il monopolio televisivo dello Zecchino d’oro è venuto il tempo di X-Factor. Lo spazio per bambini è disseminato nei palinsesti, la tv dei ragazzi si è trasferita sui canali digitali. Ci sono le soap opera come Un posto al sole con Ilenia Lazzarin, che debuttò a 17 anni e ora ne ha 32 e viene seguita da 50 mila follower su Instagram e quasi 200 mila su Facebook. «Oggi ci sono pochissimi provini» racconta l’attrice a “pagina99”, «la crisi ha colpito e stramazzato anche questo nostro settore. Era già un lavoro precario 14 anni fa, oggi è ancor peggio, è un privilegio per pochi, ma cercando di guardare il bicchiere mezzo pieno, questo ha permesso di fare una grande selezione di attori e produzioni».
Ci sono le fiction e anche le audizioni per Forum di Barbara Palombelli con il famoso Paese reale in fila davanti agli studi Mediaset. «I casting spesso li fanno direttamente i canali» spiega l’autore tv Beppe Bosin. «La televisione è quello che i genitori vorrebbero fare. Ed è ancora uno status symbol. Ma è più difficile trovare bambini motivati». Più che le fiction, però, i palchi che fanno vera concorrenza al grande schermo sono altri: Io canto, Ti lascio una canzone e persino Junior Masterchef.
Qui inizia il territorio della disciplina e della costanza personale più che dell’organizzazione dei genitori. Al “Velino”, la dodicenne Lucrezia Bani, che prende lezioni di canto e pianoforte e fa concorsi nel weekend mentre sogna di andare all'X-Factor Usa, ha raccontato il suo lento apprendistato da Bellissima così: «Sei in una teca di vetro, il primo pensiero è sempre lo stesso, preservare la voce. Anche quando sei a scuola o alla cena di classe, sai che non puoi urlare troppo e non puoi prendere freddo. Te ne stai in disparte con il tuo foulard a proteggere la gola, mentre intorno a te vedi tutti i compagni che si divertono, corrono, schiamazzano». È il cachet della solitudine da bimbi belli.


“pagina 99”, 8 novembre 2014

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