9.6.15

Le società segrete nella Storia (Valerio Castronovo)

Karl von Hund, fondatore dell'Ordine del Tempio
L'esperienza ci ha insegnato che anche nell' ambito di un sistema democratico esistono delle forme di "potere occulto", tanto più insidiose quanto più difficili da smascherare. Quello della "P2" è stato certamente il caso più clamoroso di questi ultimi anni. Ma anche in altri paesi hanno operato, e talora continuano a operare, centri di potere annidati in alcune "zone d' ombra" delle istituzioni pubbliche, dei servizi di sicurezza o del mondo finanziario, che mirano a spostare a proprio favore, e quindi a scapito degli interessi generali, decisioni politiche di particolare importanza. Per non parlare di alcune vecchie centrali del crimine organizzato (dalla mafia alla camorra) con estese ramificazioni internazionali, o di nuove formazioni clandestine di vario colore, che usano indiscriminatamente l'arma del terrorismo in funzione di determinati scopi di eversione o di destabilizzazione politica.
Quella delle società segrete è, insomma, una fenomenologia quanto mai vasta e difforme, il cui unico comun denominatore è dato dall'elemento della segretezza. Sotto questo aspetto è possibile trovare più di un'analogia con movimenti e conventicole dei secoli passati. Indipendentemente dalle comunità tribali e dalle sette legate alle religioni misteriche dell'antichità, o da quelle gnostiche cristiane, in tutte le culture e in tutti i popoli sono esistite da tempo immemorabile delle società segrete. Ed esse hanno tratto ispirazione non soltanto da motivi utilitaristici (la ricerca di particolari vantaggi da conseguire tramite l'azione cospirativa e gli stretti vincoli di reciproca assistenza stabiliti fra gli affiliati), ma anche da ragioni più complesse: come il desiderio di rivalsa nei confronti della società, il proposito di rovesciare l'ordine costituito, la difesa di certe credenze entrate in urto con i mutamenti dell'ambiente circostante; o, ancora, il bisogno di superare i confini dell'esistenza quotidiana per entrare in un mondo idealizzato contrapposto a quello della vita profana, e così via.
Ciò che distingue le società segrete succedutesi dagli albori dell'età contemporanea ai giorni nostri è - insieme al sempre maggior grado di artificiosità che hanno finito per assumere rispetto ai problemi e alle dimensioni di una società di massa - la progressiva trasformazione di alcune di esse in strumenti di sfruttamento o di sopraffazione. In altri termini, col tempo il cinismo ha avuto la meglio sull'utopia, e la violenza ha preso spesso il sopravvento su alcuni vecchi codici di comportamento verso l'esterno: codici che non contemplavano necessariamente l'uso della forza. Questa è l'impressione che si ricava dalla sintesi di Gianni Vannoni, Le società segrete dal Seicento al Novecento (Sansoni, pagg. 346, lire 28.000), che si addentra - attraverso uno svelto collage di riferimenti bibliografici e documentari - nei meandri di un mondo rimasto per tanti versi inesplorato nelle sue molteplici espressioni.
In epoca medievale, le società segrete avevano soprattutto carattere corporativo: si trattava di confraternite di mestiere (non prive talora di implicazioni ereticali) rivolte a proteggere i membri di una determinata categoria e taluni segreti della loro attività. Più tardi emersero delle associazioni iniziatiche in cui prevaleva un'intonazione filosofica e speculativa, che si ponevano come obiettivo l'instaurazione del dominio dell'uomo sulla natura e l'avvento di un'umanità unita e libera. La massoneria, quale si sviluppò nell'Inghilterra del primo Settecento, mutuò da principio i suoi statuti e i suoi simboli proprio da questa singolare commistione di elementi sia spiritualistici sia razionalisti, oltre che dal morente associazionismo corporativo; e infatti i suoi adepti - che usavano riunirsi di notte sotto le mentite spoglie di muratori - intendevano costruire un nuovo edificio spirituale per la felicità di tutti gli uomini, indipendentemente dalle diversità razziali e sociali, basato sulla tolleranza religiosa, sul cosmopolitismo e sull'esercizio della filantropia.
Dai Rosacruciani ai Monopanti, altri sodalizi esoterici fecero leva sul miraggio di una rigenerazione della società reclutando i propri proseliti specialmente fra i dotti e gli ecclesiastici. Questi erano affascinati dal carattere stravagante delle pratiche di iniziazione e al tempo stesso desiderosi di entrare in possesso di verità e segreti sublimi, di penetrare mediante i più disparati riti alchemici e occultisti nel regno del mistero. D' altra parte quest'aura ambigua e crepuscolare di penombra entro cui si avvolgevano le varie associazioni si rivelò col tempo perfettamente congeniale alla lotta per il potere che alcune di esse intendevano condurre col favore del segreto e con gli obliqui metodi della infiltrazione. Nel caso, per esempio, dell'Ordine di Rosacroce (la cui paternità risalirebbe a Bacone, e in particolare ai suoi scritti sull'avvento di una nuova età dell'Eden attraverso una riforma generale del sapere e un saldo dominio morale delle scienze), la prerogativa fondamentale dei suoi membri era quella dell'"invisibilità", ossia l'impegno di vivere celati in mezzo agli altri per conoscerli minutamente in tutto ciò che poteva risultare utile. In tal modo essi sarebbero stati in grado di raccogliere il massimo di informazione sugli altri senza dover render conto di sè, per esercitare poi un'insospettabile opera di dominio delle coscienze.
Lo stesso duplice modulo, scientifico e spiritualista, basato sullo studio della natura fisica e dell'animo umano, e inteso a utilizzare tali conoscenze per trasformare la società e le strutture di potere, si ritrova in altre società segrete fiorite tra il Sei e il Settecento, nell'atmosfera del deismo newtoniano e dell'Illuminismo. Su un versante opposto anche i Gesuiti, - nelle vesti dei confessori di monarchi, distributori di benefici, consiglieri di prìncipi e di grandi aristocratici - si servirono dell'armamentario delle società segrete (dalla corruzione agli intrighi, alle trame di palazzo) per tenere sotto controllo alcune Corti cattoliche europee e per agitare nell'opinione pubblica protestante lo spettro di un vasto complotto mirante alla restaurazione dell'autorità papale. Dopo il fallimento delle ultime velleità degli Stuart di rimettere piede in Inghilterra con l'aiuto di questa congregazione di preti secolari, esperta tanto nell'ammaestramento delle classi alte quanto in machiavellici giochi di potere, fu la Germania il principale teatro, nel Settecento, di associazioni e conventicole pervase di intenti restauratori e oscurantisti. Senonché l'Ordine del Tempio, fondato nel 1751 da von Hund, un protestante fattosi cattolico, che pretendeva di essere diretta filiazione dei Templari medievali e che aveva il culto delle iniziazioni liturgiche e cavalleresche insieme a quello della gerarchia militare, ricadde presto sul terreno settario; lasciò da parte ogni proposito di restaurazione e si trasformò successivamente nel cosiddetto "Rito Scozzese Rettificato", un sistema massonico che più tardi avrebbe annoverato fra i suoi membri anche Jung, lo psicologo svizzero antagonista di Freud (iscritto, a sua volta, a una massoneria del tutto diversa, riservata ai soli ebrei).
Più vicino all'utopia baconiana fu un altro Ordine emerso in Germania nel 1776, quello degli Illuminati di Baviera, che si proponeva il ritorno dell'umanità all' idilliaco stato di natura, senza più sovrani e nazioni, sotto un potere unico subordinato al consiglio e all'ispirazione di filosofi razionalisti fautori della libertà naturale dell'uomo, conculcata dalle tradizionali autorità politiche e religiose. In questo movimento, che professava idee egualitarie e materialistiche, come pure nella massoneria (ispirata da ideali umanitari e progressisti), continuò peraltro a sussistere una rigida preclusione nei confronti delle donne: ciò che diede adito, particolarmente nel caso delle leggi massoniche, a una infinità di voci non sempre benevole sulle predilezioni sessuali dei "Fratelli".
Tra la fine del Settecento e i primi dell'Ottocento l'attività delle società segrete assunse toni più spiccatamente innovatori. Alla massoneria apparteneva Buonarroti e Marèchal, che capeggiarono con Babeuf la famosa "Congiura degli eguali" del 1796, la quale avrebbe dovuto metter capo a una società comunistica. E idealità riformatrici o disegni rivoluzionari sorressero l'opera di numerose società segrete sviluppatesi nell'ambito dei movimenti nazionali e della lotta all'assolutismo (alcune delle quali - come la Carboneria e la "Giovine Italia" - svolsero un ruolo di rilievo nelle vicende politiche del nostro Risorgimento). Lo stesso Marx esordì all'insegna di una setta, la "Lega dei Giusti"; e il Manifesto dei comunisti nacque in quell'ambito, all'insegna di una filosofia politica che intendeva svelare il significato nascosto della storia e indicare quasi profeticamente la meta ultima della società.
Non si dispersero tuttavia certi vecchi filoni mistico-religiosi: questo fu, per esempio, il retaggio coltivato dall'"Amicizia Cristiana", sorta nel 1817, al fine di combattere lo spirito rivoluzionario attraverso la santificazione dei suoi membri (stretti in una speciale devozione al Sacro Cuore) e la diffusione della "buona stampa". Il mondo labirintico delle società segrete non si è dissolto; al contrario, ha continuato a proliferare, in tempi più recenti, di pari passo con lo sviluppo di ideologie totalitarie o di dottrine imperialistiche ed elitarie, tendenti al dominio assoluto sull' uomo e sulla società. Ma è stata soprattutto la mala pianta del razzismo, nelle sue svariate versioni, ad alimentare anche fra le file della gente più minuta (come appare evidente, in particolare, nella vicenda secolare del Ku Klux Klan e nella fitta trama di alcuni gruppuscoli nazisti nordamericani), il diffondersi di gang fanatiche e feroci. Ma anche la recrudescenza del nazionalismo e il nuovo virus del terrorismo politico hanno avuto la loro parte nel diffondersi di sette armate. Sicchè ci par giusta la conclusione dell'autore quando osserva che la storia delle società segrete sembra riproporre di continuo, sotto il manto dei più svariati disegni (politici, affaristici, criminali ecc.), una sorta di tela di Penelope che la luce del giorno scioglie e la notte ritesse.


“la Repubblica”, 3 maggio 1985  

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