17.3.15

I segreti svelati dei diari di Tolstoj (Silvio Bernardini)

Lev Tolstoj
Esistono oggi in Unione Sovietica due edizioni principali delle opere di Lev Tolstoj: l'edizione completa, detta anche del giubileo (Polnoe sobranie socinenij, 1928-1958, in novanta volumi), e un'edizione ridotta in venti volumi (Sobranie socinenij) uscita dopo il 1960. Entrambe sono realizzate con la solidità senza sfarzo caratteristica dei libri russi, con in più l'amore che la Russia dedica a Tolstoj: testi scrupolosamente curati, introduzioni e commenti chiari e concreti dentro le solite austere rilegature a prova di martello. L'unico inconveniente dell'edizione maggiore è che è ormai introvabile salvo che nelle biblioteche. L'altra, al contrario, tirata a centinaia di migliaia di copie, si trova dappertutto. Sono poche le case sovietiche in cui i suoi venti volumi non stiano lì, nella scansia dei libri, come pane dello spirito (e ho sentito dire da più di un giovane sovietico che spesso la polvere vi si ammucchia sopra: i giovani preferiscono letture che sembrano loro più eccitanti; e forse hanno ragione, dal loro punto di vista, di non simpatizzare con uno scrittore anche troppo ufficialmente accreditato).
Questo Tolstoj per famiglia non è ridotto solo di volume. Al passaggio dai novanta ai venti volumi presiede una precisa linea riduttiva, diciamo agiografica-ideologica, che non tocca ovviamente i romanzi e i racconti, e investe invece gli scritti memorialistici e dottrinari (che fecero già paura all'autocrazia zarista e sembra non abbiano smesso di farne). Il lavoro di duplice riduzione è più che altrove evidente nei Diari, che offrono una summa, sia pure frammentaria, della vita e del pensiero tolstoiani. Nei due volumi dedicati ai Diari da Sobranie socinenij il culto tolstoiano passa francamente in agiografia. L'operazione può anche essere benintenzionata: evitare che nei bambini insorgano domande imbarazzanti; ma non fa capire bene Tolstoij com'era.
Nel confronto fra i due testi, quello intero e quello ridotto, colpisce subito l'inizio. Nel secondo si legge: « Da sei giorni sono in clinica e da sei giorni sono quasi soddisfatto di me. Qui sono completamente solo, nessuno m'importuna ecc. ». Perché fosse in clinica, non si sa. Ma si viene a sapere leggendo il testo intero, che aggiunge fra le due frasi: «Ho preso la "gonorrea", ovviamente per quello per cui di solito si prende». L'edizione «familiare» è costellata di queste omissioni per rossore puritano. Tutta una fetta dell'esistenza del diarista è cancellata con scrupolo. Altri esempi di frasi omesse: «L'eruzione cutanea non finisce, e io sono convinto che è venerea» (4 giugno 1852): «Oggi sono stato coi levrieri, ho dormito, c'è stata una P... (chiaramente, una prostituta)» (5 ottobre 1852); « Dopo cena sono andato in cerca di ragazze, ma senza successo. Domani a qualunque costo devo avere una ragazza » (29 giugno 1853).
Sono qui pudicamente sottaciute non solo le questioni di meretrici e malattie veneree, ma tutto ciò che può apparire non edificante, come il giucco o l'incontinenza di gola. Non vi si trova ciò che Tolstoi scrive di sé il 16 giugno 1852: «Per tutto il giorno sono stato incontinente. Mi sono ingozzato di dolci turchi, gelato e altre porcherie»; o il 30 giugno 1853:« Durante la giornata ho dormito e giocato a carte. Ho bevuto insieme a B e mi sono ubriacato. Domani mattina presto penserò alla ragazza»; o il 10 ottobre 1854: « Ho ricevuto un po' di denaro. Ne ho sciupato parecchio in sciocchezze: ho giocato a carte, ho comprato un cavallo e mi sono trasferito in un nuovo appartamento», a cui segue il 21 dello stesso mese, l'annotazione drammatica: « Ho perso tutto a carte ».
Quanto al Tolstoj ideologo, è evidente che l'edizione ridotta non può ignorarlo, dato il posto e il peso che le annotazioni dottrinarie, politiche e filosofiche, hanno nei Diari, soprattutto dopo il 1880. Ma si cerca di liquidarlo in anticipo, nelle introduzioni e nelle note, opponendo all'utopismo volontarismo moralismo ruralismo tolstoiani la difesa leninista (in polemica col tolstoismo) del marxismo scientifico (viene da pensare, a questo proposito, che forse Tolstoj avrebbe capito la rivoluzione cinese meglio degli epigoni di Lenin). Non manca poi, anche in questa parte, qualche abile taglietto alle punte più sporgenti, alle proposizioni più capaci di far nascere dubbi, come questa, del 3 agosto 1898: «Se avvenisse quello che predice Marx, accadrebbe solo che il despotismo passerebbe di mano. Ora dominano i capitalisti, allora dominerebbero i capipartito dei lavoratori»; o quest'altra, del 21 giugno 1909, di contenuto più propriamente filosofico (è il razionalismo tolstoiano che tutto disseziona): «Com'è strano dire che i materialisti devono inevitabilmente riconoscere la creazione per rispondere alla domanda, perché la materia?, da dove viene il mondo materiale? i materialisti si vantano del loro ateismo, ma tutta la loro dottrina implica, include la concezione di un Dio creatore. "Les extrèmes se touchent" ». L'altro «estremo», si deduce, è il misticismo, la religione in quanto mistica, di cui il materialismo si dichiara l'opposto. Ma sia l'uno che l'altro estremo sono, secondo Tolstoj, fughe nell'irrazionale.
In Sobranie socinenij si trovano molte altre omissioni, alcune probabilmente tendenziose, altre no, dato che in una riduzione qualcosa bisogna pur potare. Fra gli appunti che si è pensato di tagliare perché ritenuti, probabilmente in buona fede, non importanti, ce n'è almeno uno che a me sembra invece bellissimo. Dice: « Ho strappato un fiore e l'ho gettato via. Ce ne sono tanti e non ho avuto pena. Noi non apprezziamo l'incomparabile bellezza degli esseri viventi e li distruggiamo senza averne pena. Ce ne sono tanti... La cultura, la civiltà, non è altro che la distruzione di queste bellezze e la loro sostituzione». Un gesto distratto, fatto senza pensare e un fiore (o un animale, o un uomo) passa dalla vita alla morte. Se c'è una cosa da imparare da Tolstoj è forse innanzitutto questo: a non vivere distrattaménte. (E' curioso che anche in Nietzsche troviamo lo stesso sentimento di rimprovero che in Tolstoj per la «distrazione» dell'uomo: «Dove utilità o danno non vengono in considerazione — si legge in Umano, troppo umano — noi abbiamo un sentimento di piena irresponsabilità: uccidiamo o feriamo per esempio insetti, o li lasciamo vivere, senza di solito attribuire a ciò alcuna importanza. Siamo così goffi, che già le nostre gentilezze verso i fiori o i piccoli animali sono quasi sempre micidiali»).


“Tuttolibri La Stampa”, 24 gennaio 1976

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