31.3.15

Champagne di guerra. La vendemmia del 14 e le rovine di Reims (Robbie Robinson)

Le uve mature avevano un aspetto magnifico. La vendemmia del 1914 nella Champagne si profilava memorabile; grandi vini in prospettiva, sulla scia della celebre vendemmia del 1911. Mentre trascorreva agosto, cantine e attrezzature diventavano immacolate, il tempo era caldo e soleggiato, allegria e grandi attese riempivano l’aria. Anche se i tedeschi avevano dichiarato guerra all’inizio di agosto, non sembrava molto più di un piccolo screzio che si sarebbe presto concluso, si sperava entro Natale. Ma ai primi di settembre il rumore dei soldati invasori che marciavano sugli antichi, levigati ciottoli di Reims infranse le speranze e cambiò per sempre il mondo.
La promessa di bollicine di qualità svanì quando i giovani partirono per la guerra, i bambini furono spediti in zone più sicure, cavalli e veicoli motorizzati furono requisiti per lo sforzo bellico e le vigne diventarono una terra di nessuno tra le opposte prime linee. Ma gli Champenois sono gente dura, che lavora sodo ed è avvezza a rivoluzioni, invasori e rivolte. Essi venerano il ciclo stagionale dell’uva: è la loro linfa, la loro passione.
Nella seconda metà di settembre l’uva chiedeva di essere raccolta. I vecchi dimenticarono la pensione e le donne si raccolsero con i figli maggiori, rimasti per dare un mano. Vendemmiarono per giorni sotto il fuoco irregolare di truppe disorganizzate. Raccogliere le uve di notte era più sicuro, ma anche molto lento e faticoso. I grappoli maturi erano perfetti. Le uve erano pigiate e la fermentazione iniziava ai margini dei vigneti, perché era difficile e raro trovare benzina e autocarri, per non parlare della limitata libertà di movimento. Le prime fasi della guerra minacciavano l’annata, i mezzi di sussistenza degli Champenois e la loro stessa vita.
Nel corso di quella prima vendemmia e nei successivi, lunghi anni di guerra, le cantine di calcare divennero santuari: la chiesa per le funzioni settimanali, l’ospedale per feriti e lavoratori malati, la scuola per i bambini e la casa dove cucinare, dormire e tramare contro i tedeschi. Tutto si svolgeva tra le bottiglie in affinamento, dalla nascita alla morte. La grandiosa cattedrale di Reims fu quasi rasa al suolo. Il novanta per cento della città fu distrutto nei mille e più giorni di bombardamento nel corso della Grande Guerra. I bombardamenti continuarono anche quando la cattedrale fu usata come ospedale per i soldati tedeschi feriti.
Maurice Pol Roger della celebre maison di Champagne Pol Roger era sindaco di Epernay quando i tedeschi marciarono nella sua cittadina. Minacciarono di bruciarla e di giustiziarlo pubblicamente se non avesse accettato le loro richieste di denaro e altro. Egli tenne duro con coraggio e tenacia, organizzando la popolazione per vendemmiare le uve e mantenere in attività le cantine. La sera prima dell’occupazione tedesca di Epernay, Maurice Pol Roger scoprì con sgomento che tutti i fondi municipali erano stati trafugati dagli alti dirigenti municipali e dal capo della polizia, che avevano abbandonato il loro posto ed erano fuggiti. Si affrettò allora a emettere buoni che furono subito stampati e garantiti dalla municipalità. I locali li utilizzarono come moneta temporanea sostenuta dalla garanzia personale di Maurice di onorarli.
La vendemmia del 1914 diede grandi Champagne, che sono sempre stati ricordati con solenne venerazione. Le uve furono raccolte e lavorate sotto i bombardamenti, in mezzo allo sfacelo, all’odore della polvere da sparo e nell’ostilità verso gli invasori. Circa venti bambini e numerose donne persero la vita raccogliendo le uve. Maurice Pol Roger ripeté più volte che «nella cuvée del ’14 scorre il sangue della Francia».
Se il raccolto di quell’anno fu inferiore alla media a causa dei combattimenti, Maurice ebbe una grande quantità di uva: poiché non era possibile vendemmiare tutto il raccolto e se ne poteva trasformare un’esigua quantità in vino, a causa delle restrizioni belliche, Maurice aiutò i produttori a sopravvivere comprando le uve che non potevano usare, sicché le sue cantine traboccavano di vino del ’14, con cui produsse i migliori Champagne dell’annata: il trascorrere del tempo lo ha dimostrato.
Nel corso degli anni, il Pol Roger ’14 diventò il preferito di Maurice, che lo stappò sempre nelle occasioni speciali in tutti i novant’anni della sua vita. Il vino era sostenuto da una spalla acida tanto imponente da far pensare che potesse durare in eterno. In effetti, nel 1944 egli incaricò il cantiniere di sboccare anticipatamente numerose bottiglie del vino per essere certo di disporre sempre di una bottiglia matura del 1914.
Serena Sutcliffe, a capo dell’International Wine Department di Sotheby’s, ha assaggiato di recente una bottiglia di Pol Roger 1914 sboccata nel 1944 e ha così annotato le sue sensazioni: «Il colore era un paglierino scarico con riflessi verdolini, non il broccato dorato che si osserva in molti vecchi Champagne. Si coglievano sfumature di miele, ma un miele al limite della melassa data l’età, unite a un frutto all’apparenza molto giovane. Poi si percepiva un bouquet incredibile, sfaccettato, che si può solo definire finemente dolce, assolutamente incantevole: quella nota di torrone, caramella e caffè che i francesi definiscono torrefaction. In genere, quando si avverte un sentore caramellato, si ha di fronte un vino piuttosto vecchio, ma la cosa davvero stupefacente di questo vino era che nel bicchiere si svolgeva per così dire una battaglia tra giovinezza e maturità, e quella battaglia sul palato tra giovane e vecchio lo rendeva straordinariamente affascinante. Si proponeva con incredibile giovinezza, freschezza e vivacità, ma era sicuramente, considerati i suoi aromi e la sua profondità, un vino con vari decenni sulle spalle. Era persistente in modo impensabile, incancellabile: il bouquet si soffermava nelle narici, al pari del retrogusto – dopo aver inghiottito, il sapore restava sul palato per un periodo lunghissimo: un segno più che certo di qualità in qualunque vino. Considerato nel contesto del mio lavoro, il Pol Roger 1914 è senza dubbio una delle grandi esperienze nonché una pietra miliare della mia vita».


Da Scritto e Mangiato – Cestini Modello, Supplemento al “manifesto”, dicembre 2006

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