28.11.14

Sangue, amore e fantasia. Carolina Invernizio racconta (Elisabetta Rasy)

Carolina Invernizio
Nel 1890 la Società operaia di Napoli chiede alla signora Quinterno Invernizio una conferenza sul lavoro femminile. La signora in questione ha tutte le carte in regola: è moglie da nove anni di un «colto e distinto» (come lei stessa lo definisce) tenente dei bersaglieri, da quattro anni è madre di una amatissima bambina, si presenta bene - una morigerata, non eccessiva bella presenza - e soprattutto di donne se ne intende. Da più di un decennio, infatti, Carolina Invernizio, letterata-casalinga di Voghera, sforna romanzi fiume di cui le donne sono le travagliate, indiscusse protagoniste.
Ora la conferenza Le operaie italiane a distanza di quasi un secolo viene ripubblicata in appendice a un volume di racconti, Nero per signora, che gli Editori Riuniti manderanno in libreria nei prossimi giorni. Ma non si tratta solo del piacere di ripescare un'ennesima testimonianza sul personaggio. Le operaie italiane è una vera e propria, anche se involontaria, dichiarazione di poetica. «Nella donna del popolo è grande la smania del fantastico, del meraviglioso, dell'inverosimile. Quanto più la cosa è difficile ad ammettersi, più fa impressione nelle fragili fibre del suo cuore». La Invernizio dopo una strenua denuncia, «L'ignoranza genera la credulità», prosegue spudoratamente: «Le storie che maggiormente imparano a memoria le nostre operaie sono quelle che trattano di miracoli e incantesimi; oppure di assassini, di capi banditi, di avventure cavalleresche». Un terreno nel quale lei era maestra. E lo provano anche i racconti che compongono questo nuovo omaggio editoriale alla signora di Vogherà. Il curatore, Riccardo Reirn, li ha messi insieme cercando nella diluviale produzione della Invernizio le punte più spiccate del suo diffuso gusto per il macabro. Carolina era una indefessa assassina di personaggi, al punto che doveva trovarsi dei supervisori ai delitti. Ed essendo molto fiera della sua condizione di scrittrice donna di casa, non esitava a mettere al lavoro i parenti. «Poiché i suoi personaggi morivano con preoccupante facilità» ha raccontato il nipote Ferdinando Tettoni, figlio di una delle sorelle, «poteva capitare che, dovendo scrivere contemporaneamente almeno un paio di romanzi, l'autrice si dimenticasse di aver ucciso l'uno o l'altro. Mia madre era espressamente incaricata di tenere la contabilità di quanti erano passati a miglior vita».
Nei racconti di Nero per signora questo problema non si pone perché l'autrice va rapidamente al sodo, cioè al morto, o più preferibilmente alla morta. Abitati, come i romanzi, da un popolo di giovinette indifese, malvagi impenitenti, femmes fatales, anche i racconti seguono quella «smania del fantastico» tipica del suo pubblico femminile, come Carolina ben sapeva.
E a questo pubblico di cui è così dettagliatamente consapevole, la Invernizio non intende offrire solo una facile evasione, ma quella «educazione morale» che si guarda bene dal «convertire le fanciulle del popolo in tante saputelle» e che non porta «in un regno d'illusioni, nocivo a sé e agli altri».
Il «fantastico», il «difficile ad ammettersi» tanto caro alla donna del popolo non è infatti nei romanzi e nei racconti della Invernizio antitetico a quello che è quotidianamente documentabile e documentato, nelle cronache nere e giudiziarie dei giornali dell'epoca. Ma vendetta, follia, passioni insormontabili sono per la scrittrice le vere ragioni di quei delitti e suicidi liquidati con meccanica banalità dalle Corti d'assise e dalle cronache giornalistiche. Anzi, la Invernizio vuole demistificare quanto la stampa registra e divulga: «Due giorni dopo tutti i giornali parlarono di un doppio suicidio» scrive a conclusione di una storia che dopo alterne vicende di redenzione, denaro, amore e tradimento si conclude in un delittuoso bagno di sangue.
Nessuna tentazione di denuncia, nessuna velleità trasgressiva percorre la prosa della signora di Vogherà. «Addomesticando il sensazionale per farne letteratura a sensazione» suggerisce Edoardo Sanguineti nella prefazione a Nero per signora, la Invernizio ci dice che «nella vita come nella cronaca, l'eccezione è fatta apposta per confermarci la regola».


“Panorama”, 23 novembre 1986

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