15.11.14

In morte di Ella Fitzgerald (Luigi Onori)

Ella in una foto del 1970
La scomparsa di Ella Fitzgerald, straordinaria vocalist neroamericana, era annunciata da tempo. Aveva ormai smesso di cantare dal '92 dopo aver subito una grave operazione alle gambe (che le erano state amputate a causa del diabete) e perso quasi completamente la vista, costretta su una sedia a rotelle ad un'immobilità fisica che era l'esatto contrario di quella voce, saettante, plastica, duttile e inafferrabile.
Ella Fitzgerald è morta ieri all'età di '8 anni «nel sonno, durante la notte, nella sua abitazione - come ha raccontato un amico - circondata dai familiari e dagli amici».Ma per quanto prevista ed esorcizzata, la sua morte fa male e brucia: cancella un'artista grande e sottolinea come la stagione classica del jazz sia giunta senz'appello al crepuscolo. Ci vuole la magia del cinema - di Kansas City di Robert Altman. ad esempio - per renderla ancora viva, ma la musica afroamericana sa trasformarsi nel tempo e supererà di slancio le soglie del duemila. Non come, purtroppo, Ella Fitzgerald, nata in Virginia, lo stato confinante con il North Carolina dove è bruciata l'ultima delle 27 chiese afroamericane distrutte dal Ku Klux Klan.
E' una mitragliata di immagini e di suoni che si associano alla figura spesso sorridente della cantante: l'acerba adolescente che debutta ad Harlem nell'orchestrona swing di Chick Webb; la giovane donna, sposatasi col contrabbassista Ray Brown, che va ad infoltire nei locali della 52a strada la pattuglia dei rivoluzionari del be-bop; i duetti della «First Lady of Song» con Louis Armstrong in una felice incarnazione del jazz quale lingua di un popolo di immigrati dalle campagne alle città (1956; altri duetti famosi con Oscar Peterson, Duke Ellington, Frank Sinatra, Joe Pass); la trinità vocale che la vedeva a metà tra il dolente feeling di Billie Holiday e la tecnica esasperata di Sarah Vaughan; la lunga stagione concertistica (dal 1946) del Jazz At The Philarmonic sotto l'ala fin troppo protettrice di Norman Granz, sino alle immagini un po' melanconiche delle ultime esibizioni, con una voce affievolita ma preziosa nel chiaroscurare parole, timbri, singole vocali.
Era il dicembre 1990 durante la cerimonia di consegna del premio della Società dei Cantanti. Come ricorda Luciano Federighi nel bel testo dedicato alla vocalist (Ella Fitzgerald. Swing, genio e candori della Jazz Lady, Stampa Alternativa), in quell'occasione Ella duetto con Frank Sinatra sulle note di The Lady Is A Tramp. Poi il silenzio, anche se si parla di una seduta d'incisione del '92.
La cantante arrivò a New York dalla Virginia dopo la morte del padre e nel 1934 vinse il primo premio di un concorso per dilettanti all'Opera House di Harlem: fu veramente il fato a farla diventare cantante nell'orchestra di Chick Webb dal '35 al '39, con un breve passaggio nella formazione swing più celebre dell'epoca, quella di Benny Goodman. Ella Fitzgerald rilevò l'orchestra di Webb dopo la morte del batterista, guidandola per due anni (1939-42). Il suo primo successo con Webb fu la celeberrima filastrocca A Tisket A Tasket (ne scrisse il testo che ha la giocosità di una cantilena infantile) e nel '44 approdò anche nelle classifiche pop con l'accattivante Cow Cow Boogie. Forse sarebbe rimasta una delle tante cantanti leggere con inflessioni jazz (adorava il trio bianco delle Boswell Sisters...) se non avesse vissuto un'educazione bop che rivendicò con orgoglio.
Già entrata in contatto con Dizzy Gillespie nel '41, fece una tournée alla fine del '46 insieme alla big-band del trombettista; fu allora, tra concerti, jam-session notturne e viaggi estenuanti che la cantante entrò in contatto con le idee dei boppers, le loro avanzate concezioni armoniche nonché il gusto vocale surreale e strumentale di Gillespie. Ella assimilò la lezione e regalò al mondo del jazz e del pop qualcosa che Louis Armstrong aveva già sperimentato negli anni '20, il canto scat, dove le parole vengono sostituite da sillabe e il fraseggio risponde alle esigenze della musica, non a quelle del testo, come nella sua famosa rilettura di Lady Be Good.
Fu anche attrice in film come Pete Kelly's Blues (55, di Jack Webb), St. Louis Blues ('58, di Allan Reisner), Let No Man Write My Epitaph (60, Philip Leacock) e nel musicale Duke et Ella a Antibes (66, realizzato da Granz). Jazzista autentica ma vocalist popolarissima, Ella Fitzgerald è stata ben definita dal critico, musicologo e cantante americano Ben Sidran: «la sua voce sembrava cogliere tutte le note di peculiarità e di speranza dell'esperienza americana, ma allo stesso tempo presentava un lato più oscuro e misterioso, perché Ella frequentava i grandi jazzisti del suo tempo, condividendo i loro valori». Con un orgoglioso sorriso sulle labbra e una voce che sapeva essere tromba e sassofono.

“il manifesto”, 16 giugno 1996

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