6.11.14

Che Guevara. I primi quarant'anni (Gianni Beretta)

Un hombre bravo [Un uomo valoroso] è l'ultimo lavoro pubblicato di recente a Cuba che documenta con dettagli inediti i quasi quarantanni di esistenza del Che Guevara.
Ne sono autori una coppia di suoi specialisti biografi, Adys Cupull e Froilan Gonzales, fondatori della Cattedra Ernesto Che Guevara nelle università di Santiago de Cuba e Villa Gara....
Ernesto Guevara de la Serna nasce il 14 giugno 1928 a Rosario [Argentina] da genitori dì famiglie illustri, che si trasferiscono ben presto nella capitale Buenos Aires. Sin da piccolo soffre di attacchi d'asma che non smetteranno mai di tormentarlo e che tuttavia [nei frequenti spostamenti alla ricerca di un clima migliore] non gli impediranno di godere del gioco e del contatto con la natura; così, come più avanti negli anni, della pratica sportiva: dal nuoto al calcio, dal rugby all'atletica, dal ping pong agli scacchi. La sua maestra elementare ne segnala l'irrequietezza, l'indipendenza, lo spirito socievole, scherzoso e accattivante che ne fanno un leader naturale fra i compagni di scuola. Gli stimoli dell'ambiente familiare [dove si mostra particolarmente premuroso con nonni e fratellini] non mancano di certo al piccolo Ernesto, che non perde occasione per soddisfare la propria insaziabile curiosità. Legge Salgari,Verne, Dumas, Cervantes. A nove anni segue già con interesse i reportages della guerra di Spagna di uno zio acquisito, Cayetano Cordoba, giornalista, iscritto al Partito comunista argentino. E a quindici anni divora libri di storia e opere di Garcia Lorca, Marti, Baudelaire, Gandhi, fino a leggersi [e discutere con gli amici] testi di Freud, Engels e una edizione abbreviata de il Capitale di Marx. Diciassettenne, inizia a scrivere il primo di sette quaderni di un dizionario filosofico. Quando Parigi viene liberata dai nazisti, partecipa a una manifestazione repressa dalla polizia. In Argentina sono gli anni dell'avvento del peronismo. Si delinea dunque la personalità versatile di un ragazzo franco e sincero che non si risparmia nel dire quello che pensa. Mostra pure una buona dose di incoscienza giovanile. Si occupa di fotografia, grafologia, aeronautica. Solo nel ballo non era un granché. Mentre il suo rigore lo rendeva talvolta antipatico.
Nel '46 si iscrive a ingegneria; ma l'anno successivo migra alla facoltà di medicina. Per l'asma viene riformato dal servizio militare. Conosce Tita, una militante della Gioventù comunista a cui scriverà spesso nei suoi viaggi. A vent'anni si innamora di Carmen Cordoba, alla quale reciterà a memoria Venti poesie d'amore e una canzone disperata di Pablo Neruda.
Il primo gennaio del '50 intraprende la sua prima avventura percorrendo 4.500 chilometri per gran parte dell'Argentina in sella a una bicicletta Norton cui era stato adattato un motore Cucciolo. Scrive a parenti e amici le proprie impressioni di viaggio. L'anno dopo si imbarca come infermiere su navi che toccano le coste del Brasile, Venezuela eTrinidad Tobago. Tornato a Buenos Aires, nel gennaio '52 si accomiata dalla sua ultima fidanzata [Chichina Ferreira] e con l'amico Alberto Granado intraprende il famoso viaggio in motocicletta [una Norton 500 battezzata «Poderosa II»], documentato da un suo circostanziato diario. Prima ancora di arrivare [il primo marzo] a Santiago del Cile la moto si rompe. Decidono di proseguire con qualsiasi mezzo. In Perù attraversano il Cuzco, dal lago Titicaca a Machu Picchu; poi Aya-cucho, Lima [il primo maggio] per infine inoltrarsi nella selva amazzonica. Per i loro interessi di studio, tappe fisse nell'itinerario sono i leb-brosari. L'asma perseguita il Che, che non trascura mai di scrivere a casa. Il 2 luglio sono a Bogotà, il 17 a Caracas, dove Ernesto si separa da Granado. Vuole rientrare in Argentina per terminare gli studi. Ma l'aereo da trasporto si rompe a Miami, dove è costretto a fermarsi un mese. Arriverà a Buenos Aires, atteso dai familiari, il 31 agosto. Fra ottobre e novembre da ben 15 esami.
Il12 giugno '53 si laurea. Il 7 luglio, insieme all'amico Carlos Ferrer, è di nuovo in treno verso la capitale boliviana La Paz, dove il Movimento nazionalista rivoluzionario è al potere. La meta finale è il Venezuela.
Ma a Guayaquil [Equador] Guevara si lascia convincere dall'amico Eduardo Garcia a puntare sul Guatemala, dove è in corso l'esperienza rivoluzionaria del presidente Jacobo Arbenz. Si separa da Ferrer e si imbarca per Panama. Poi risale via terra l'istmo [Costa Rica, Nicaragua, Honduras, El Salvador] per giungere a Città del Guatemala il 20 dicembre. Per mantenersi fa i lavori più disparati [compresi reportages giornalistici sui suoi viaggi]. Assiste nel luglio '54 alla caduta di Arbenz ad opera di un sanguinoso golpe ordito dalla Cia e dalla United Fruii Company. Si presta come medico volontario e riceve addestramento militare. Trasferisce armi e nasconde esponenti del governo rivoluzionario, ma li critica per non aver organizzato la resistenza. Si impone la repressione. Guevara, individuato come un «pericoloso comunista argentino», ripara nell'ambasciata argentina e alla fine di agosto se ne va in Messico. A ottobre riesce a entrare come allergologo praticante [senza salario] all'ospedale generale di Città del Messico. Per vivere fa il fotografo. Si rivede con la peruviana Hilda Gadea che aveva conosciuto in Guatemala. I progetti del Che sono di completare il periplo latinoamericano con una breve tappa a Cuba e poi di attraversare l'Atlantico per conoscere l'Europa e soprattutto Parigi.
Ma nel luglio '55, nella capitale messicana, conosce Fidel Castro Ruz, esiliato da Cuba dal dittatore Batista dopo l'assalto al Moncada e la detenzione nell'isola dei Pini. Il 18 agosto Ernesto Che Guevara si sposa con Hilda. Il 15 febbraio seguente diventa padre di Hilda Beatriz. Ma il suo destino non è quello di dedicarsi alla famiglia: Fidel lo nomina responsabile del personale del Rancho Santa Rosa, in realtà campo di addestramento per la futura spedizione che a bordo della piccola nave Granma si dirigerà verso Cuba con l'intento di accendere la miccia della rivoluzione.


da Il primo a sinistra, supplemento a “il manifesto”, 1993

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