15.9.14

I fratelli Marx (Antonin Artaud)

Da un vecchissimo numero di “Giovane Critica”, la rivista catanese del giovane Mughini, riprendo una bella pagina cinematografica di Antonin Artaud. La premessa esplicativa è di Goffredo Fofi che curò una scelta di brani artaudiani a corredo di un suo articolo su Artaud e il cinema. (S.L.L.)
Antonin Artaud
E' noto l'entusiasmo con cui i surrealisti, e dietro a loro un po' tutta l'intellighenzia francese del tempo, scoprirono nel 1931 i film dei Fratelli Marx. Da Breton a Sartre, l'ammirazione per la libertà e la distruzione di ogni regola — il desiderio come base e stimolo ad ogni loro azione —, e di conseguenza lo sconvolgimento di un mondo di convenzioni e di repressioni, suscitarono commenti di un entusiasmo, giustificato, inferiore solo o quello che la generazione precedente aveva provato per Chaplin. Giù giù, fino a Kyrou e a Benayoun, non saranno mancati gli esegeti attenti della comicità Marxiana, ma tra tutti il testo di Artaud, pubblicato dapprima nella “Nouvelle Revue Française” del primo gennaio 1932, è ancora uno dei testi più interessanti, sia perché Artaud vi individua immediatamente l'essenza stessa della comicità dei Brothers, sia perché vi scopre elementi di contatto con le proposte che egli stesso andava elaborando. E' significativo il fatto che Artaud l'abbia ripreso, unico testo sul cinema, in appendice a “Le Théàtre et son double”. (Goffredo Fofi)

II primo film dei Marx Brothers visto in Francia, Animal Crackers, mi è parso, e cosi è stato visto da tutti, come una cosa straordinaria, come la liberazione per mezzo dello schermo di una magia particolare che i rapporti consueti delle parole e delle immagini abitualmente non rivelano, e se esiste uno stato caratterizzato, un grado poetico distintilo dello spirito che sia possibile chiamare surrealismo, Animal Crackers ne partecipava per intero.
Dire in che consista questa specie di magia, è difficile, e in ogni caso è qualcosa di non specificamente cinematografico forse, ma che non appartiene neanche al teatro, e di cui solo certe poesie surrealiste riuscite, se ve ne fossero, potrebbero dare un'idea. La qualità poetica di un film come Animal Crackers potrebbe rispondere alla definizione dell'humour, se questa parola non avesse da molto tempo perso il suo significato di liberazione integrale, di dilacerazione di ogni realtà nello spirito.
Per comprendere l'originalità possente, totale, definitiva, assoluta (non esagero, cerco semplicemente di definire, e che importa se mi lascio trascinare dall'entusiasmo) di un film come Animal Crackers, e a tratti (comunque in tutta la parte finale) come Monkey Business, occorrerebbe aggiungere all'humour la nozione di un qualcosa di inquietante e di tragico, di una fatalità (né fausta né infausta, ma gravosa a formulare) che gli si insinuasse dietro come la rivelazione di una malattia atroce su un profilo di assoluta bellezza.
In Monkey Business ritroviamo i fratelli Marx, ognuno col suo tipo particolare, sicuri di sé e pronti, lo si sente, a scontrarsi con le circostanze, ma laddove in Animal Crackers, e fin dall'inizio, ogni personaggio perdeva la faccia, qui assistiamo, e per tre quarti del film, a scherzi di clown che si divertono e fan burle, alcune peraltro riuscitissime, ed è solo alla fine che le cose prendono vigore, che gli oggetti, gli animali, i suoni, il padrone e i suoi domestici, l'ospite e i suoi invitati, che lutto quanto si esaspera, si dimena ed entra in rivolta, con i commenti volta a volta estasiati e lucidi di uno dei fratelli Marx, trascinato dallo spirito che è riuscito infine a scatenare e di cui sembra il commento stupefatto e passeggero. Niente è insieme tanto allucinante e terribile come quella specie di caccia all'uomo, come la battaglia di rivali, come l'inseguimento nelle tenebre di una stalla di buoi, di un fienile in cui pendono da ogni parte tele di ragno, mentre uomini, donne e bestie snodano la loro ronda e si ritrovano in mezzo ad un mucchio di oggetti eterocliti dei quali il movimento o il rumore avranno tutti, volta a volta, la loro utilizzazione.
Quando, in Animal Crackers, una donna si rovescia all'improvviso, gambe in aria, su un divano, e mostri, lo spazio di un secondo, tutto quel che avremmo voluto vedere, quando un uomo si lancia bruscamente in un salone addosso ad una donna, muove assieme a lei qualche passo di danza e poi la sculaccia ritmicamente, vi è in tutto questo come l'esercizio di una specie di libertà intellettuale in cui l'inconscio di ciascuno dei personaggi, compresso dalle convenzioni e dalle usanze, si vendica, e vendica contemporaneamente il nostro. Ma quando in Monkey Business un uomo braccato si lancia su una bella donna che egli incontra, e danza con lei, poeticamente, in una specie di ricerca dell'incanto e della grazia degli atteggiamenti, la rivendicazione spirituale si presenta raddoppiata, e presenta tutto quel che vi è di poetico e forse di rivoluzionario negli scherzi dei Marx Brothers.
Ma quando la musica al cui ritmo danza la coppia dell'uomo braccato e della bella donna è una musica di nostalgia e di evasione, una musica di liberazione, ciò indica abbastanza l'aspetto pericoloso di tutti questi scherzi umoristici, e che quando esso si esercita lo spirito poetico tende sempre ad una specie di anarchia ribollente, ad un disgregamento integrale del reale attraverso la poesia.
Se gli Americani, al cui spirito questo tipo di film appartiene, vogliono intendere questi film solo in chiave umoristica, e in fatto di humour non vanno mai oltre ai margini facili e comici del significato di questo termine, peggio per loro; questo non ci impedirà però di considerare la fine di Monkey Business, come un inno all'anarchia e alla rivolta integrale, una fine che mette il muggito di un bue sullo stesso piano intelletuale e gli attribuisce la stessa qualità di lucido dolore che il grido di una donna spaventata, una fine in cui nelle tenebre di un fienile sudicio, due servi rapitori infieriscono a piacer loro sulle spalle nude della figlia del loro padrone, e trattano da pari a pari il padrone sconcertato, e tutto in mezzo all'ebbrietà, anch'essa intellettuale, delle piroette dei Marx Brothers.
E il trionfo di tutto questo è in quel tipo di esaltazione allo stesso tempo visiva e sonora che tutti questi avvenimenti assumono nelle tenebre, nel grado di vibrazione che essi toccano, e in quel tipo di inquietudine possente che la loro riunione finisce per proiettare nello spirito.


“Giovane critica”, n.12, Estate 1966

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