21.9.14

Gaza. La scuola italiana distrutta, la più bella del mondo (Manuel Orazi)

Il centro "La Terra dei bambini" prima dell'intervento israeliano 
Era la scuola più bella del mondo perché era tre volte neutrale. In primo luogo perché non c'è architettura più bella di una scuola, quindi perché beduina, e infine perché era una scuola italiana. Quando questo testo è stato scritto non c'erano ancora fotografie delle macerie, ma a quanto risulta all'architetto Mario Cucinella e a Massimo Annibale Rossi, presidente della Ong Vento di terra, il centro per l'infanzia di Um al Nasser è stato demolito pochi giorni or sono in seguito all'invasione di terra dell'esercito israeliano nell'ambito dell'operazione Margine di protezione.
La sera del 17 luglio scorso i militari hanno intimato agli abitanti del villaggio, circa 5 mila, di spostarsi verso sud immediatamente e l'indomani le ruspe hanno fatto il resto. Il fatto è che il centro Terra dei bambini, comprendente una scuola per oltre cento alunni più un ambulatorio pediatrico, una mensa e altri spazi comunitari, costruita secondo un progetto dello studio milanese ArCò e di quello bolognese di Cucinella, Mca, era diventato il principale centro di aggregazione di tutto il villaggio beduino che si trova a solo un miglio di distanza dal muro di confine, vicino a Erez.

Attività educative nella scuola di Um al Nasser
Si tratta di una minoranza nella minoranza, non integrata perché i beduini sono di origine nomade benché ormai stabilizzati in piccoli insediamenti poverissimi a Gaza, in Cisgiordania e anche all'interno di Israele, per esempio nei pressi di Be'er Sheva. Il Ministero degli Esteri e la cooperazione internazionale, attraverso l'Ong di Rossi, avevano provveduto a un finanziamento di circa 170 mila euro - quattro soldi se pensiamo ai costi di costruzione di una scuola analoga in Italia - producendo un edificio a corte realizzato in materiali locali come sacchi di sabbia, finiture in terra cruda, visto che a Gaza scarseggia persino il cemento armato, e senza vetri per meglio resistere a eventuali bombardamenti nei paraggi come avvenuto per esempio l'anno scorso. Le tecnologie usate erano semplici come quelle per la raccolta dell'acqua piovana e i pannelli fotovoltaici che ormai sono più che ordinari, tutto realizzato tra il 2012 e il 2013 con l'aiuto dei genitori dei bambini che in molti casi hanno lavorato come manovali.
«La Terra dei bambini era un progetto a tutto tondo, nel senso che abbiamo svolto insieme agli architetti tutte le tre fasi di ricerca sul campo, progettazione partecipata e realizzazione, costruendo un'oasi di pace per i bambini» spiega Rossi prima di partire per Israele, dove spera di riprendere i contatti con il suo staff locale che fortunatamente non ha subito vittime.
Secondo Cucinella invece questa demolizione è dura da sopportare soprattutto perché «è attraverso una progettazione attenta come in questo caso che non solo realizzi una scuola, ma dai un valore di responsabilità al nostro mestiere. Oggi ho un senso di profonda impotenza, quello che mi strazia non sono tanto i bambini che vivono in condizioni di estrema povertà, e però sono uguali ai miei, ma anche il fatto che ogni scuola qui diventa per forza un centro di aggregazione sociale. Perché dove manca tutto come a Gaza le scuole diventano spesso gli unici luoghi di civiltà. Non a caso tutti i bambini sfollati sono ammassati ora in quelle rimaste, specie in quelle costruite sotto l'egida delle Nazioni Unite, che non possono essere attaccate».

Giochi a scuola
Cucinella, che sta costruendo un'altra scuola vicino a Rafah, sottolinea come oltre alle architetture, gli architetti e attivisti italiani abbiano portato in Palestina soprattutto conoscenza. L'architetto infatti - che si è laureato con Giancarlo De Carlo (massimo teorico di progettazione partecipata) e ha lavorato a lungo con Renzo Piano a Parigi - da anni porta avanti una linea di ricerca legata alla filosofia dell'architettura sostenibile, che cerca cioè di costruire non contro ma insieme alla natura, per esempio aumentando le forme di difesa dal sole e di aerazione naturale degli edifici o di riciclo delle acque piovane e reflue, principi che spesso faticano a essere applicati dagli uffici tecnici di Gaza e Ramallah. Ma anche a Gerusalemme come altrove, perché troppo spesso i tecnici sono legati a schemi mentali del passato.
«In fondo tutta la cultura materiale dell'area mediorientale e mesopotamica ha sviluppato un'architettura legata alla necessità di doversi adattare a uno dei climi più difficili, sia gli arabi sia gli israeliani hanno in comune questa specialità» spiega Cucinelli. «Basti pensare a come gli arabi, tanto per fare un esempio, hanno creato il sistema dei pozzi e della rete idrica in Sicilia tuttora esistente, o come gli israeliani, per farne un altro, siano riusciti a rendere fertile persino il deserto - anche a livello ideologico se è vero che la fattoria del fondatore Ben Gurion si trovava appunto nel deserto del Negev, a pochi chilometri da Gaza».
Architetto, in questo paesaggio arido e popolato da morti e rovine, se non possiamo fare previsioni, possiamo pensare non dico a una soluzione, ma almeno a una via di fuga? «Due anni fa sono stato invitato da una fondazione culturale a Gerusalemme per tenere una lezione sull'architettura sostenibile, l'Istituto Van Leer. Risposi che avrei voluto parlare della scuola di Um al Nasser, altrimenti avrei declinato l'invito. Non solo la fondazione, di stampo umanistico, accettò, ma nella platea assai gremita e con mio grande stupore trovai oltre a intellettuali e professori anche altre personalità, tutte molto interessate al dialogo con i palestinesi se non pacifisti veri e propri. Dopo la conferenza ho avuto modo di parlare con un ex ministro, Shlomo Ben-Ami, che mi ha colpito molto facendomi notare che la politica nonostante gli accordi di Oslo e i vari negoziati di pace successivi non è riuscita a trovare una soluzione perché ormai è delegittimata. E che allora forse l'unico modo è quello di costruire delle scuole, che non si notano ma vivono grazie a un'azione quotidiana, e per questo possono essere forse gli unici baluardi silenziosi di una convivenza futura e pacifica». Almeno fino a quando non vengono abbattute come si abbattono i nemici.

“pagina99we”, 26 luglio 2014

La scuola distrutta
Aggiornamento
Forse val la pena aggiornare le notizie rispetto al 17 luglio, quando il villaggio beduino di Um al Nasser, sede della scuola d'infanzia, venne fatto sgombrare dagli israeliani. Le riprendo dal sito dell'Ong “Vento di Terra”, che si occupava della scuola.
Già il 20 luglio, alle prime notizie della distruzione della scuola la Ong, tramite il suo presidente, chiese al governo di intervenire presso Israele per chiedere ragione della distruzione di una struttura costruita con il contributo dello Stato italiano:

Um al Nasser, Striscia di Gaza, 20 luglio
La fanteria e i blindati israeliani hanno occupato il villaggio di Um Al Nasser nella notte del 17 luglio, obbligando l’intera comunità a lasciare le case. Una lunga fila di civili, in prevalenza a piedi, si è diretta sotto un intenso bombardamento verso il campo profughi di Jabalia. Sono ora ospitati principalmente nelle scuole dell’UNRWA: mancano medicinali, cibo, generi di prima necessità e acqua potabile.
Questa mattina ci è stata confermata la notizia che l’esercito israeliano ha raso al suolo “La Terra dei Bambini”, struttura finanziata dalla Cooperazione italiana e visitata lo scorso 17 gennaio dalla Presidente della Camera Laura Boldrini. Il centro per l’infanzia ospitava un asilo con 130 bambini e un ambulatorio pediatrico. Oltre al Centro per l’infanzia, che rappresentava un modello di eccellenza in termini di architettura bio climatica e di metodologia educativa, è stata demolita la nuova mensa comunitaria, inaugurata solo due mesi fa, che forniva pasti ai bambini e alle famiglie povere del villaggio.
Vento di Terra ONG gestisce il progetto dal suo avvio nel 2011, ed è testimone del fatto non sia mai stata utilizzata per scopi militari e non sia avvenuto alcun contatto tra lo staff e le milizie armate islamiste. La “Terra dei bambini” rappresentava un’oasi a difesa dei diritti dell’infanzia, che l’esercito israeliano, messo al corrente di tutte le fasi del progetto, ha deciso senza alcuna giustificazione di demolire. Un’esperienza unica, in un panorama caratterizzato da decenni di conflitto, occupazione e devastazione è stata messa cinicamente a tacere.
Vento di Terra Ong richiede al Ministero degli Esteri Italiano e alla Unione Europea, alla Conferenza Episcopale Italiana, principali finanziatori del progetto, di realizzare gli opportuni passi verso il Governo Israeliano perché renda conto di un’azione gravissima che coinvolge, oltre la comunità locale, direttamente il Ministero stesso, l’Unione Europea e la Cooperazione Italiana, che il progetto hanno finanziato e sostenuto in questi anni. (Massimo Annibale Rossi, Presidente di Vento di Terra Ong)

Nel sito si trovano testimonianze sulle modalità e gli effetti dell'intervento israeliano nel villaggio. Questa per esempio.
03/08/2014
Questa notte l’esercito israeliano si è ritirato dal villaggio di Um Al Nasser. Gli abitanti hanno cominciato a rientrare, ma parte delle case sono state demolite. Il sindaco Abu Tarek ci conferma che i danni sono ingentissimi: edifici pubblici, acquedotto, elettricità, strade. Fortunatamente non si ha ad ora notizia di vittime nella comunità. Il municipio è tra gli edifici pubblici risparmiati, e da lì s’intendono coordinare i servizi di assistenza. La priorità è cibo e acqua. Tra le case demolite, risulta anche quella della famiglia del sindaco, posta nell’erea centrale. Appare che le demolizioni siano avvenute in maniera mirata, utilizzando delle ruspe blindate. Un problema gravissimo è ora costituito dagli sciacalli che, approfittando dell’assenza dei proprietari, e del vuoto di potere, depredano le case. E’ la ragione che ha spinto la maggioranza degli abitanti del villaggio a tornare non appena giunta la notizia del ritiro, nonostante la zona sia ancora pericolosa. Non esiste più polizia, servizi e il Ministero dell’interno è stato distrutto. Gli ospedali sono al collasso. Chi possiede un’arma può usarla a piacimento, quindi, sostiene il sindaco, il pericolo per i civili è in queste ore massimo.

Ecco infine la testimonianza più recente di Rossi, presidente dell'Ong responsabile del progetto, che è andato a visitare la "Terra dei Bambini" subito dopo l'annuncio della tregua, cui segue il link del video da lui girato.
30 agosto 2014 – Um al Nasser, Gaza Strip
Sì, l’asilo è un mucchio di macerie. S’intravedono i nostri preziosi libri, i giochi didattici, il guscio di un laptop con l’insegna Vento di Terra. C’è molto di noi in questi rottami e se ti soffermi troppo ti giunge come uno schiaffo la voce della memoria, il giorno dell’inaugurazione, la mia inutile lagnanza allo staff perchè i bambù della fitodepurazione erano troppo radi… Ora al posto della grande cisterna c’è un cratere, perchè dopo l’accurato lavoro di spianatura con i bulldozer, l’esercito israeliano ha ritenuto centrare quello che un tempo era il cortile con un razzo da un F35… I frammenti hanno colpito le case vicine e ferito un bimbo che un tempo frequentava l’asilo, Mahmud di 6 anni. Ci aggiriamo sgomenti cercando di fissare nella mente gli archi in legno e i tetti sagomati che tante volte avevamo accarezzato con lo sguardo. Siamo qui con le maestre, molte delle quali non avevano avuto sin ora il coraggio di tornare… Ci accompagnano i bimbi, quegli stessi che per 3 anni avevano potuto sognare d’essere come tutti gli altri. Anche noi avevamo sognato. Avevamo sognato che il centro con la bandiera d’Italia e l’insegna della Unione Europea li avrebbe difesi… Così non è stato…
I bimbi ci accompagnano e raccolgono disegni, pagine strappate dei nostri libri, i manifestini che pubblicizzano il nostro sportello pediatrico. Lo sportello pediatrico: l’eccellenza della Terra dei bambini, in funzione da appena un anno. Ci accompagna la coordinatrice della mensa, della quale non pare essere rimasto nulla.
Ma la guerra è passata con il suo carico di distruzione e morte e bisogna pensare al futuro. Allo staff è molto piaciuto il nostro slogan “la Terra dei bambini vive!!”, ma in questo momento non sento di ripeterlo, suona falso. Ma è necessario rivolgere la mente al futuro, evitare di farsi risucchiare nell’abisso della rassegnazione. e queste donne, che mi ripetono “i palestinesi sono un popolo forte”, lo sanno. Hanno deciso di riaprire l’asilo in una sede provvisoria tra dieci giorni. Già le madri ci seguono per iscrivere i figli; la comunità si muove, Giungono proposte e tante richieste. Mille abitanti del villaggio sono ancora nella scuola dell’Unrwa di Beit Hanoun. Sono quelli che hanno perso la casa. è necessario organizzare un trasporto, perchè anche i loro bimbi hanno diritto a frequentare. Non so come, ma ce la faremo… Giunge una madre e ci chiede se apriremo. “Certo” risponde sicura F, la nostra coordinatrice, “Hanno distrutto i muri, ma non il progetto… Siamo ancora qui”.
Si, è vero: “La terra dei bambini vive!!” (Massimo Annibale Rossi, presidente Vento di Terra)
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Sulla vicenda della scuola parlamentari di SEL e del M5S hanno presentato interrogazioni chiedendo al ministro degli Esteri se e in che modo Israele abbia reso conto del proprio operato al governo italiano, interrogazioni a cui il governo si è ben guardato dal rispondere. Una deputata grillista, Spadoni, ha tentato di superare l'ostruzionismo del gabinetto Renzi, presentando, in occasione del voto sul rifinanziamento delle missioni militari italiane, una mozione che impegna l'esecutivo a chiedere un risarcimento ad Israele per la scuola abbattuta. Il sottosegretario d'aula si è detto disposto, a nome del governo, ad accogliere la mozione se la proponente avesse sostituito nel testo “richiesta di risarcimento” con “richiesta di informazioni”. Si può vedere nel link che segue la sdegnata risposta di Spadoni. (S.L.L.)


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