28.6.14

Eros e poesia. Le approssimazioni di Pasquandrea (S.L.L. - micropolis giugno 2014)

Poeta audace e consapevole, Sergio Pasquandrea, insegnante a Perugia, si presenta con un libretto di modeste dimensioni ma non privo di orgoglio poetico e corredato da poche, belle illustrazioni di Michele Neglia: Approssimazioni (Edizioni Pietre Vive). Il terreno scelto da Pasquandrea per il cimento è improbo e scivoloso, l'eros, e, quasi a rendere la sfida più impegnativa e rischiosa, egli ha scelto di inserire i “pezzi” in una struttura compositiva tra il saggistico e il narrativo che ha modelli illustri quali il Canzoniere del Petrarca o i Colloqui del Gozzano; qui tuttavia quello che dall'uno veniva rimosso o celato, dall'altro neutralizzato attraverso l'ironia, viene direttamente affrontato e dichiarato nella nota introduttiva, di “poetica”, che è parte integrante del libro.
Nelle Considerazioni sul sesso e sul riso Italo Calvino spiegava come “la spessa corazza simbolica sotto cui l'eros si nasconde non è altro che un sistema di schermi coscienti o incoscienti che separano il desiderio dalla sua rappresentazione”. Pasquandrea, nelle sezioni del suo “romanzo” – tre come nei Colloqui - denominate “poetica”, “mantica” e “semantica”, descrive il tentativo di porre fine alla separazione di cui Calvino discorre: disegna cioè un tracciato “dalla mente al corpo, dal mondo immateriale della pagina a quello sensoriale della carne”, che non è tuttavia un percorso lineare, ma una serie di approssimazioni – appunto – cui sovente corrispondono degli allontanamenti.
In questo gioco di avvicinamenti e prese di distanza determinanti sono i passaggi:“Troppo d'importante accade sulla soglia” (Al buio) - dichiara Pasquandrea in un incipit che ci ricorda una riflessione di Walter Benjamin sulle soglie “da cui amanti e amici si succhiano le ultime forze” e sulla povertà nel Moderno di esperienze della soglia: “L'addormentarsi è forse l'unica che ci è rimasta. (Ma con questa anche il risveglio). E, in definitiva, attraverso delle soglie, come il mutamento di figure nel sogno, anche il su e giù della conversazione e dello scambio sessuale proprio dell'amore”.
Nella prima parte l'intenzione prevalente è prendere le misure all'eros attraverso l'astrazione matematica: “le scale e le quantità” e la “regolazione dei contrasti”. Nella sezione “mantica” è l'attività oracolare, interpretativa e predittiva, a dominare, ma ci si ferma in limine, prima cioè di conoscere fino in fondo “l'esatta misura del collasso” (Verso la fine), prima dell'“attimo /troppo luminoso per fissarlo a lungo” (Passing by). Il linguaggio, del resto, oltre ad essere fine e mezzo dell'eros, risulta anche impedimento: “fra le tue cosce e le mie era tutto un ruvido di metafore” (Prima del bene). Nella terza parte il contatto diretto con la carne, suprema approssimazione alla “verità” dell'eros, è fonte di deprimenti scoperte (“il cuore …. è roba dura da masticare”). Qui il desiderio cerca parole dappertutto, ancora nella matematica o anche nell'anatomia, senza dimenticare la botanica: un moltiplicarsi di approcci che significa un impasse.
C'è poi una “provvisoria conclusione”, un'unica poesia il cui titolo emblematico, “Nomina nuda”, ci riporta al medievale dibattito sugli “universali” e a Umberto Eco che ne trasse spunto per dar nome e, in parte, sostanza a un suo fortunato romanzo. Alla domanda “che cosa resta dell'eros” Pasquandrea sembra dare una risposta proustiana: i nomi svaniscono e le cose rimangono cose, se si arrendono alla bellezza, gli odori tuttavia sfidano il tempo, giustificano il silenzio e danno ad esso significato. Siamo “di fronte alla verità”? Non è detto; già in premessa l'autore, nel poscritto della nota introduttiva, aveva gettato una sinistra luce di ambiguità su questa conclusione, alludendo a una citazione di Borges che chiamava “segreta” sul nesso tra verità e finzione: era ovviamente un segreto di Pulcinella, o, più esattamente, “un segreto che non si può tener segreto” giacché questa è la natura dell'eros, intimamente legato alla parola.
Questa mi pare la trama delle Approssimazioni, questo il suo intreccio; il che – ovviamente – non esaurisce le possibilità di lettura. Io, per esempio, tra le qualità dell'autore ho apprezzato la sua capacità di produrre attacchi memorabili. Eccone qualche esempio: “Ti penso di profilo” (Cameo); “Sarà un sintomo certo/ (ma di cosa?)” (Economia dei ricordi); “Le vertebre cervicali sono più precise di un barometro” (Bollettino).
Ci sono poi alcune singole poesie che a me paiono davvero belle a prescindere dal contesto in cui sono collocate, dalla struttura che forse le ha generate: le Quattro quartine, Verso la fine, il Cameo, l'Attesa, Passing by, L'amore d'inverno, per esempio. Una lirica in particolare non esito a definire un capolavoro, piccolo forse ma capolavoro. Si intitola Oniromanzia e ci riconduce al discorso di Benjamin sulle soglie e sui sogni. Ne cito qui solo la splendida conclusione: “sai nei sogni a volte succede si raggiunge/ la felicità la si trattiene/ anche con un po' di violenza se proprio/ è necessario”. 

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