26.5.14

"Ave puttana". L'Elogio della prostituzione di Italo Tavolato (1913)

Tra i centenari di quest'anno quattordici è bene non scordarsi del processo alla rivista “Lacerba” e al suo redattore Italo Tavolato, impropriamente chiamato “processo ai futuristi”. La rivista nasceva da una costola de “La Voce”: Papini, che se n'era separato, era ora provvisoriamente alleato di Marinetti e dei suoi futuristi, il che faceva del periodico una fabbrica di provocazioni artistiche, politiche, etiche. La vicenda del processo fu ricostruita da Sebastiano Vassalli con molta verve in un suo romanzo-saggio del 1986, L'alcova elettrica, che Einaudi non ristampò più (per la ristampa con un nuovo quasi sconosciuto editore bisognerà attendere il 2009). 
 Tavolato, giovane triestino studente a Firenze, nietzchiano esagitato, aveva già pubblicato nel febbraio del 1913 sul n.3 di “Lacerba”, un articolo Contro la morale sessuale. Ma la provocazione non era bastata, per cui sul n.9 del 1° maggio 1913 si produsse in una nuova performance, un lungo Elogio della prostituzione. Prima una lunga discettazione sull'utilità dell'istituzione e sul prestigio che viene dalla durata: “La puttana resta. Varia di stile; diventa mondana, da sacra che era; si chiama etèra; entra nel ditterione; fa la cortigiana; vien confinata nella maison de tolérance; si muta in bagascia, mantenuta, donna allegra, donna perduta, farfallina, cocotte; la trovi per istrada e nei palazzi, nei lupanari, nei bordelli, nei casini, nelle case di ricreazione muta di stile, d'abito; l'essenza resta: la puttana è eterna”. E sul finire un lirico elogio della prostituta, testo di rara comicità involontaria, che è il brano qui postato. Secondo Vassalli Tavolato “è un personaggio libresco, un don Chisciotte che muove all' assalto di mulini a vento ideologici tenendo a propria Dulcinea... Papini”. 
L'alcova elettrica, dopo una ricognizione su ambienti e personaggi fiorentini, letterati e giudici, preti e tenutarie, artisti e mercanti, grandi dame ed avvocati, riprende per intero l'articolo di Tavolato come “corpo del reato” ed è centrato sul processo che si svolse nel 1914, l'anno di Sarajevo. Il procuratore del Re assimila l'Elogio a un testo pornografico, atto a suscitare e ad eccitare istinti lussuriosi. L'avvocato difensore, tal Contri, dovrà dar fondo a tutta la sua dottrina per confutare e ribaltare la tesi. Alla fine ci sarà l'assoluzione con applausi futuristi. 
Il Tavolato dopo la guerra farà una gran carriera, diventerà un agente dell'OVRA, la polizia segreta fascista, con compiti di spionagglio e di provocazione tra gli intellettuali oppositori del regime. (S.L.L.)

SALVE, sincera puttana! Sei tipo. Sfotti l'opinione pubblica e l'approvazione della società. Non metti in compromesso i tuoi caratteri con cristallizzazioni ideali. Oh tu, fiore di verità!
eroica puttana! Tra gli scherni e i dileggi aspetti coraggiosa il tuo maschio. Osi l’esperimento. Finché un giorno egli arriva, e selvaggio, irrompe in te, per darti gioie tali, come la madre non le conosce.
formosissima puttana! tu lo sai quanto le carni del mestiere siano più belle delle maritate polpettone. Le vedi? — come, con sudata affettazione, si trascinano dietro i loro tafanari, onesti sì, ma grandi come case. E, sorgi tu laggiù, “quella vedova finestra, quell'eclissato sole, quello schifo, quel puzzo, quel sepolcro, quel cesso, quel mestruo, quella carogna, quella febbre quartana, quella estrema ingiuria e torto di natura”, quella virtuosa zitella, insomma? Ha una funzione: d'incorare te, puttana, a persistere nel peccato. Quante più ti sprofondi nel vizio, tanto più bella risorgi.
comoda puttana! Ci risparmi la grande svergognatezza della dichiarazione d'amore. Con te, le nostre labbra non sfiorano l’amaro calice delle convenzionali finzioni amorose. Con te finisce la tragicommedia dell’amore galante e cavalleresco, tutto lezi e sdolcinature, indegno dell'uomo. Non ci fai perder tempo e non ci leghi. Intensifichi la nostra vita, cara puttana!
impudica puttana! Non hai mangiato la mela della morale, non temi, perciocché sei ignuda. Mostri tutto, anche le parolacce. Dai capelli alle piante dei piedi, non c’è zona del tuo corpo ove tu abbia localizzato la vergogna. Da te è sloggiato il pudore, la paura del corpo. Perciò ami la pulizia, perciò sei ricca di gesti e di colori.
lontana puttana! Sogna, sogna l'impossibile, il tuo perfetto complemento! Lo sappiamo: quando parliamo a te, parliamo a noi. Puttana, la tua assenza ci arricchisce: aumenta la coscienza di noi stessi. A che valgono le barriere moralità, religione, nobiltà d'animo, dignità, contegno, entro cui si chiudono le donne perbene? Invitano la libidine a salti acrobatici. La tua costante infedeltà, invece, ci dimostra l'inesistenza dell'amor idillico. È la tua monumentale assenza, muta puttana, che ci insegna la via verso casa nostra : verso il mondo delle idee.
stupida puttana ! Come son dolci le tue carezze ! Puttana, abisso d’incoscienza, caos d'illogicità, ti preferiamo alla donna saputina. Noi non ci cerchiamo in te. Ti avviciniamo per allontanarci, per essere maggiormente noi. — Come sai baciare! Fecondi l'uomo. Gli dai gioia! Quella gioia che è creatrice al pari del dolore.
artificiosa puttana ! Certi tristi scocciatori ti rimproverano il disonesto belletto, lo specchio, i pizzi, la seta, il taglio e il colore dell'abito. Sei innaturale e voluta. — E cosi sia. Anche il genio è voluto. — La natura manda peste e terremoti. Il perbenismo zoppica su piedi sudati, le unghie nere e i capelli appiccicaticci. Non è più rispettabile la puttana, lo “strumento del diavolo”, come dicevano i luminari della chiesa?
Spengetevi, lumicini. Sia anche la notte. E trionfi anche il diavolo, per il trionfo della vita. Salve, diavolo! Ave puttana

Lacerba, 1° maggio 1913

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