13.4.14

Freud. Con Aronne contro Mosé (Giulio Carlo Argan)

Per i 40 anni dalla morte di Sigmund Freud "L'Europeo" raccolse, in una sorta di "dossier" vari interventi e testimonianze. Tra gli altri questo, dello storico dell'arte Giulio Carlo Argan, all'epoca sindaco di Roma. (S.L.L.)
Avendo scoperto l'inconscio, Freud è morto proprio quando, con la guerra, la libido distruttiva, liberata, scuoteva le strutture del mondo. Le coincidenze non hanno significati storici occulti, la storia è l'opposto dell'occulto. Nell'ordine del destino, però, ha un senso che Freud abbia vissuto l'incipiente tragedia della guerra con quella della propria malattia. Sapeva che la persecuzione degli ebrei sarebbe finita in genocidio: come Thomas Mann sentiva che il ciclo storico si chiudeva perché gli uomini cacciavano Dio dal mondo come, al principio, Dio aveva cacciato gli uomini dal Paradiso Terrestre. Finendo il divino, che appartiene alla coscienza, si scatenava il sacro: invano aveva cercato di tener separati i due elementi affinché, toccandosi, non deflagrassero. L'oggetto del suo pensiero era Mosè: aspettava impaziente la pubblicazione del libro. Perché uscisse prima della sua morte o prima dello scoppio della guerra? Mosè era in rapporto col sacro, la mitologia del profondo; Aronne era l'uomo del divino, che traduceva il messaggio in discorso, parlava col popolo. Dunque bisognava demitizzare Mosè, storicizzarlo: anche lui, Freud, aveva voluto nascondere la faccia del mostro che aveva scoperto, essere nient'altro che un medico. Eppure anche lui, come il suo Mosè, aveva dovuto lasciare la patria per trovare nell'esilio la terra promessa. Terra promessa come diaspora: anche questo era un ciclo che si chiudeva.
A Mosè era arrivato da Michelangelo: lo aveva sempre attratto l'arte figurativa, pensiero in immagine, senza parole. E prima aveva studiato Leonardo, la presunta origine del suo inconscio biologico e psicologico legato al dinamismo occulto dei moti palesi. Al contrario, Michelangelo era il super-ego, l'uomo dell'oltre-storia e oltre-natura, la salita al divino attraverso la consunzione della materia e la rinuncia alla forma-parola. Quel che con la guerra finiva era il mondo della ragione, dell'ego, della parola. Forse Freud, al principio della guerra, provò qualcosa di non molto dissimile da quel che dovette provare Einstein quando la guerra finì con la bomba atomica.

"L'Europeo", 20 settembre 1979

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