17.9.13

Chi è veramente Giorgio Napolitano (di Rino Genovese)

Giorgio Napolitano non è mai stato quel socialista europeo dentro il Pci berlingueriano che egli riteneva di essere. E stato piuttosto, con tutta la corrente cosiddetta "migliorista", l'uomo di un accordo con Craxi. Il quale, a sua volta, neppure lui era il socialista europeo che diceva di essere - in concorrenza a sinistra con un Pci troppo forte, che sarebbe stato il caso, a suo parere, di "ridurre". Come in uno strano gioco di maschere, nessuno era ciò per cui si presentava e per cui voleva essere considerato. Le maschere, alla fine, come si sa, si sono liquefatte con Tangentopoli (e la corrente "migliorista" - soprattutto quella milanese - pagò il suo prezzo).
Oggi il giudizio sul periodo craxiano è impietoso: il segretario del Psi condusse il più antico partito italiano allo sfacelo perché preso da una libidine del potere (e del denaro che ne derivava) che si esprimeva in un gioco angusto di alleanza e rivalità con la De. Napolitano e i suoi o non capirono nulla o ambirono a essere parte di quel gioco. Non necessariamente per smania di potere (e di soldi), anche soltanto per inserirsi nell'area governativa con in mente l'idea che il Pci non dovesse chiudersi in se stesso. In altre parole, i "miglioristi" furono soltanto degli emuli di Craxi. Cosi — con un'operazione che parve sbagliata anche a molti all'interno del Pci - il presidente del gruppo comunista alla Camera, Napolitano appunto, decise per il "no" all'impeachment di Andreotti in aula. Correvano gli anni ottanta del Novecento. La deriva del Caf poteva essere arrestata se Andreotti fosse finito sotto processo prima e non dopo Tangentopoli.
Napolitano evitò quella mossa per via di una "naturale" tendenza derivantegli da una mentalità togliattiana incline al compromesso. Voglio essere chiaro su questo punto: in politica i compromessi si fanno, in certi casi si devono fare. Ma una cosa fu il governo Badoglio sostenuto da Togliatti in un quadro politico e di guerra determinato, un'altra sono i compromessi fatti all'unico scopo di non disturbare troppo i "manovratori" - a quei tempi Craxi e Andreotti - con obiettivi, neanche si sa bene quali, comunque di piccolo cabotaggio magari sotto una retorica di apparente "salvezza della patria".
In realtà - la storia italiana dovrà pienamente riconoscerlo un giorno — quello più vicino al socialismo europeo all'interno del Pci fu proprio Berlinguer che, a un certo punto, se ne uscì con la proposta dell'eurocomunismo: una proposta molto imperfetta, per molti versi impraticabile (se si pensa ai partiti comunisti francese o spagnolo), che però collocava il Pci come interlocutore privilegiato delle socialdemocrazie europee. E Berlinguer fu più "eurosocialista" proprio nell'ultima fase - criticata a suo tempo da Napolitano -, quando, lasciata da parte la fallimentare strategia di collaborazione con la De, lanciò la linea dell'«alternativa democratica», che altro non era, in fondo, se non quella di un'alternanza come nel resto d'Europa tra forze conservatrici o moderate e forze socialiste o progressiste. Ciò che mancò a Berlinguer fu la risolutezza nel seguire questa strada, che avrebbe comportato un taglio netto con l'Unione Sovietica e probabilmente una scissione nel partito con l'uscita della componente cossuttiana.
Napolitano è insomma, per riprendere il filo, l'uomo del compromesso per il compromesso, con un occhio attento alla politique politicienne e l'altro chiuso su ciò che si muove nel paese. Non sorprendono, allora, i suoi "errori" (che a lui parranno piuttosto dei meriti), e nemmeno il fatto di essere da sempre un riformista privo della benché minima riforma - a parte quella dell'invenzione dei centri di "detenzione" transitoria per i poveri immigrati clandestini, introdotta quando era ministro dell'interno (la famosa legge Turco-Napolitano). Anche durante il primo mandato da presidente della Repubblica le ombre sono state parecchie: da ultimo, pochi giorni prima della scadenza poi non scaduta, la grazia concessa all'ufficiale della Cia responsabile del rapimento di Abu Omar.
Ma certo il capolavoro di Napolitano - esempio di cecità circa le sorti della democrazia in un'Italia già sottoposta a stress dalla perdurante presenza dei populismi e dall'ingombrante leadership berlusconiana su uno di essi - è stata tutta l'operazione che ha condotto alla sua seconda presidenza e al governo Letta. Tanto valeva che egli si limitasse a dichiarare di fronte al paese che bisognava tenere inserito il "pilota automatico" europeo, quello di Draghi (e anche di Monti). Una guida politica infatti a che serve se è ricerca del compromesso insensato, se arriva a coltivare l'idea di riforme costituzionali con un nemico della Costituzione come Berlusconi?

“Il Ponte”, Anno LIX, n.7 luglio 2013

Nessun commento:

statistiche