28.9.13

Affari di cuore. La morte del cardiologo e i ben informati (S.L.L.)

Un cardiologo originario del mio paese, figlio e nipote di medici – ricca propaggine professionistico-proprietaria di una nobile schiatta isolana – si suicidò nella importante città siciliana ove si era trasferito ad esercitare valorosamente la sua professione. In paese se ne rammentavano giovanili avventure, ma pochi erano i ben informati degli accadimenti recenti della sua vita.
Al circolo si avanzarono, in ogni caso, alcune ipotesi.
La prima: aveva il vizio del gioco ed era finito in chissà quali giri di usura. I ben informati esclusero drasticamente: era un vizio controllato, non perdeva abbastanza da intaccare i beni di famiglia.
La seconda: aveva un cancro inguaribile e non voleva affrontare cure e sofferenze. Ma anche questa voce era smentita seccamente da chi sapeva.
Restava la terza ipotesi. Gelosia incontrollata e autolesionistica. Qualcuno del circolo ricordava voci su un giovanile tentativo di suicidio, originato dalle disinvolture della giovane farmacista che sarebbe poi diventata sua moglie. Tutto allora sembrava cospirare per il loro matrimonio: l’una e l’altro belli, ricchi, amanti del lusso e delle auto veloci. E per di più, sposandosi, avrebbero ricostituito un patrimonio ch’era stato smembrato (il come e perché sarebbe complicato da raccontare). 
Si erano sposati, avevano cambiato città, avevano fatto figli, ma forse lui non aveva mai districato quello “gliommaro” di passioni che ne possedeva l’anima.
I soliti ben informati ridicolizzavano anche questa romantica teoria: “Macché geloso. Lei s’era proprio incartapecorita. Orribile, anche per gli interventi di chirurgia estetica, troppi. Se voleva ammazzarsi per i tradimenti della farmacista doveva farlo quindici, vent’anni fa, non adesso”. 
Io questo argomentare non lo trovavo affatto convincente. Il poveruomo avrebbe potuto fare senza una grinza il ragionamento opposto: “Finché riusciva a mantenere una qualche avvenenza potevo accettare il tradimento. Ma che continui a far la civetta ora che è invecchiata, ora che s'è imbruttita, ora che potrebbe pensare solo a me, non lo sopporto”. E allora giù. Giù. Giù.

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