31.7.13

Cécile Kyenge e le foglie di fico. "Siamo tutti orangutan" (S.L.L.)

Un paio di settimane fa, l’ex ministro Calderoli, riprendendo vecchie abitudini in verità mai abbandonate, ha dichiarato in un comizio che la ministra nera per l’integrazione, Cécile Kyenge, rassomiglia a un orangutan. Il sostrato razzista e l’intento offensivo dell’atto sono evidenti e resi indiscutibili dal collegamento con una campagna di gravi minacce dirette alla ministra, che fa saltare ogni alibi sulla “scherzosità” della sudicia esternazione.
La solidarietà con la Kyenge, pertanto, è doverosa e incondizionata. Questo non deve tuttavia oscurare la sostanziale inconcludenza del “governo delle intese” sui temi della immigrazione, nonostante le buone intenzioni e le apprezzabili dichiarazioni della ministra. Si ragiona, tra mille distinguo e prevedibili sabotaggi, di una legge sulla cittadinanza che privilegi lo “ius soli”, ma non si abolisce il reato di immigrazione clandestina la cui esistenza è, tra l’altro, causa del sovraffollamento carcerario, abolizione per cui basterebbe un solo articolo di legge. I CIE, intanto, continuano a somigliare a dei lager. Ad offendere la signora Kyenge, pertanto, non sono solo i leghisti alla Calderoli con i rigurgiti razzisti che alimentano, ma anche i suoi colleghi di governo, di maggioranza e di partito che la utilizzano come foglia di fico.
Ho visto su fb gruppi di solidarietà intitolati Io sono come Cécile Kyenge. Il titolo è una sorta di calco individualista dell’antico slogan “Siamo tutti ebrei polacchi”, con cui si manifestò in Francia la condanna del razzismo nazionalsocialista (purtroppo fu parola d’ordine estremamente minoritaria durante la guerra, usata solo durante l’eroica resistenza del ghetto di Varsavia; e tornò a risuonare dopo, a genocidio compiuto).
La stranezza sta nel fatto che nessuno osa dichiarare di sentirsi orangutan. C’è una specie di razzismo anche tra gli animali: nessuno si offende se gli dicono che è agile come una gazzella o che somiglia a una volpe. Invece il Calderoli ha potuto usare come una clava il nome di quel nostro parente, di una specie che non oso dire migliore o peggiore di noi, perché adotterei impropri criteri antropocentrici, ma certamente meno distruttiva dell’homo sapiens. Io non voglio essere come Cécile Kyenge: non avrei piacere ad essere piddino e membro del governo Letta-Berlusconi; ma non ho alcuna difficoltà a dichiarare la mia somiglianza e simpateticità con il caro orango, fratello mio e di tutti gli umani.

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