30.1.13

La zarina e il principe consorte (S.L.L. - micropolis gennaio 2013)

I giornali di sabato 19 dicembre danno notizia del coinvolgimento dell’ex “governatrice” Lorenzetti in una indagine fiorentina, in quanto presidente di Italferr, la società del gruppo Fs che si occupa di lavori sulla rete ferroviaria, al cui vertice si è insediata nell’agosto del 2010, sotto il governo Berlusconi, pochi mesi dopo la fine del suo mandato in Umbria. La Lorenzetti sarebbe fondatrice di una associazione criminale nata nel marzo del 2012 con lo scopo di trarre vantaggi dalla costruzione del tunnel ferroviario di Firenze. I reati ipotizzati sono abuso di ufficio, corruzione e complicità in un illegale smaltimento di rifiuti inquinati. A dare risalto al fatto non sono stati solo i quotidiani a diffusione regionale umbra o toscana; ampio spazio anche sul “Fatto quotidiano”, sotto il titolo La Zarina Rossa tra coop e cemento.
Di questa e altre indagini si sapeva già qualcosa, ora i giornali si effondono in particolari, parlano di pedinamenti e intercettazioni, citano atti giudiziari. Non ci sarebbero “dazioni” di denaro: la Lorenzetti avrebbe favorito il consorzio dei costruttori (Nodavia, capeggiato da una grossa cooperativa, la Coopsette) a scapito dei costi dell’appalto e dell’ambiente, in cambio di incarichi di progettazione affidati allo studio del marito architetto (Cooperstudio). Il particolare non meraviglia troppo i cittadini umbri. Era vox populi, durante la ricostruzione post-terremoto, la congettura che i progetti riconducibili al principe-consorte, tal Domenico, godessero di una corsia privilegiata, ma la cosa non acquistò rilevanza politica o giudiziaria.
Da garantisti non crediamo alle dicerie e presumiamo veridiche le proclamazioni di innocenza della politicante di Foligno: magari le commesse alla Cooperstudio non vi sono o sono indipendenti dal ruolo della “zarina”, che comunque non ha dato nulla in cambio. Il problema, però, non è di legalità formale, ma di politica, e presenta due facce: la centralità dell’industria edilizia e dei cosiddetti grandi lavori (a scapito della manutenzione di reti disastrate) nel modello di sviluppo e il fallimento delle normative che nella “seconda repubblica” promettevano di sconfiggere la corruzione, attraverso semiprivatizzazioni e “spezzatini”, che al contrario hanno favorito torbidi intrecci pubblico-privato e conflitti di interesse. In verità quello che chiamiamo “berlusconismo” non è prerogativa del cavaliere: egli ha certamente incoraggiato il malcostume che fa ritenere leciti tutti i comportamenti politici non sanzionati dalla legislazione penale, ma l’infezione è più vasta. Il punto è: chi decide e come? Forse la famigerata P3 non è «anomalia», ma un modo frequente di funzionare del governo in Italia e altrove. Forse sempre più spesso a decidere sono gruppi di pressione, associazioni di imprese, cordate e lobby. Perfino le mafie, con la loro immensa cassaforte.

Non firmato nella rubrica "Il fatto"

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