25.1.13

C.E.L., "comunista, moderno, giovane, forse un po' rozzo" (Raniero Panzieri)


Chou En-lai con Mao Tse-tung a Yenan (1937)
I brani che seguono sono tratti dal diario inedito di un viaggio in Cina compiuto nel settembre-ottobre 1955 da Raniero Panzieri con una delegazione del Psi guidata da Pietro Nenni. Si tratta di appunti rigorosamente personali, rivelatori dello sguardo curioso, disinibito e anticipatore del grande intellettuale e politico socialista e marxista.
Raniero Panzieri


29 settembre, 17,30
Arrivo a Pechino. All'aeroporto, un numero eccezionale di personalità, incalcolabile per la novità delle facce e per la stanchezza del viaggio.
Bellissima strada dall'aeroporto alla città. Quasi a segnare l'identità dei due paesi, dovunque sono in costruzione come a Mosca grandi edifici. Entriamo nella vecchia città. Dovunque, è il mezzogiorno che ci attende. Folla animatissima, disordine, e piccole strade tra muretti alti che schiudono un cielo blu intenso.
Arriviamo sulla via della Pace celeste (gli interpreti dapprima ci dicono eterna, ad usum delphini!) La grande porta, già preparata per la celebrazione del I ottobre (anniversario della fondazione della Repubblica popolare cinese, n.d.r.).
E dovunque, bandiere rosse, vive nella loro straordinaria trasparenza contro il cielo. Tutto si accorda alla gioia straordinaria che è nel cuore. (Grande albergo, appartamento).
La sera stessa, ricevimento ufficiale del governo al corpo diplomatico e altri illustri ospiti. Non sono al tavolo centrale. Mi mettono a un tavolo vicino con il ministro e viceministro della Cultura, e un tipo strano, con molto fascino, membro della segreteria del com. pace, dai gusti raffinatissimi, silenzioso e irrequieto e con lo sguardo immobile ma vivo, malizioso quando guarda le donne, specie europee. Costui ci fa fare una ventina di ganbei con vini diversi, ma soprattutto con vino cinese di riso, buonissimo.
La sala enorme è colma di gente di ogni paese. Non riesco a togliermi dalla testa che questo paese è o almeno diventerà presto la chiave di volta del mondo.
Dopo i brindisi ufficiali con noiose traduzioni, passa tra i tavoli C.E.L. [Chou En-lai], brindando continuamente e gridando con voce estremamente rauca: à l'amitié. É una scena che non dimenticherò mai. Ha evidentemente una personalità fortissima, forse anche primitiva, a contrasto con la maggioranza degli altri dirigenti presenti. Le donne della nostra delegazione già mi hanno dichiarato di essere disposte a tutto con lui.

30 settembre.
Invito per la colazione da C.E.L. Quasi quattro ore di conversazione, anche durante il pranzo, con brindisi finalmente ragionevoli. Credevo che dovessero diventare la parte sgradevole di questo viaggio straordina¬rio.
C. interviene nella conversazione! Inizio sgradevole per noi. C.E.L. fa capire a N. [Nenni] molto chiaramente che la sua missione è ambigua. Prende le cose alla larga, per dimostrare la reale posizione della Cina, la sua forza, la sua spregiudicatezza, e soprattutto, che può aspettare. Rievoca la «lunga marcia», gli episodi più eroici e più cruenti. A un certo momento tira in ballo uno dei vice-premier presenti (l'unico in abito europeo), uno dei più valorosi generali della Liberazione, chiamandolo a testimonio di un grande episodio di guerra, con il quale furono distrutti in un solo giorno centomila nemici.
A questi ricordi sbotta sempre in clamorose risate. Ma non è né primitivo né sadico. É assolutamente naturale. É un grande capo comunista, moderno, giovane, forse un po' rozzo, che vive la rivoluzione. Ed ha un preciso scopo politico: far capire a N. che alla Cina importa assai relativamente il riconoscimento dell'Italia, che la Cina può aspettare, che è vigile contro ogni minaccia di complotto. Fa dell'ironia sulle proposte italiane: dopo le diverse soluzioni della questione diplomatica date dall'Inghilterra, dai paesi nordici, dagli Usa, se ne dovrebbe inventare una nuova proprio per l'Italia? E ci fa su una cordialissima risata. Del resto l'incaricato d'affari d'Inghilterra poiché non è ambasciatore deve sempre nelle occasioni ufficiali comparire alla fine. Quale occasione per l'Italia di mandare un suo ambasciatore davanti al chargé inglese! E qui un'altra risata ancora più lunga. É del resto di una compitezza assoluta, e direi anche cordiale, confidenziale. Ed è di una semplicità formidabile. Tuttavia fa pensare in qualche modo a una formazione marxista un po' estrinseca. Nonostante le apparenze, il suo forte è la diplomazia, e lo si capisce quando parla degli altri paesi e degli altri ministri degli Esteri (Dulles).
N. ci fa una figura meschina. Continua a esporre il punto di vista del governo italiano, nonostante le interruzioni e il palese disprezzo di C.E.L. per delle argomentazioni ridicole.

La sera festa della luna.
Cena in un ristorante caratteristico e giro in barca al lago del Palazzo d'Estate. Giovani comuniste e canzoni popolari cinesi. La semplicità in cui si realizza l'emancipazione della donna presso la gioventù è incredibile. Questa semplicità è anche integrità della tradizione rispetto all'«Occidente». Anche quando cantano le canzoni rivoluzionarie degli altri paesi non c'è nulla che sia internazionalismo livellato, conformista, così come non c'è mai nulla in questa gioventù di tracotante, di nazionalistico.

Da Appunti di un viaggio in Cina, in L’alternativa socialista. Scritti scelti 1944-56, a cura di Stefano Merli, Einaudi, 1982

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