16.1.13

Agostino Gemelli, il frate che fondò l'Università Cattolica (Nicola Tranfaglia)

Di Agostino Gemelli (1878-1959), psicologo e frate francescano, si ricordano sovente le grandi qualità di organizzatore della cultura, che ne fecero il costruttore dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Di recente a questo ricordo positivo se ne affianca uno negativo: non comprese la "santità" di Padre Pio, lo ritenne un falsario, spietatamente lo perseguitò, anche utilizzando il suo ascendente su cardinali e papi. 
Generalmente si omette che, seppure in modo diverso, Gemelli e Forgione si ricollegavano entrambi al Medioevo e  che ambedue simpatizzarono per il fascismo, con forti agganci a livello locale (il ras Crollalanza) il frate delle stimmate, con un rapporto diretto con Mussolini il francescano intellettuale. Questo vecchio articolo-recensione di Tranfaglia aiuta a ristabilire alcune semplici verità. (S.L.L.)

Durante il procedimento di epurazione intentato dall' Istituto lombardo di Scienze e Lettere nel settembre 1945, padre Agostino Gemelli, fondatore e rettore dell' Università Cattolica del Sacro Cuore e senza dubbio uno dei politici e degli intellettuali cattolici più compromessi con la dittatura, ammise di essere stato vicino a Mussolini e quasi di somigliargli.
"Siamo stati figli dello stesso tempo", scrisse nel suo memoriale di difesa. "C' è qualcosa di comune anche nelle nostre esperienze giovanili, e magari lo stesso temperamento burrascoso e polemico. Positivista io, positivista lui. Socialista io, ai tempi della mia giovinezza, e socialista lui: non so chi dei due abbia tradito di più il socialismo, io col mio francescanesimo, lui col suo fascismo".
Ma ad analizzare oggi, attraverso i documenti e le testimonianze che via via emergono dal passato, la personalità e il ruolo di padre Gemelli (come ha fatto in modo intelligente e documentato non un storico, ma il medico-filosofo Giorgio Cosmacini nell' ampia biografia pubblicata da Rizzoli), si giunge necessariamente a un' immagine più complessa e più contraddittoria di quella che il francescano avrebbe voluto trasmetterci. Questo spiega meglio il ritardo e le difficoltà che hanno avuto gli storici di professione ad occuparsene: a cominciare dai cattolici, costretti a fare i conti con una pagina ormai rimossa. Ma occorre dire che anche la storiografia di tradizione antifascista, dopo le polemiche (per molti versi sacrosante) di Ernesto Rossi e di Richard Webster, è rimasta lontana da questi nodi.
Eppure la vicenda di padre Agostino Gemelli racchiude al suo interno temi e momenti che permettono di comprendere, quasi riassunti in una storia personale, le contraddizioni della cultura cattolica dominante, nel suo incontro con lo Stato autoritario, con il tentativo di una restaurazione medievalista avversa a ogni forma di cultura moderna, persino con l' antisemitismo più o meno palese. Nato nel 1878 da una famiglia di agricoltori lombardi, Edoardo Gemelli (diventerà Agostino solo quando indosserà la tonaca di frate) ha una giovinezza di materialista e libero pensatore legata anche alle tradizioni familiari. Ammira Robespierre e la Rivoluzione francese, è affascinato da Anna Kuliscioff, collabora al giornale socialista “La Plebe”. Studente di medicina all' Università di Pavia, si fa espellere per "mancanze gravi" prima della laurea, ma rivela subito un talento scientifico indiscutibile e si allontana rapidamente dal socialismo e dal materialismo.
Come molti altri giovani che lasciano delusi il nuovo partito, Gemelli ha una crisi politica che in lui si colora di accenti religiosi. "Ci siamo dovuti accorgere", dirà anni dopo, "che proprio i problemi più importanti, i massimi problemi, la scienza o li lascia insoluti, ovvero li risolve in guisa da negare l'esistenza dei problemi stessi". In poco più di un anno, lascia il positivismo per il cattolicesimo, il socialismo per l' impegno della prima Democrazia Cristiana; ma continua a pubblicare studi medici e scientifici. La scelta di indossare la tonaca gli costa la rottura, una rottura assai dolorosa, con i familiari. Ma padre Agostino non torna indietro e si butta in una frenetica attività di organizzatore, di filosofo neotomista, di scienziato aperto alle innovazioni ma ferreamente ancorato ai dogmi della Chiesa. Dopo un periodo di ricerca che lo ha condotto vicino a possibili eresie, si fa promotore di una battaglia che sa apertamente di controriforma cattolica. Fondando nel 1914, con Vico Necchi e Francesco Olgiati, la rivista “Vita e pensiero”, dedica il primo editoriale a un tema che sarà centrale per l' incontro tra cattolicesimo e fascismo. L' articolo si intitola Medioevalismo e dice tra l' altro: "Noi ci sentiamo profondamente lontani, nemici anzi della cosiddetta coltura moderna, così povera di contenuto, così scintillante di false ricchezze tutte esteriori, sia che essa si pavoneggi nelle prolusioni universitarie o che, filantropica, scenda nelle Università popolari... Noi siamo medioevalisti, perché abbiamo compreso essere necessario che l'anima che ispira la coltura medioevale, proprio quell'anima, ma maturata, ispiri la nostra cultura".
Con il ritorno al Medioevo - o meglio a una certa immagine di maniera di quel periodo - Gemelli crea le premesse per un accordo stabile tra i vertici della Chiesa e il fascismo, basato sull'idea di una società ordinata gerarchicamente e caratterizzata da una monocultura egemone che privilegia sempre gli aspetti organici. Non a caso accetta ed esalta l'intervento in guerra del maggio 1915, è attratto dalla "rivoluzione" fascista e antibolscevica, fonda proprio in quegli anni, grazie all'aiuto congiunto del pontefice e dello Stato, l'Università Cattolica. E' divenuto frattanto professore di psicologia, ed è in questo campo che darà il maggior apporto scientifico e organizzativo negli anni della sua maturità. Un capitolo interessante, su cui si sofferma il libro di Cosmacini, è l'incontro-scontro con la psicoanalisi. Gemelli ne parla di rado e la ritiene nettamente incompatibile coi princìpi della sua cultura filosofica e scientifica. Del resto, all'origine dello studio della "vita oscura" (come il francescano la definisce) ci sono, ancora una volta, intellettuali ebrei. E questo per Agostino Gemelli non è un fatto trascurabile.
Nell'agosto 1924, aveva scritto su “Vita e Pensiero”: "Un ebreo, professore di scuole medie, gran filosofo, gran socialista, Felice Momigliano, è morto suicida... Se insieme con il Positivismo, il Socialismo, il libero Pensiero, e con il Momigliano, morissero tutti i Giudei che continuano l'opera dei Giudei che hanno crocifisso Nostro Signore, non è vero che al mondo si starebbe meglio? Sarebbe una liberazione...". E nel numero successivo, di fronte alle proteste di molti lettori, si era giustificato richiamando le "brutture che ogni giorno si vedono: sono ebrei che ci hanno regalato e diffuso il socialismo, il comunismo, la massoneria, il dominio delle banche e mille altre stregonerie di questo genere". Tra cui, appunto, la psicoanalisi di Sigmund Freud.
Nel tentare un giudizio complessivo su un uomo che ebbe senza dubbio, accanto a gravi difetti umani e a notevoli responsabilità politiche, meriti innegabili di organizzatore culturale, le difficoltà sono molte ancora oggi. Cosmacini, che mostra serenità ed equilibrio nel suo difficile lavoro di ricerca, tende a sottolineare la giusta battaglia di Gemelli contro la riduzione della psicologia a biologia, o contro l' opposta assimilazione, tentata dagli idealisti, della psicologia a scienza dello spirito. E ricorda come oggi - in un certo senso contro le intenzioni di Gemelli - l'Università Cattolica abbia una sua funzione nella cultura italiana contemporanea. Tutto questo sarà vero; ma a me pare che l' aspetto centrale (colto peraltro più volte dal biografo) sia stata la capacità di Gemelli di usare proprio i suoi studi, la psicologia, per un'opera di organizzazione del consenso, all'interno della Chiesa e nella società, di cui la dittatura fascista seppe servirsi a meraviglia.

“la Repubblica”, 22 marzo 1986

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