23.9.12

Clamoroso nel Veneto: Zaia contro l'economia del mattone (sm - Geograficamente)

Nel sito "Geograficamente" trovo una notizia che mi era sfuggita: il leghista Zaia, presidente della Regione Veneto a capo di una giunta di destra, ha annunciato l'intenzione di bloccare il consumo di territorio impedendo ogni nuova cementificazione. Il commento, firmato sm, è probabilmente di Sebastiano Malamocco, uno dei geografi che curano e alimentano in sito. Mi trova assolutamente d'accordo, sia nella denuncia del carattere opportunistico della scelta annunciata (in Veneto non si costruisce più a prescindere da Zaia) sia nel suggerimento dato ai riformatori di "prenderlo in parola" e di incalzarlo di modo che si possa passare da una dichiarazione d'intenti più o meno estemporanea ad una politica lungimirante.
Mi piacerebbe che una simile presa di posizione venisse dalla presidente Marini nella mia Umbria, dove ancora il ceto politico, quasi compattamente, non riesce a liberarsi dal connubio e dalle pastette con il cosiddetto "blocco delle tre C" (cavatori, cementieri, costruttori), specializzato nel consumo di territorio e nella distruzione del paesaggio. Mi piacerebbe che questa prospettiva fosse posta al centro della campagna elettorale regionale nella Sicilia delle mie origini e del mio cuore da Claudio Fava, insieme all'altra posta in evidenza dall'articolo: una radicale riforma di razionalizzazione territoriale che tagli gli artigli non solo ai cementificatori, ma anche alle clientele e alle mafie.(S.L.L.)
«Nel Veneto si è costruito troppo, non possiamo continuare così. È necessario fermarsi. Questo vale per i capannoni industriali, ma a maggior ragione per le abitazioni. Il tema è quello dell’archeologia residenziale, ancora più strisciante dei fabbricati industriali. È assurdo continuare ad approvare nuove lottizzazioni urbanistiche, quando esistono già abbastanza case per tutti. Piuttosto, diamo valore al recupero dei volumi esistenti». Questa dichiarazione rilasciata dal governatore del Veneto Luca Zaia a un giornalista (Daniele Ferrazza) il 18 agosto scorso, ha suscitato una certa eco ed interesse fra tutti quelli che vedono l’ipersviluppo edilizio come l’elemento caratterizzante degli ultimi trent’anni; anni che hanno reso questa regione urbanizzata in modo caotico, confuso, diffuso, lungo le strade.
In realtà lo sviluppo edilizio è fermo da più di due anni, e questo non per volontà politica di chi governa questa parte del Nordest, ma perché nessuno più compra case: né come propria abitazione (non ci sono i soldi e le banche concedono mutui solo se sicure del loro rientro), e neanche come elemento speculativo, di investimento, per chi i soldi ne ha molti ma non si fida più dell’investimento immobiliare.
Nonostante pertanto la dichiarazione di intenti del governatore veneto sia del tutto inutile nella realtà attuale di crisi, essa potrebbe significare l’inizio di un’attenzione al territorio nuova, foriera questa sì di forme di sviluppo basate sulla conservazione e ripristino ambientale. Dal primato dello sviluppo edilizio, del mattone, a quello della valorizzazione del paesaggio (e della riconversione delle aree degradate).
Scommessa non facile sostituire l’economia del “mattone” con quella del paesaggio: nuove forme di turismo diffuso, di investimenti nel recupero ambientale ed edilizio, nella messa a norma (sismica, della sicurezza elettrica, etc.) di edifici pubblici e privati… ebbene tutto questo richiede la capacità di “fare economia” trovando risorse (umane, intellettive, morali, finanziarie) che diano e creino ricchezza (anche monetaria). Un sistema di revisione della spesa pubblica e di risparmio generalizzato sui costi parassitari abnormi delle pubbliche amministrazioni (ricordate la nostra idea di mettere assieme i comuni, e ridurli negli apparati…?) potrebbe far sì che si trovino i soldi necessari per una politica di incentivazione e restauro ambientale. E di non aver più bisogno, da parte dei comuni, dei “maledetti” oneri di urbanizzazione per lottizzazioni e capannoni (ora da ridurre drasticamente).
Ma come fare a impedire nuovo “cemento”? e i cosiddetti “diritti acquisiti” a costruire di privati? E i grandi centri commerciali che continuano a sorgere come funghi? E Veneto City già approvata? E il Quadrante di Tessera? ….
Tutto questo richiede volontà politica chiara (speriamo che il governatore Zaia non ci deluda nei fatti…) e normative nuove da approvare al più presto (il Piano territoriale regionale di Coordinamento da approvare a breve è l’occasione giusta…). E bisogna fare una grande opera di persuasione; e far capire che non conviene nuovo cemento neanche a chi vanta diritti immobiliari acquisiti (trovare per loro soluzioni economiche più confacenti alla conservazione ambientale e lo stesso redditive)…. È pertanto necessario un lavoro capillare… una “rivoluzione culturale”, collaborare tutti abbandonando schematismi mentali e politici, riconoscendo fiducia e credibilità alle altre componenti sociali diverse dalla nostra (aprire così anche in questo campo l’ “epoca delle RIFORME”).
Ma come fare (in Veneto) con i 581 comuni che ci sono, che ciascuno autonomamente vanta il governo dell’urbanistica nel proprio territorio? Troppo difficile coordinare 581 Piani Territoriali (i vecchi piani regolatori)… E’ per questo che noi insistiamo sulla razionalizzazione dei comuni (ma il discorso vale per qualsiasi altre regione d’Italia), sul creare città di almeno 60.000 abitanti arrivando così ad avere in Veneto non più di un’ottantina di realtà amministrative: 80 CITTA’ (al posto appunto di 581 comuni).
Ma il problema di un nuovo assetto urbanistico, più razionale, più “bello a vedersi”, è legato anche alla risoluzione dello stato di abbandono che certi territori ora (in Veneto) vengono ad avere. Ad esempio pensiamo alla montagna e la mezza montagna, dove i cali agricoli (e di negativa assenza umana del territorio) più pronunciati sono collegati soprattutto all’abbandono nelle zone di montagna del prato-pascolo: dei 45 mila ettari andati perduti, ben 33 mila sono riferiti a questo abbandono. Mentre nelle altre aree rurali la superficie agricola è stata mantenuta dalle stesse aziende (ora l’agricoltura che va è solo quella ad alto reddito, come quella vitivinicola, o a certe forme ortofrutticole, o lattiero-casearie: tutto il resto è nel degrado). Insomma l’investimento sul paesaggio, sulle attività umane a tutela dell’ambiente, degli animali, delle risorse naturali (come l’acqua, l’asseto idrogeologico..) richiede la necessità di ritornare a presidiare, abitare, luoghi ora lasciati “a sé stessi”: come appunto è in Veneto la mezza montagna (cioè i territori tra la pianura iper-abitata e la montagna solo “turistica”).
Per dire che, partendo dalla fine dell’espansione del mattone annunciata da Zaia in Veneto, ce n’è tanto di lavoro “altro” da fare, non senza metterci entusiasmo e sinergie positive: di culture, professioni e umanità ciascuna peculiare che si incontra con le altre. (sm)

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