26.8.12

Lenin. Un uomo felice (di Arthur Ransome)

Arthur Ransome (1884-1967), inglese, fu giornalista, autore di libri per ragazzi, studioso del folklore russo e baltico. Dopo la Rivoluzione d’Ottobre, più volte in Russia come corrispondente del Guardian,  simpatizzò senza divenire comunista per la causa della rivoluzione ed ebbe rapporti diretti con Lenin e Trotzkij (di cui poi sposò una delle segretarie). E’ tra l’altro autore del romanzo Swallows and Amazons, sulle avventure di un gruppo di ragazzini in vacanza in riva ad un lago, che in Inghilterra è tuttora tra i libri per gli adolescenti più letti.
“L’Ordine nuovo”, il settimanale torinese di cultura socialista fondato da Antonio Gramsci nel 1919, pubblicò proprio in quell’anno, sotto il titolo Conversazioni con Lenin, uno dei suoi articoli da Mosca. E’ da lì che ho ripreso il breve ritratto di Lenin che segue. (S.L.L.)
A proposito delle notizie menzognere sulla Russia che vengono diffuse da per tutto, Lenin mi disse che era interessante notare come esse siano spesso contraffazioni della verità e non pure invenzioni. Prese come esempio la recente storiella della sua « abiura » del comunismo: «Ne conoscete l'origine? Augurai il "buon anno" per telefono, a uno dei miei amici; gli dissi: Ci sia concesso, quest'anno, di commettere meno bestialità dell'anno scorso! Qualcuno sorprese la conversazione, la riferì e finalmente un giornale annunziò solennemente: "Lenin afferma che i comunisti commettono solo delle bestialità", — e cosi la storiella fu messa in circolazione ».
Lenin m'apparve in quel momento più che mai, come un uomo felice. Durante il ritorno dal Kremlino all'albergo, cercai di ricordare un altro uomo di simile carattere, di un tale temperamento così compenetrato di gioia. Invano. Questo piccolo uomo calvo, dal viso rugoso, che si dondola nella sedia, che ride di una cosa e dell'altra, pronto in ogni momento a dare un parere serio a chi lo interrompe per domandargli consiglio, parere cosi ben ragionato che si manifesta molto più imperativo di un qualsiasi ordine — ogni ruga del suo viso è ruga di gioia, non di pena.
Penso che questo tratto del carattere di Lenin sia da attribuire a ciò: Lenin è il primo grande leader che trascura completamente il valore della sua propria personalità. Egli non è assolutamente mosso da nessuna ambizione personale. Egli crede solo, poiché è marxista, al movimento delle masse, che continuerà con lui o senza di lui. La sua fede è tutta riposta nelle forze elementari che animano il popolo e ha fede in se stesso semplicemente perché è convinto di identificare con esattezza la direzione di queste forze. Egli non crede che alcun uomo possa determinare o arrestare la rivoluzione che giudica inevitabile. Se la Rivoluzione russa fosse per essere schiacciata, ciò avverrebbe transitoriamente, e in virtù di forze che sfuggono al controllo di chiunque.
Perciò Lenin è libero, di una libertà che nessun grande uomo ha mai conosciuto. E la fiducia che le masse hanno in lui non è ispirata dalle sue parole: è inspirata appunto da questa libertà pienamente cosciente, da questo evidente distacco da se stesso. Con la sua concezione della storia, egli non può credere, neppure per un istante, che l’errore di un uomo possa distruggere tutto. Egli si considera come il semplice esponente e non la causa degli avvenimenti che saranno eternamente uniti al suo nome.

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