28.6.12

Raniero Panzieri ("Quaderni Piacentini" n.19-20, ottobre-dicembre 1964)

Partito socialista e partito comunista hanno ritenuto opportuno com­memorare Raniero Panzieri, morto a Torino il 9 ottobre scorso. Potevano tacere, questi «partiti operai», potevano ignorarne la morte come avevano deciso di ignorarne pubblicamente l'attività degli ultimi anni (che invece, in pratica, avevano pervicacemente combattuto senza esclusione di colpi). 
Ma era chiedere troppo. 
Così l'«Unità» (10 ottobre) gli ha dedicato un gesuiti­co trafiletto in cui Panzieri viene trattato col tono che la Chiesa cattolica usa verso certi «spretati» («singolare e tormentata figura del movimento operaio»); e «Mondo Operaio» (n. 10, ottobre), la squallida rivista del Psi che solo sotto la direzione di Panzieri aveva vissuto una stagione feconda, ha suscitato ancor più fastidio esaltandolo e comodamente sorvolando sul radicale dissenso che lo aveva indotto a lasciare per sempre il partito. (Già nel 1958 Panzieri scriveva, proprio sulle colonne di «Mondo Operaio»: «Si vorrebbe far passare come richiamo alla lezione dei fatti, del "nuovo", quello che è, scopertamente, l'invito fatto ai socialisti perché favoriscano l'“operazione regime"! La banale e falsificatrice problematica sull'“auto­nomismo" e sul "frontismo", le divisioni artificiali, tutto insomma l'ar­mamentario vecchio e nuovo messo in campo dal giornalismo borghese è al servizio di questa grande "operazione" che dovrebbe definitivamente concludere quella restaurazione capitalistica, che in questi anni si è aperta il passo attraverso la ripresa egemonica nelle strutture economiche e nei livel­li profondi della società nazionale. Troppo si è già consentito, si è ceduto, nella ricerca delle soluzioni "facili", addirittura nella strumentalizzazione — socialdemocratica e borghese — dei problemi reali del movimento ope­raio. È così rispuntato nel partito il volto della vecchia socialdemocrazia, suscitando attesa e speranza nell'avversario, rinfocolando i suoi inviti, se­minando incertezza e sfiducia nei militanti circa la capacità e il ruolo del partito.») I socialisti di «Mondo Operaio» parlano oggi di Panzieri come di un loro compagno e del Psi come del suo partito!!
Non vogliamo qui ricordare le eccezionali qualità intellettuali e umane di Panzieri. Sono ben note a chi lo ha conosciuto e agli altri ciò suonerebbe retorico (e Panzieri era uomo privo di ogni retorica). Vogliamo solo smen­tire l'opinione generale secondo cui Panzieri sarebbe morto «improvvisa­mente». Non è vero. La sua morte è stata la conseguenza, ha segnato il suc­cesso di quell'operazione di vero e proprio linciaggio morale cui da anni, da quando aveva dato vita ai “Quaderni rossi”, rivista fin dal primo numero di livello europeo, lo sottoponevano i «partiti operai», coi loro burocrati, sin­dacalisti, ecc. In più, nell'inverno scorso veniva licenziato dal suo impiego editoriale. Ma il grave logorìo fisico e le pesanti difficoltà finanziarie non l'hanno indotto a risparmiarsi, a occuparsi di se stesso. Da ciò è stato stroncato, quest'uomo intimamente pessimista e forse disperato che sapeva costringere alla speranza chiunque lo accostasse.

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