24.6.12

Fru fru fru... Da una lettera di Carlo Levi all'editore Giulio Einaudi

“L’Indice” di settembre 2003 pubblicò una lettera, fino ad allora inedita, di Carlo Levi a Giulio Einaudi, quella che accompagnava una molto apprezzata e citata prefazione al Tristam Shandy di Lawrence Sterne. Levi vi svolge alcune osservazioni sulla traduzione di Antonio Meo, giudicata “ottima”, ma non “perfetta” e con “molti passaggi che non mi sembrano rettamente interpretati, o che mostrano un errore di stile, se non di senso, in italiano”. Levi suggerisce di rimandare la pubblicazione e di “riesaminarla accuratissimamente”.
Nel riportarla, “io che l’inglese non so”, ho saltato alcune delle osservazioni relative all’interpretazione di espressioni sterniane, ma non tutte, ché per alcune anche il monolingue  
italiano intende l’acutezza di Levi. Non ho saltato un ambiguo riferimento al grande Palazzeschi. Per informazione del lettore si sappia che il traduttore accolse diversi suggerimenti dello scrittore di Cristo si è fermato a Eboli, tra cui quello relativo a Palazzeschi. La filastrocca senza senso di Sterne nella traduzione, al “trallalera”, al “biribin” e al “patapun” aggiunge uno straordinario “fru fru fru” (S.L.L.) 
Roma, 2 febbraio 1958
Carissimo Giulio,
Ho finito finalmente la prefazione al Tristram Shandy, e te la spedisco a parte. Mi è costato molto lavoro, ma mi pare che sia riuscita bene, e che dica, su un argomento su cui tante cose si sono scritte, qualche cosa di nuovo. Penso che potrebbe interessare anche in Inghilterra, dove Sterne è conosciutissimo, e forse si potrebbe farla tradurre. Ho fatto alcune citazioni in inglese, per maggiore esattezza. Se tu credi che la cosa sia inopportuna per il nostro lettore, si potrebbero eventualmente tradurre in italiano. Tutta la parte finale del mio saggio, che è quella più nuova, potrebbe essere sviluppata con un'infinità di osservazioni particolari: per farlo avrei dovuto farti aspettare il saggio ancora per parecchio tempo: perciò te lo mando così, in questa versione sintetica, che spero darà qualche cosa da pensare al lettore.
Vorrei però darti qui un parere e un consiglio anche se non mi è stato richiesto. La traduzione si può considerare buona, forse anche ottima, e certamente seria e accurata. Tuttavia, secondo me, soprattutto trattandosi di un testo classico dai pregi straordinari di stile e di lingua, essa dovrebbe essere, per quanto possibile, perfetta. Ora, a parte i moltissimi errori di stampa delle bozze, che suppongo siano state corrette poi, ci sono certamente nella traduzione molti passaggi che non mi sembrano rettamente interpretati, o che mostrano un errore di stile, se non di senso, in italiano. Ho trovato di questi difetti in tutti i pochissimi brani (cioè in tutti quelli che intendevo citare, o a cui intendevo riferirmi nel saggio) che ho confrontato sul testo inglese: presumo perciò che tutto il resto del libro ne sia, in ugual misura, costellato. Te ne darò qui, perché tu possa rendertene conto, qualche esempio.
A pagina 400 delle bozze, quando Tristram, per fuggire la morte, decide di scappare, dice "Scapperò in cima al Vesuvio, e di lì a Giaf[f]a, e da Giaffa in capo al mondo''. In capo al mondo non è un errore, e si può dire. Ma Sterne dice "To the world's end" che vuol dire: scapperò fino al Vesuvio, a di lì fino a Giaffa (Joppa?), e da Giaffa fino alla fine del mondo, dove è evidente il doppio significato di spa¬zio e di tempo di quella fine del mondo. Ster¬ne è tutto fatto di queste finezze intellettuali e poetiche. Traducendo "in capo al mondo" la replica di Eugenio "là corre più rischi lei di te" diventa incomprensibile; mentre alla fine del mondo anche la morte finisce. […]
Un altro esempio di altra natura. A pagina 426-27 delle bozze, in un punto in cui Sterne veste il berretto del buffone, e scrive una tiritera (che per mia ignoranza non so se si riferisca a qualche tiritera tradizionale inglese, o sia del tutto casuale), la traduzione porta: tral[l]alerà, trallalera, trallalà (e fin qui va bene) "biribin, biribin, biribin"] (e qui è un po' troppo piemontese)]; patapum patapum patapon (e questo può andare), e in fine "paraponzi ponzi po" e questo non va assolutamente per il suo richiamo evidente ai volgari giornaletti umoristici, al "Becco giallo", o che so io: per il lettore italiano è una assoluta stonatura. D traduttore avrebbe potuto piuttosto utilizzare, con spirito critico, i versi di Palazzeschi (che per aver copiato Sterne è diventato celebre e ha avuto un premio di venti milioni dell'Accademia dei Lincei): Tri tri tri / fru fru fru / uhi uhi uhi / ihu ihu ihu / ecc.
[...]
Tutto sommato la traduzione, in complesso, è ottima, anche se non è quella del Foscolo. Però data l'importanza del libro, credo sarebbe bene, se è ancora possibile, rimandare di qualche settimana la pubblicazione, e riesaminarla accuratissimamente.
Spero che il mio saggio ti piaccia (questa lettera è un altro saggio sul piano della minuzia): e ti abbraccio con grande affetto[...]

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