6.4.12

Quel che dichiaro è l'invito. Una poesia di Antonio Delfini

Quel che dichiaro è l'invito
di uccidere la moglie, con la scure,
del nuovo presidente Le Paure:
sarà l'attentato da me ordito.
La scheda ricalcata dal sistema,
tinta di mille colori,
portata via dai ladri,
sarà l'italico ricordo
di una libertà impietosa
senza fine e senza verità.
Uccideremo il figlio demente
del direttore della Banca del Popolo.
Lo faremo mangiare dalla sbronza
ragazza che violentò il governatore.
È lo squallido panorama dell'annata
— l'immensa area densa di futuro —
coi ministri Saltinbocca e Mozzarella
e il loro degno presidente Tarantella:
senza rimedi, indicati dallo Sburzo,
in presa di posizione erotico-cattolica.
Sbarcati finalmente a Londra
gli scienziati (questi vili macellai).
Avrem Gorella, Goering e Gay
in un curioso processo di Trieste:
verrà infine eletta miss La Peste.
Tutti d'accordo sulla transizione
— Roncoroni, Neri e Camporini —
che l'opera d'arte diventi
assurdo delitto in manicomio
logico encomio nel matrimonio.
Dopo la frana dell'agosto scorso
il vanguard gode, satellite,
dei fanciulli la fiducia.
L'avvocato democratico Centesi
ladro smascherato a Modena,
si schianta nel tentativo
del credito senza aggettivi.
Ma chi è senza soldo e senza pena
vende la moglie per tre soldi
a giorni, a mesi, a segni...
... e cena.
Resta così intatto il grande invito
dell'attentato da me ordito.
[...]
Modena, febbraio 1959

In “Pace e guerra” Settimanale, N.8, 20 gennaio 1983

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