19.3.12

Il fantasma della libertà. Michail Bakunin agli operai svizzeri.

Nella serie di opuscoletti “I grandi discorsi”, pubblicata nel 1995 da “il manifesto” e dalla “manifestolibri” hanno trovato posto Tre conferenze sull’anarchia di Michail Bakunin. Si tratta di alcuni discorsi rivolti nel maggio 1871, fatte agli operai della Valle di Saint-Imier, in Svizzera mentre gli operai parigini, con la Comune, sembravano voler dare l’assalto al cielo. Il brano qui postato esprime con molta forza il nesso – centrale nel pensiero e nell’azione del rivoluzionario russo – tra oppressione economica ed oppressione politica nella società borghese capitalistica. Il volumetto è acquistabile anche on line attraverso il sito del “manifesto”: http://www.ilmanifesto.it/ . (S.L.L.)

Cari compagni,
vi ho detto la volta scorsa che due grandi avvenimenti storici avevano fondato la potenza della borghesia: la rivoluzione religiosa del sedicesimo secolo, conosciuta col nome di Riforma, e la grande Rivoluzione politica del secolo scorso. Ho aggiunto che, quest’ultima, compiuta certamente tramite la potenza del braccio popolare, era stata iniziata e diretta esclusivamente dalla classe media. Devo dimostrare, adesso, che è stata la classe media che ne ha profittato esclusivamente.
Eppure il programma di questa Rivoluzione pareva, dapprima, immenso. Non si è infatti compiuta in nome della Libertà, dell’Uguaglianza e della Fraternità del genere umano, tre parole che sembrano abbracciare tutto quello che l’umanità può solamente volere e realizzare nel presente e nell’avvenire? Com’è avvenuto che una Rivoluzione che si annunciava così ampia sia miseramente sboccata nell’esclusiva, ristretta e privilegiata emancipazione di una sola classe, a danno di milioni di lavoratori che si vedono oggi schiacciati dalla sua prosperità insolente e iniqua?
Ah! Il fatto è che questa Rivoluzione non fu che una rivoluzione politica. Aveva audacemente rovesciato le barriere le tirannie politiche, ma aveva lasciato intatte – le aveva perfino dichiarate sacre e inviolabili – le basi economiche della società, che sono state l’eterna sorgente, il fondamento principale delle iniquità politiche e sociali, delle assurdità religiose passate e presenti. Aveva proclamato la libertà di ognuno e di tutti, o meglio aveva proclamato il diritto di essere libero per ognuno e per tutti, ma non aveva dato realmente i mezzi. per realizzare questa libertà e per goderne che ai proprietari, ai capitalisti, ai ricchi.
«La povertà è la schiavitù!»
Ecco le terribili parole che più volte ci ha ripetuto con la sua simpatica voce, che parte dall’esperienza e dal cuore, il nostro amico Cléments, in questi pochi giorni che ho la fortuna di passare fra voi, cari compagni e amici.
Sì, la povertà è la schiavitù, è la necessità di vendere il proprio lavoro, la propria persona al capitalista che dà i mezzi per non morire di fame. Occorre veramente lo spirito interessato alla menzogna dei signori borghesi per osare parlare della libertà politica delle masse operaie! Bella libertà quella che le assoggetta ai capricci del capitale e le incatena per fame alla volontà del capitalista.
Cari amici! non ho certo bisogno di provare – a voi che avete imparato a conoscere nella lunga e dura esperienza le miserie del lavoro – che fin quando il capitale resterà da una parte e il lavoro dall’altra, il lavoro sarà schiavo del capitale e i lavoratori sudditi dei signori borghesi i quali danno per derisione i diritti politici, le apparenze di libertà, per conservare la realtà esclusivamente per loro stessi.
Il diritto alla libertà, senza i mezzi per realizzarlo, non è che un fantasma.
E noi amiamo troppo la libertà per accontentarci di un fantasma. Ne vogliamo la realtà. Ma cos ’è che costituisce il fondo reale e la condizione positiva della libertà? Esso è dato dallo sviluppo integrale e dal pieno godimento delle facoltà fisiche, intellettuali e morali di ognuno, è dato, per conseguenza dai mezzi materiali necessario all’esistenza umana di ognuno; è dato ancora dall’educazione e dall’istruzione. Un uomo che muore di inazione, schiacciato dalla miseria, che muore ogni giorno di freddo e di fame, e che vedendo soffrire tutti quelli che ama non può venire in loro soccorso, non è un uomo libero, è uno schiavo. Un uomo condannato a restare tutta la vita un essere brutale per mancanza di educazione umana, un uomo privo di istruzione, un ignorante, è necessariamente uno schiavo; e se esercita diritti politici, potete essere certi che in un modo o nell’altro li eserciterà sempre contro se stesso, a vantaggio di sfruttatori e padroni.
La condizione negativa della libertà è questa: nessun uomo deve obbedire a un altro; egli è libero a condizione che tutti i suoi atti siano determinati non dalla volontà di altri uomini, ma dalla sua volontà e dalle proprie convinzioni. Un uomo obbligato dalla fame a vendere il proprio lavoro, e col lavoro, la persona, al prezzo più basso possibile al capitalista che si delega di sfruttarlo: un uomo che per il suo stato di abbrutimento e la sua ignoranza è abbandonato alla mercé dei suoi sfruttatori sapienti, sarà necessariamente, e sempre, uno schiavo.

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