13.2.12

Salgari in America latina (di Francesca Lazzarato)

«È difficile pensare a un altro autore che abbia avuto in Messico, fino a mezzo secolo fa, una diffusione paragonabile a quella di Salgari». Così José Emilio Pacheco, uno tra i più grandi e raffinati poeti e narratori latinoamericani, ha scritto pochi giorni fa nella sua seguitissima rubrica sul settimanale Proceso, dedicata stavolta al centenario della morte di Salgari. Una testimonianza che lo aggiunge a una lunga lista di famosi scrittori sudamericani, tutti «lettori confessi» dell’opera salgariana, come Cortázar, Soriano, Sepúlveda, Neruda, García Márquez, Dal Masetto, Fuentes, Vargas Llosa - che nel suo discorso di accettazione del Nobel ha citato Salgari tra gli autori più amati della sua infanzia - e moltissimi altri, incluso Borges che, nell’estate 1904, ebbe in dono da sua madre Il Corsaro Nero e I pirati della Malesia.
Per non parlare dell’ispano-messicano Paco Taibo II, definito da Pacheco un «marxista-salgarista», che si è cimentato in un pastiche di quasi 400 pagine, El retorno de las Tigres de la Malesia (Ritornano le Tigri della Malesia. Più antimperiali che mai, pag.351, E. 16,90, Tropea), in cui, accanto a Sandokan e Yanez ormai invecchiati, compaiono Kipling e il dottor Moriarty, Louise Michel ed Engels. Un romanzo che forse non piacerà ai salgariani più ortodossi, ma che, oltre a essere un omaggio alla «elementare introduzione all’epica» (la definizione è di Claudio Magris) somministrata da Emilio Salgari a un immenso pubblico giovanile e popolare, conferma ed esplicita la lettura fortemente politica che ha spesso accompagnato la vasta popolarità di quest'autore nei paesi dell’America Latina, sfondo privilegiato del suo ciclo dei Caraibi ma anche di romanzi meno noti, come La capitana dello Yucatan o Il tesoro del Presidente del Paraguay, in cui il racconto delle avventure dei due eroici marinai Diego e Cardozo si intreccia a quello della aggressione al Paraguay e della sua sostanziale distruzione da parte della triplice alleanza tra Brasile, Argentina e Uruguay.
È quasi d’obbligo ricordare, del resto, che il ragazzo Ernesto Guevara divorò a suo tempo 62 degli oltre 80 romanzi di Salgari, ampiamente e spesso malamente tradotti dalla messicana Editorial Piramide o dalla spagnola Saturnino Calleja, che esportava oltremare una produzione alquanto manipolata (testi arbitrariamente divisi in due volumi, clamorose censure là dove si dà una feroce descrizione del colonialismo ispanico, esilaranti note a piè di pagina come quella che spiega, in La sovrana del campo d’oro: «Tortilla: disgustoso pane di mais che mangiano i messicani, da non confondersi con la nostra deliziosa tortilla spagnola»), e soprattutto da editori argentini come Acme, che a partire dal 1941 inserì i romanzi di Salgari nella sua leggendaria collana «Robin Hood», o come il bonaerense Alfredo Angulo che fra il 1933 e il ’35 pubblicò quasi tutta l’opera salgariana con le bellissime copertine di Ángel Bonelli.
La nazione latinoamericana dove lo scrittore veronese conobbe la sua massima popolarità (pari e forse superiore a quella che lo ha accompagnato in Italia) e lasciò un’impronta profonda fu proprio l’Argentina, e indimenticata e indimenticabile resta, in particolare, la rivista Salgari della Editorial Abril (ne raccontano dettagliatamente il percorso Guillermo Saccomanno e Carlos Trillo in Historia de la Historieta Argentina, Editorial Record 1980), fondata a Buenos Aires dai fratelli Civita, ebrei italiani emigrati in Argentina per sfuggire alle leggi razziali. Diretto da Cesare Civita e apparso nel 1947, Salgari era un settimanale a fumetti che esordì con l’adattamento del ciclo dedicato al Far West, cui seguirono le versioni per immagini di buona parte dell’opera salgariana, disegnate in Italia da Albertarelli, Molino, Papparella, Ferrari e altri ancora. Migliaia di ragazzi argentini lessero avidamente quelle pagine che oggi sono prezioso materiale da collezione, ed è molto probabile che tra essi ci fossero futuri grandi nomi del fumetto argentino, come Héctor Germán Oesterheld, creatore di El Eternauta, Mort Cinder, Ticonderoga, Sherlock Time, nelle cui geniali sceneggiature - poi illustrate da Hugo Pratt e Alberto Breccia – si possono rintracciare evidenti tracce salgariane. E proprio come uno degli eroi tristi ma indomabili di Salgari, anche Oesterheld dovette affrontare un destino tragico: sequestrato dai militari nel ’76, è scomparso insieme alle sue quattro figlie per mai più ricomparire.

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