16.12.11

L'illusione

“Come? Lei crede ancora al tifo e agli idoli delle folle? Ma dove vive lei?”
Mi feci forza e arrischiai una domanda: “Ma allora il punteggio è stabilito dall'inizio?”.
Il Presidente mi fece davvero cadere le braccia: “Non esiste punteggio, né formazioni né partite. Gli stadi cadono tutti a pezzi. Oggi le cose succedono solo alla televisione e alla radio. La falsa eccitazione dei telecronisti non le ha mai fatto capire che è tutto un imbroglio? L'ultima partita di calcio è stata giocata in questa città il 24 giugno 1937. Da quel momento il calcio è un genere drammatico interpretato da un solo uomo in una cabina di regia o da attori in maglietta e pantaloncini davanti ad un cameraman”.
“Ma chi ha inventato tutto questo?” - riuscii a domandare.
“Non si sa. Tanto varrebbe chiedersi chi ha inventato l'ombrello o l'acqua calda. Il calcio non esiste al di fuori degli studi televisivi. Si convinca, è il frutto dei tempi moderni! (...)”.
“Presidente, lei mi fa paura - borbottai - Ma allora nel mondo non succede niente?”.
“Ben poco - rispose flemmatico - Quello che non capisco è il suo stupore. Il genere umano se ne sta a casa, in panciolle sul divano, attento a quello che succede sullo schermo. Che vuol farci? È il nuovo che avanza!”.
“E se si rompe l'illusione?” - dissi con un fil di voce.
“Ma no che non si rompe,” - mi tranquillizzò – “Stia sicuro, l'illusione non si rompe...”.

da Jorge Louis Borges, A. B. Casares, Cronache di Bustos Domecq, 1967;
ripreso il 2 giugno 2011 da “il manifesto” nella rubrica di Alberto Piccinini “Vuoti di memoria”.

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