4.12.11

Il grande sonno. Philip Marlowe da Bogart a Mitchum (di Francesco Troiano)

Philip Marlowe è, per usare una frase piuttosto trita, un uomo d'onore per istinto, perché non può farne a meno. E' relativamente povero, se no non farebbe l'investigatore... E' un uomo comune, altrimenti non potrebbe mischiarsi alla gente comune... E' solitario, ed è suo orgoglio farsi strada da orgoglioso... Suppongo che Philip Marlowe sia realmente una specie di me stesso segreto... Siamo tutti e due soli, sentimentali, cinici, tutti e due incorruttibili».
Sono parole di Raymond Chandler, che descrivono il private eye più celebre nella storia della letteratura: quel Philip Marlowe che, dopo aver esordito ne Il grande sonno (1939), tornerà in altri sei romanzi, un racconto (The Pencil, uscito postumo nel 1960) ed un romanzo rimasto incompiuto, Poodle Springs Story. In genere elegante, affezionato all'alcol ed alle sigarette, poco sensibile al fascino dei soldi, interessato al gentil sesso quanto qualunque scapolo, Marlowe si muove nell'America degli Anni 30, popolata da finanzieri d'assalto, ricchi privi di scrupoli, dark ladies, sbirri venduti. L'atteggiamento che egli ha nei confronti di detti personaggi è di malcelato fastidio («Marlowe ed io - annotava Chandler - non disprezziamo le classi superiori perché fanno il bagno e possiedono denaro; le disprezziamo perché sono fasulle»), il suo sofferto cinismo lo rende certo che le proprie indagini - per quanto accurate, svolte con la massima professionalità - non muteranno d'un ette la natura dell'ambiente circostante e degli esseri umani. Perfetta incarnazione del genere noir, in via di affermazione all'inizio degli Anni 40, egli approda sullo schermo per la prima volta in The Falcon Takes Over (1942, inedito in Italia) di Irving Reis: pur se il protagonista, interpretato da George Sanders, non porta il nome di Marlowe. Tre anni dopo, ne L'ombra del passato (tratto, come il precedente, da Addio mia amata), Edward Dmytryk trasforma da un giorno all'altro un song and dance man come Dick Powell in un forte attore drammatico. Ma è solamente nel 1946, con la trasposizione cinematografica de Il grande sonno firmata da Howard Hawks, che Marlowe trova in Humphrey Bogart l'attore ideale. Mescolando la grinta propria del Sam Spade de Il mistero del falco ed il romanticismo già del Rick di Casablanca, con l'aggiunta d'un tocco di amara ironia, Bogey dà vita ad una figura indimenticabile, che genererà legioni di imitatori ed avrà innumerevoli discendenti (su tutti, il superlativo Jack Nicholson-J.J.Gittes di Chinatown). A paragone, ben poca cosa risultano le prove fornite da Robert Montgomery nel film da lui stesso diretto, Una donna nel lago (1947); da George Montgomery ne La moneta insanguinata (1947) di John Brahm; da James Garner ne L'investigatore Marlowe (1969) di Paul Bogart. Superba, invece, la rilettura del personaggio proposta da Elliott Gould ne Il lungo addio (1973) di Robert Altman: collocato nella contemporaneità, Marlowe è un loser sornione e compiaciuto, con poche illusioni ma un senso dell'onore inossidabile, che lo porta - di fronte al tradimento subito da un amico - a impugnare la pistola che ha sempre adoprato con riluttanza. Nel 1975, tocca a Robert Mitchum indossare i panni del detective chandleriano, dapprima in Marlowe, il poliziotto privato (1975, terza versione di Addio mia amata) di Dick Richards, poi in Marlowe indaga (1978, remake de Il grande sonno) di Michael Winner. Piu' anziano rispetto alla tradizione, che lo presenta quarantacinquenne, Mitchum gioca abilmente sullo scarto d'età: facendo coincidere il disincanto di Marlowe con quello suo, rappresentante d'un cinema in via d'estinzione, egli raffigura nella propria decadenza fisica tutta la stanchezza, la malinconia di chi si sente un sopravvissuto. A questa immagine definitiva, non aggiunge granché il James Caan di Marlowe - Omicidio a Poodle Springs (1998), diretto da Bob Rafelson. Marlowe appartiene ad un tempo lontano, e ci piace ricordarlo come egli stesso si descrive nella sua ultima avventura, dopo aver impalmato la milionaria Linda Loring, conosciuta tempo addietro: «Sono un uomo povero sposato ad una donna ricca. Non so bene come comportarmi. Di una cosa sono sicuro: per modesto che sia il mio ufficio, è lì che sono diventato quello che sono ed è lì che diventerò quel che sarò». 

Da "Tuttolibri - La Stampa" - 19 agosto 2006

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