13.11.11

Resistenze (di Saverio Ferrari)


Londra, 12 ottobre 1936. La battaglia di Cable Street.
La polizia carica gli antifascisti armati di bastoni
 che tentano di fermare una marcia nazista a Londra Est.
Da “il manifesto” del 7 maggio 2011 riprendo questa recensione. Saverio Ferrari riconnette le vicende dei gruppi che in Italia e in Germania tentarono di resistere ai nazifascisti anche sul terreno dello scontro fisico alle formazioni che, a partire dagli anni Ottanta, soprattutto in Inghilterra, Germania e Francia tentano di contrastare, anche militarmente, la violenza razzista dei neonazi. Sono fenomeni da discutere, che è molto utile conoscere. (S.L.L.)
2010 - Una manifestazione antifascista in una periferia londinese
A partire dalla seconda metà degli anni Ottanta del Novecento, in Inghilterra, a fronte del crescente proselitismo dei gruppi neofascisti nei quartieri delle aree metropolitane più depresse, prese corpo l'Antifascist Action (Afa) un network dislocato in una ventina di città. Ad animarlo giovani di sinistra, anarchici e comunisti, per la gran parte fuoriusciti dal Socialist workers party e dall'Anti nazi league. Questa esperienza si caratterizzò per la costituzione di squadre di autodifesa che iniziarono a pattugliare i quartieri con alte percentuali di minoranze etniche, scontrandosi non di rado anche fisicamente con i fascisti. In gran parte composte da bianchi, si mossero sulla base dell'idea che l'azione non dovesse essere indirizzata tanto a solidarizzare con le vittime, quanto a intercettare i gruppi razzisti. I militanti dell'Afa non disdegnarono in questo contesto di darsi un look decisamente paramilitare con tanto di bomber, anfibi e mimetiche, lanciando una sfida aperta al nemico sul suo stesso terreno. Un fenomeno che non rimase isolato in Europa. Nei primissimi anni Novanta, anche nella Germania segnata da ripetuti episodi di violenza contro gli immigrati (fu di risonanza internazionale l'incendio nel 1992 a Rostock del centro di accoglienza), si manifestarono analoghe forme di resistenza giovanile. Qui si rispolverarono sigle e simbologie di organizzazioni che tentarono al tempo della Repubblica di Weimar di contrastare le squadre naziste, come l'Antifaschistische Aktion, recuperandone anche il grido di battaglia: «Colpite i fascisti ovunque li incontriate!». Così in Francia, a metà degli anni Ottanta, quando a Parigi si combattè una guerra sotterranea tra gruppi neonazisti e giovani provenienti dalle fila della sinistra extraparlamentare, autorganizzatisi in bande sotto la sigla Chasseurs (Cacciatori). Gang, come i Red Warriors, spesso elitarie in cui si entrava per coraggio fisico e conoscenza delle arti marziali, che rivendicavano il ricorso all'autodifesa attiva. Anche in questo caso i tratti estetici tendevano a rassomigliare a quelli del nemico da combattere, dal cranio parzialmente rasato alle toppe con falci incrociate non al tradizionale martello ma alla ben più evocativa mazza da baseball.
A cavallo degli anni Duemila, proprio alcuni elementi degli ormai discioltisi Red Warriors tornarono a utilizzare un vecchio simbolo, un tondo con all'interno tre frecce inclinate con la punta orientata verso il basso, che contrassegnò l'Eiserne Front (Fronte di Ferro), costituitosi in Germania alla fine del 1931 per contrastare i nazisti con l'adesione del Reichsbanner (l'organizzazione di autodifesa socialdemocratica) e dei principali sindacati tedeschi. Questo stesso segno divenne poi anche il logo del network mondiale della Rash (Red § Anarchist Skinheads).

Alla ricostruzione storica delle esperienze degli anni Venti e Trenta, nate per fronteggiare le aggressioni naziste in Germania, come i movimenti fascisti in diversi altri paesi europei, è dedicato Bastardi senza storia. Dagli Arditi del popolo ai Combattenti rossi di prima linea: la storia rimossa dell'antifascismo europeo (Castelvecchi, pp. 184, euro 16) di Valerio Gentili, già autore di due approfondite ricerche sugli Arditi del popolo (La legione romana nel 2009 per la Purple Press e Roma combattente nel 2010, sempre per la Castelvecchi). Particolare attenzione è qui dedicata alle vicende tedesche, inquadrate nella militarizzazione della lotta politica, un fenomeno che assunse dimensioni di massa (sconvolgente il numero dei morti e dei feriti negli scontri di piazza), che investì quel paese dalla fine della prima guerra mondiale. Smentendo un luogo comune circa l'inesistenza di iniziative di opposizione fisica alle truppe d'assalto naziste, vengono in queste pagine riportate alla luce le gesta della Reichsbanner (Lega dei veterani di guerra repubblicani), formatasi nel 1924 a Magdeburgo per garantire ai difensori della repubblica l'agibilità politica per le strade e nei luoghi della vita politica. Con al proprio interno le Schufos (Formazioni di difesa), veri e propri reparti scelti dotati di divise, la Reichsbanner inquadrò ben due milioni di aderenti. Quasi contemporaneamente presero corpo altre formazioni di matrice comunista come la Rfkb («Lega dei combattenti rossi di prima linea»), con decine di migliaia di militanti, i Rote Kampfer («Combattenti rossi») legati alla Kapd (l'altro partito comunista allora esistente), la Rote Ruhrarmee («Armata rossa della Ruhr»). Dopo il 1929, a seguito della messa al bando della Rfkb, anche la Kampfbund gegen der faschismus («Lega di combattimento contro il fascismo») e l'Antifaschistische Aktion («Azione antifascista»).
Nelle diverse campagne elettorali del 1932 la Germania assistette a picchi di violenze inauditi. La sinistra riuscì comunque a riconquistare piazze e strade. Ma proprio in quella estate, quando il neo cancelliere Franz von Papen, prendendo a pretesto gli scontri nel bastione rosso di Altona dove si contarono 18 morti nel conflitto tra nazisti, polizia e antifascisti, destituì il governo socialdemocratico di Prussia, la mancata resistenza dei vertici della Spd aprì le porte alla convinzione che la repubblica potesse essere abbattuta. Le divisioni della sinistra e l'inazione condannarono all'impotenza le milizie popolari. Forse la storia non sarebbe cambiata, ma il nazismo trovò comunque da allora la strada spianata.
Da queste esperienze, ignorate dalla storiografia ufficiale, il recupero odierno da parte dei giovani antifascisti europei di sigle e simboli, uno per tutti, quello dell'Antifaschistische Aktion, con le bandiere sovrapposte.
Vecchie e nuove Antifa. Una storia da conoscere in tempi tornati difficili.

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