10.10.11

La distruzione della memoria (di Edoarda Masi)

Il Centro Studi Franco Fortini, che ha il suo archivio e la sua sede nell’Università di Siena e un carattere interi universitario, ha ereditato le carte di Franco Fortini e al maestro intende ispirarsi nella sua varia attività di ricerca critica. Oltre alla bellissima rivista on line "L'ospite ingrato" produce, fin dal 1998, una rivista cartacea a carattere monografico edita da Quodlibet. Sono usciti ad oggi 14 volumi, alla media di uno all’anno. In diversi sono presenti contributi di Edoarda Masi, che di Fortini fu sodale in molte battaglie di cultura e di politica e amica stimatissima per il rigore negli studi, l’intelligenza critica, l’intransigenza sui principi.
Edoarda, che è stata nel mondo tra gli studiosi più importanti della Rivoluzione cinese e del pensiero di Mao, è morta a fine luglio. Ho deciso di postare qui una paginetta che apre il II dei fascicoli de, del 1999, dal titolo Memoria, non solo per ricordare questa compagna straordinaria, ma anche perché contiene un’analisi lucidissima e - implicitamente - un programma di lavoro, di resistenza e di lotta.
Vale la pena di ricordare che, dopo l’89, pochissimi intellettuali italiani hanno mostrato come Edoarda Masi la consapevolezza piena e profondo di una sconfitta non congiunturale delle classi subalterne a livello planetario e della necessità di una rigenerazione dalle radici del principio classista. Certamente Franco Fortini. Non a  caso. (S.L.L.)   

P.S. Ho ripreso dal sito de "L'ospite ingrato" anche la rara e bella foto di Edoarda.
Edoarda Masi
In ogni tempo e in ogni parte della terra la storia dei subalterni e degli sconfitti (classi e popoli) viene sistematicamente cancellata o deformata dai portavoce dei vincitori. Così che la memoria collettiva (la storia trasmessa) risulta mistificata, e non soltanto oscura e incerta per la difficoltà di risalire alle fonti che rispecchino “la realtà”. Nei termini di una ricerca neutrale, la “realtà” sembra inconoscibile. A partire dal romanticismo il problema ha tormentato le menti che ricercavano un’immagine del passato (e del futuro) compatibile con la coscienza di tutti i viventi. (Così Manzoni, Bloch, Benjamin, Fortini; e molti altri. Quella ricerca è stata pure una delle passioni collettive degli anni sessanta e settanta).
La più clamorosa alterazione alle radici della memoria collettiva nell’epoca moderna inflitta ai colonizzati, attraverso l’eliminazione fisica e la distruzione della coscienza e dell’identità, ripete e amplifica quanto era norma già nel passato più lontano e si ripete fino ai nostri giorni. Un filo corre dai canti degli Aztechi massacrati all’invettiva di Calibano contro Prospero al coro dell’Adelchi. Il discorso si estende ai subalterni deprivati di propria coscienza (individuale e di classe).
Resta la via della memoria di parte. Non grazie alla ricerca accademica alternativa, ma attraverso la modificazione stessa del presente in vista di un futuro diverso, e perciò di una diversa interpretazione del passato. È la via percorsa negli ultimi due secoli a partire dalla rivoluzione francese, quando le classi subalterne e i popoli oppressi hanno scritto una propria storia, risultato della prassi che le rendeva protagoniste.
Si era così venuto a formare un patrimonio di memoria. Di per sé privo di valore, come ogni altro patrimonio. Ma significativo a disegnare un’identità fino a quando è durato il movimento consapevole verso e per un proprio futuro.
Dalla memoria politica delle vecchie generazioni – anarchismo, I Internazionale, Comune di Parigi, II Internazionale, rivoluzione russa, III e IV Internazionale, guerra civile spagnola, resistenza italiana ed europea al fascismo e al nazismo, resistenza antigiapponese in Asia – si arrivava alle rivoluzioni cinese e cubana; fino alla resistenza vietnamita.
In concorso con la sconfitta dei movimenti e della stessa idea di liberazione delle classi subalterne, è oggi in atto la demolizione di questo cumulo di memoria, tornato patrimonio inerte. L’avversario può distruggerlo, o meglio, fruire della disgregazione di classi non più tali, nuovamente prive di storia perché prive di autocoscienza.

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