24.9.11

Operazione Apogeo. Le mani della camorra su Perugia (di Libera Umbria)

I trecento appartamenti sequestrati a Ponte San Giovanni
Riprendo dal sito di "LiberaInformazione" ( http://www.liberainformazione.org/ ), ov'è stato pubblicato il 23 settembre 2011, con il titolo Mafie in Umbria, Libera: serve fare presto e bene l'intervento del Coordinamento regionale di Libera Umbria sui sequestri di beni acquisiti dalla camorra avvenuto una decina di giorni fa nel perugino nel quadro di una indagine nazionale denominata Apogeo. L'associazione presieduta dal prete Luigi Ciotti e coordinata in Umbria da Walter Cardinali prepara una grande assemblea poolare a Ponte San Giovanni, la popolosa frazione del capoluogo dell'Umbria, ove sono stati sequestrati circa 300 appartamenti, un albergo, aziende agricole. (S.L.L.)
Walter Cardinali
Noi di “Libera Umbria” non dovremmo meravigliarci dei risultati dell’Indagine Apogeo: ne sottolineavamo l’importanza – con dati di provenienza ufficiale - nel dossier presentato alla Commissione regionale antimafia insieme ad altre associazioni, al fine di diffondere la consapevolezza e l’allarme nell’intera società regionale. E tuttavia le dimensioni dei sequestri di Ponte San Giovanni a Perugia, a danno di una società di comodo collegata al clan camorristico dei Casalesi, hanno determinato anche in noi sconcerto e sorpresa: esse rivelano una penetrazione della criminalità organizzata nel tessuto economico regionale più ampia e ramificata di quanto pensassimo ed evidenziano come non sia più lecito ricondurre la vicenda al semplice riciclaggio e si debba invece pensare a progetti di stabile insediamento.
Il primo sentimento che vogliamo esprimere è quello di gratitudine verso la magistratura e le forze dell’ordine che, con un alto grado di coordinamento a livello nazionale e con un impegno diuturno, hanno spezzato con l’inchiesta e il sequestro i tentacoli della piovra. Ma il compito di una associazione come la nostra, in casi come questo, non può essere limitarsi al sostegno alla magistratura. La nostra idea è che le mafie si fermano e si abbattono se c’è una diffusa consapevolezza e corresponsabilità, un “noi” che rafforza la legalità e il senso della comunità: per questo da anni in Umbria facciamo al nostro meglio opera di informazione, di sollecitazione alle istituzioni democratiche locali, di educazione, di valorizzazione delle positive memorie di chi le mafie ha combattuto. Sentiamo che oggi anche a noi s’impone un salto di qualità nella riflessione per capire meglio quali leggi e provvedimenti chiedere allo Stato centrale, quali misure ed interventi sollecitare da parte di Regioni, Province, Comuni, quale impegno stimolare nelle organizzazioni sindacali e imprenditoriali, nell’associazionismo e nel volontariato, nei singoli cittadini per combattere le mafie.
La riflessione ha due livelli.
Il primo – più generale – riguarda la penetrazione economica delle mafie nelle città dell’Umbria che va certamente al di là delle operazioni già rivelate dalla magistratura e che probabilmente continua. Essa ha certamente collegamenti con l’accertata presenza nel perugino di uno snodo importante del narcotraffico. Una delle conseguenze di questo fatto sono le grandi dimensioni dello spaccio, generalmente affidato alla criminalità extracomunitaria, che attira consumatori da altre zone e le cifre da record delle morti per overdose. Un’altra conseguenza è appunto l’ottima conoscenza del territorio e delle sue opportunità anche di riciclaggio e di reinvestimento da parte delle mafie. Noi vorremmo poter confrontare con istituzioni ed esperti la nostra ipotesi di lavoro che la politica di contrasto concentrata sul tema della sicurezza e dello spaccio sia insufficiente – come del resto mostrano i risultati – e che per contrastare davvero la droga (e anche lo spaccio) sia indispensabile un più forte impegno sul grande traffico e sul ruolo delle grandi organizzazioni criminali.
Una seconda considerazione di carattere generale riguarda la debolezza del tessuto economico e imprenditoriale umbro, che rende la Regione più facile terra di conquista da parte delle mafie, che non sembrano soffrire crisi di liquidità. In particolare – nel tempo di una crisi economica generale e globale - si rivela fragile uno sviluppo concentrato sul ciclo del cemento e dell’edilizia. La verticale crisi del mercato e dei prezzi delle abitazioni offre alle infiltrazioni della criminalità organizzata ottime opportunità. Riteniamo che sia molto da ripensare lo sviluppo economico e urbanistico della Regione, ma che intanto, da parte delle pubbliche istituzioni, delle banche e degli istituti finanziari, servano iniziative di sostegno alle imprese in difficoltà finanziarie anche per evitare che si associno con il “diavolo” o che gli vendano imprese, aziende o immobili.
Il secondo livello di riflessione riguarda la specifica vicenda di Ponte San Giovanni. “Libera” non ha ricette salvifiche; pensiamo però che anche in questo caso la via maestra sia il coinvolgimento più ampio possibile delle istituzioni e dei cittadini singoli o associati. Intendiamo chiamare a raccolta la popolazione in una grande assemblea entro il mese di ottobre, per offrire in primo luogo ai cittadini di Ponte San Giovanni il massimo di informazione su quanto è accaduto attraverso la presenza di magistrati e di “Libera Informazione” e la testimonianza degli Enti Locali antimafia associati in “Avviso Pubblico” su quello che si può fare per fermare e impedire infiltrazioni. Vorremmo costruire l’assemblea in modo che sia possibile ai cittadini di esprimere i propri dubbi, le proprie preoccupazione e formulare le loro proposte. Inviteremo perciò le associazioni e inviteremo le istituzioni, a partire dalla Regione con sua Commissione antimafia, dal Comune e dalla Provincia, perché rispondano alle sollecitazioni esplicitando le proprie volontà d’intervento. Inviteremo le associazioni sindacali, imprenditoriali e le banche. Ognuno deve dire la sua, ognuno deve non solo fare le sue proposte ma mettere in comune il proprio impegno. Pensiamo che un tema urgente di riflessione sia il “che fare” delle costruzioni sottoposte al sequestro, un vero e proprio quartiere, che senza interventi sarebbe destinato al degrado e contribuirebbe al degrado di tutta l’area di Ponte san Giovanni.

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